Dentro al caos della Babele odierna, in cui regna sovrana l’incomprensione reciproca su tanti fronti del vivere quotidiano, si inquadra anche in modo nitido il momento attuale della comunicazione, orale e scritta e in rete.

La qualità del lavoro di tutti gli operatori della comunicazione è messa a dura prova, ma l’efficacia della parola scritta o pronunciata sta nel generare comunione. Su queste colonne già scrivemmo che comunicare è vivere.

Ce ne accorgiamo in questi tempi in cui siamo chiamati, e coinvolgiamo anche voi, ad andare indietro nella storia, quella del nostro giornale, tanto indietro ancor quando noi eravamo solo nella mente di Dio.

I cento anni del nostro giornale che celebriamo quest’anno, tra le altre cose, metteranno in rilievo ciò che forse ai tempi non era così palese, ma che comunque soggiaceva ad ogni numero che usciva in edicola; come e cosa comunicare a partire dai fatti, dal ruolo che il giornale ricopriva e dalle esigenze manifeste dei lettori o comunque della società dell’epoca.

Dalla settimana scorsa abbiamo fatto passi da gigante nella ricerca di ciò su cui è impressa la storia del nostro territorio e non solo. A pagina 29 di oggi pubblichiamo la prima pagina del primo numero de Il Risveglio Popolare.

Era l’8 gennaio 1920. Cento anni fa. Un centenario che festeggeremo – con la collaborazione di molti – chiamati o accolti – non per parlarci addosso e neppure per autocelebrazione, ma per capire i cambiamenti, cos’era ieri e come siamo approdati all’oggi, se e come la nostra società è figlia di quel tempo, grazie alle parole impresse sulla carta da 100 anni a questa parte.

Si dice che la storia non insegna nulla. Meglio dire che nulla abbiamo voglia di imparare, dalla storia.

Faremo in modo che i 100 anni non vadano sprecati, per il nostro bene d’oggi.