Tenuta Roletto
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giovedì 6 Novembre 2025

Reale mutua
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Ha concelebrato il Vescovo di Ivrea, Mons. Daniele Salera, con il parroco Don Valerio D'Amico

VEROLENGO MADONNINA - Per la novena in preparazione della Festa del Santuario ospite il Card. Roberto Repole, Arcivescovo di Torino - Molto seguita l'illuminante omelia (integrale in video) che ha offerto una lezione semplice e persuasiva su cosa voglia dire essere veri discepoli di Gesù  - IL VIDEO E LA GALLERY

Ancora molti appuntamenti che si possono leggere qui

Novena in preparazione della Festa della Madonnina, il Santuario mariano che è punto di riferimento spirituale non soltanto per Verolengo, ove sorge, ma anche per una comunità assai più vasta, che si estende dal Canavese, al...

Incontro di formazione proposto dall'Ufficio Catechistico Diocesano

IVREA - Grande partecipazione all'incontro dei Catechisti diocesani per la formazione con Don Andrea Cavallini - Molto importante il tema trattato: "Il senso religioso del bambino - INTEGRALE IN VIDEO - La lezione di Don Cavallini, poi l'omelia di Mons. Daniele Salera e il conferimento del mandato ai Catechisti -

Come proporre la Fede ai bambini ed ai ragazzi in una società secolarizzata?

Un bellissimo clima di attesa e sorrisi di persone che si rivedevano tutte insieme dopo un bel po’ di tempo: ecco come abbiamo vissuto l’incontro dei Catechisti a Ivrea per un momento di formazione e per ricevere il Mandato da...

Iniziativa a cura dell'Associazione che porta il nome dell'illustre scomparso

VALPERGA - Un monumento in memoria del Maresciallo dei Carabinieri Enzo D'Alessandro ricorderà sempre il valore, la testimonianza, l'esempio, di un uomo dalle grandi doti umane e professionali - IL VIDEO E LA GALLERY

Presente il Comandante provinciale dei Carabinieri di Torino, Gen. di Brig. Roberto De Cinti 

(giancarlo guidetti) – Enzo D’ Alessandro, maresciallo dei Carabinieri nato in Abruzzo nel 1951, all’ età di 17 anni entra nell’ Arma e nel 2004 viene improvvisamente a mancare. Figura dal grande carisma...

Parrocchie di San Giacomo e San Michele - Gli Animatori propongono il gioco di Jurassi Park

RIVAROLO CANAVESE - Una bella festa per l'inizio dell'Anno oratoriano - Bambini appartenenti alle 18 classi di catechismo, accolti da Animatori e Catechisti in un clima di entusiasmo e allegria - S.Messa presieduta dal Vice Parroco Don Antonio Luca Parisi - LA GALLERY - 

L’anno si è appena iniziato, ma le premesse sono già cariche di entusiasmo, fede e condivisione.

(anita zuffi) – Sabato 11 ottobre si è svolta presso i locali dell’Oratorio di San Michele,...

Sabato 4 ottobre, lungo un itinerario che ha svelato la bellezza di un territorio amico

AGLIE', CUCEGLIO, OZEGNA, SAN GIORGIO - In cammino sinodale tra i 4 Santuari mariani - Splendida giornata di grande significato per l'inizio dell'Anno pastorale - Nel giorno di San Francesco, celebrata l'umiltà - Momenti di vita in comune nella gioia e nell'affidamento a Maria - Integrale nel VIDEO l'omelia di Don Luca Meinardi - Gallery di 120 immgini - 

Madonna delle Grazie, Beata Vergine Addolorata, Madonna del Bosco e Misobolo

(fabrizio conto) –  Tutti uniti nel cammino sinodale, pellegrini di speranza con Maria. Nell’anno del Giubileo ed a poca distanza dal l’assemblea diocesana, le comunità parrocchiali di Cuceglio, Ozegna, San...

Santa Messa presieduta da Padre Alessandro Codeluppi C.O.

FELETTO - Marcia e prega 2025 - Una comunità in Cammino giubilare al Santuario di Belmonte -  I piloni dei 15 misteri del Rosario, posizionati ad intervalli regolari sul lato a monte del tracciato, hanno scandito la camminata e le preghiere dei fedeli in un’affascinante connessione tra natura e spiritualità - GALLERY E FILMATI

Sulla via del ritorno, un piccolo gruppo ha condiviso il cibo preparato a casa sulle panchine di pietra del Campass -

(gabriella franzino – edy guglielmetti) – Passo dopo passo sabato 11 ottobre, i...

Dal 24 al 26 ottobre, con il contestuale Giubileo delle Equipe Sinodali e degli Organismi di Partecipazione

ROMA - I lavori della Terza Assemblea Sinodale - Cronaca meditata dei giorni di impegno, preghiera, incontri e...votazioni - Integrali: il Documento di sintesi "Lievito di pace e speranza" ed il dettaglio di tutte le 129 espressioni di voto - 

La delegazione della Diocesi di Ivrea, guidata dal Vescovo Mons. Daniele Salera e composta dal Can. Don Luca Meinardi e dalle Prof. Elisabetta Acide e Valentina Gili Borghet

(elisabetta acide) – E’ in corso di svolgimento (domani la S.Messa in San Pietro presieduta da...

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ROMA – San John Henry Newman, Dottore della Chiesa – Il commento di Mons. Edoardo Aldo Cerrato

(elisabetta acide) – Forse la definizione “mistico nella  storia contemporanea”  rende bene l’ idea per “raccontare” “San John Henry Newman”, proclamato “Dottore della Chiesa” da Papa Leone XIV  il giorno 1 novembre, solennità di “tutti i Santi”
(qui la cronaca della giornata di ieri, da Vatican News, con, integrale, l’omelia del Santo Padre).
Il Santo, proclamato proprio in occasione del “Giubileo del mondo educativo”, ha saputo essere “profeta” in un contesto di difficoltà di pensiero, con mente lucida e “illuminata”.
Significativa dunque, la scelta del Pontefice: “Dottore della Chiesa”, in virtù della sua “vita santa e illuminata”, da quella “intelligenza” che ha saputo rendere “chiara” e “presente” la “dottrina”.
Abbiamo chiesto a Mons. Edoardo Aldo Cerrato, Vescovo Emerito di Ivrea, già Procuratore Generale della Confederazione Oratoriana dal 1994 al 2012, anno della nomina episcopale a Ivrea, di ricordare alcuni passaggi della vita e del pensiero del Cardinale fondatore della Congregazione  di San Filippo Neri in Gran Bretagna.
Un particolare ringraziamento a mons. Edoardo per i suoi insegnamenti, le chiare e precise parole che sanno farci apprezzare l’ eredità del santo e dottore della Chiesa, co-Patrono della missione educativa delle Chiesa, che ogni educatore dovrebbe conoscere e il cui pensiero dovrebbe essere approfondito.

Ma ecco l’intervista a Mons. Cerrato.
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Eccellenza, Lei appartiene alla Famiglia Oratoriana di cui fu parte san John Henry Newman (1801-1890), che il 1° novembre Papa Leone XIV ha solennemente proclamato “dottore della Chiesa Universale”, e Co-patrono dell’educazione cattolica. Ci può dire qualcosa di lui?
“Sono molti che in questi giorni me lo hanno chiesto, ma per il sito on line del settimanale della Diocesi di cui sono emerito lo faccio ancor più volentieri.
“Dottore della Chiesa” (sono 38 con Newman ad essere stati riconosciuti tali, scelti in varie epoche di venti Secoli è un titolo con cui la Chiesa riconosce l’autorevolezza di un uomo, di una donna insigni per santità e per eminente dottrina testimoniata nei loro scritti.
Di questo grande figlio di san Filippo Neri si può dire in estrema sintesi: fu un uomo, uno studioso, un sacerdote, un cardinale che ha cercato instancabilmente la verità, tra “ombre e apparenze”, per mezzo della ragione e del cuore, e, dopo averla incontrata, la testimoniò, con coraggio, a qualunque prezzo, nelle sue opere e con la sua vita”.
***
Newman non nacque cattolico…
“Nell’Apologia pro vita sua scrisse che la sua conversione dalla Comunione Anglicana alla Chiesa Cattolica fu “come entrare in porto dopo essere stato nel mare in burrasca”; un viaggio guidato da un faro – la divina Provvidenza – che lo condusse, a 44 anni, ad entrare in quel porto.
Merita delineare, sia pure il breve, i passi principali.
Diventato fellow nell’Oriel College di Oxford a 21 anni, a contatto con membri di quella prestigiosa comunità accademica gradualmente abbandonò la maniera calvinista di pensare, assimilata dalle sue letture al tempo della “prima conversione” (1816).
Nello studio serio dei Padri della Chiesa comprese l’importanza della successione apostolica, la valenza della Tradizione, il principio dogmatico.
Scrisse: “Alla Chiesa anglicana, così divisa e minacciata, così inconsapevole della sua vera forza, io paragonavo quella potenza fresca e vigorosa che avevo riscontrato nella Chiesa dei primi secoli. Nel suo zelo trionfante per quel mistero fontale riconoscevo l’andatura della mia madre spirituale.
Sentivo affetto per la mia Chiesa, ma non tenerezza… Quanto ad abbandonarla, l’idea non mi passò mai per la mente; ero però consapevole che esisteva la Chiesa cattolica e apostolica, fondata fin dall’inizio”.
Il 1833 fu l’anno del viaggio nel Mediterraneo, durante il quale Newman compose “Lead, Kindly Light”: “Guidami Tu, Luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii Tu a condurmi! La notte è oscura e sono lontano da casa, sii Tu a condurmi! Sostieni i miei piedi vacillanti!”.
Tornò in Inghilterra con un forte presentimento: “Ho un lavoro da compiere in Inghilterra”. Nasceva il “Movimento di Oxford”, con il precipuo obiettivo di indicare alla Chiesa anglicana la salvezza dal liberalismo antidogmatico.
Nel 1839 inizio uno studio sistematico sui monofisiti. “Qui, nel mezzo del V secolo – scrive – trovai rispecchiata la cristianità dei secoli XVI e XIX”.
Già lo aveva scoperto nella storia degli ariani: “Vidi chiaramente che i puri ariani erano i protestanti, i semi-ariani erano gli anglicani, e che Roma era adesso ciò che era allora”. “Man mano che progredivo, le mie difficoltà scomparivano. Risolvetti di chiedere di essere ammesso nella Chiesa cattolica”.
Il 9 ottobre 1845 fu accolto in quella Chiesa che aveva riconosciuto come “l’unico ovile di Cristo”.
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Come visse Newman la sua appartenenza all’Oratorio filippino?
“Il compito del nostro Istituto è di parlare al cuore” diceva uno dei primi e più cari discepoli di S. Filippo Neri, il card. Tarugi.
E il motto “Cor ad cor loquitur”, scelto da Newman per il suo stemma cardinalizio, è tratto dagli scritti di san Francesco di Sales, amico degli Oratoriani della prima generazione e fondatore egli stesso dell’Oratorio di Thonon nel Ducato Sabaudo.
Una chiamata all’incontro personale con Dio in Cristo; un incontro che sfocia nel rapporto personale con gli uomini… I testi di Newman sull’Oratorio mostrano chiaramente quanto la vocazione oratoriana abbia segnato la sua vita e la sua opera, e quanto profonda sia stata la sua appartenenza all’Oratorio di Padre Filippo. «Amo un vecchio dal dolce aspetto, – scrisse Newman in riferimento a san Filippo – lo ravviso nel suo pronto sorriso, nell’occhio acuto e profondo, nella parola che infiamma uscendo dal suo labbro quando non è rapito in estasi…». Filippo Neri è colto da Newman nella sua originalità di “vir prisci temporis”, uomo del tempo antico, nel quale rivive la “forma primitiva del cristianesimo”, caratterizzata dalla semplicità e dalla spontaneità, espressioni privilegiate della carità cristiana: «Dodici preti – dirà Newman ancora nel 1878, alla vigilia del cardinalato – che lavorano insieme: ecco ciò che desidero. Un Oratorio è una famiglia e una casa; ciò che mantiene l’armonia comune è la delicatezza e la reciproca sollecitudine, la deferenza e la gentilezza, il mutuo apprezzamento, la conoscenza del modo di essere degli altri…». Nell’Oratorio egli apprezzava il fatto che – lo scrive in una lettera – «non si cerca di creare uomini identici tra loro» e che «lo spirito di san Filippo ammette persone dalla mente e dalle inclinazioni diverse». Da qui l’esortazione: «Non vi spogliate delle qualità che Dio vi ha dato, ma perfezionatele per il suo servizio». Newman fu oratoriano con la profondità che caratterizzò ogni scelta della sua vita ed ogni opera intrapresa. E lo fu fino alla fine dei suoi giorni, anche rivestito della Porpora romana di cui Leone XIII lo volle onorare. Giunto a Roma per il Concistoro del 1879, scriveva al suo vescovo: «Il Santo Padre mi ha accolto molto affettuosamente […]. Mi ha chiesto: “Intende continuare a guidare la Casa di Birmingham?”. Risposi: “Dipende dal Santo Padre”. Egli riprese: “Bene. Desidero che continuiate a dirigerla”, e parlò a lungo di questo»…
È la testimonianza che il Papa aveva perfettamente colto ciò che l’Oratorio significava per Newman, il quale gli aveva detto: «Da trent’anni sono vissuto nell’Oratorio, nella pace e nella felicità. Vorrei pregare Vostra Santità di non togliermi a san Filippo, mio padre e patrono, e di lasciarmi morire là dove sono vissuto così a lungo». Continuò a vivere a Birmingham la sua vita di figlio di san Filippo, intimamente sereno, con un’intensa attività pastorale in ogni ambiente, anche nei più poveri, con uno stile semplice e limpido; immerso nel tempo e teso all’eternità. –
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Un elemento che desidera sottolineare della missione di Newman a servizio della Chiesa…
Nel ricevere da Leone XIII la Porpora cardinalizia, Newman dirà: “Per trenta, quaranta, cinquanta anni ho resistito, con tutte le mie forze, allo spirito del liberalismo religioso, e mai la Chiesa ebbe come oggi più urgentemente bisogno di oppositori contro di esso, mentre, ahimè, questo errore si stende come una rete su tutta la terra”. E precisò cosa dovesse intendersi per “liberalismo religioso”: “La dottrina secondo la quale qualsiasi credo è buono come qualunque altro; e le religioni sono tutte materia di opinione. Si può andare nelle chiese protestanti e in quelle cattoliche; si può ristorare lo spirito in ambedue e non appartenere a nessuna”.

Pigrizia intellettuale e “tecnofobia”: nemici da combattere per evitare l’atrofia spirituale (di Lorenzo Iorfino)

Lunedì 27 ottobre ho partecipato alla Messa del Santo Padre con gli studenti delle Università Pontificie. In quell’occasione Papa Leone XIV ha firmato la Lettera Apostolica “Disegnare nuove mappe di speranza”, pubblicata nel sessantesimo della Gravissimum educationis. Le parole del Papa, sia nell’omelia sia nella lettera, mi hanno colpito perché toccano due ferite aperte del mondo educativo: la pigrizia intellettuale e la tecnofobia.
“Chi studia si eleva, allarga i propri orizzonti […] riceve uno sguardo ampio, che sa andare lontano, che non semplifica le questioni, che non teme le domande”, ha detto il Papa. È una frase che mette a nudo un male diffuso tra noi studenti: la tendenza ad accontentarsi, a studiare solo per stare a galla. La pigrizia intellettuale non è solo mancanza di impegno, ma chiusura dello sguardo. Lo vedo ogni giorno: compagni che non distinguono tra “arabo” e “musulmano”, o professori che parlano di “immigrati che parlano musulmano”. È il sintomo di un pensiero che non abita più la realtà, ma si adagia su stereotipi.
C’è chi pensa che la complessità del sapere renda inevitabile questa superficialità, ma è una resa. Leone XIV invita invece a “vincere la pigrizia intellettuale” come via per sconfiggere anche “l’atrofia spirituale”. Quando smettiamo di cercare, ci inaridiamo dentro. Studiare, allora, non è un esercizio scolastico: è un atto vitale, una forma di resistenza contro la mediocrità.
La stessa energia attraversa la Lettera Apostolica: “rafforzare la formazione dei docenti anche sul piano digitale; valorizzare la didattica attiva; promuovere service-learning e cittadinanza responsabile; evitare ogni tecno fobia”. Oggi le scuole sono ancora ostili alla tecnologia, più di quando le frequentavo io.
Eppure, scrive il Papa, “il progresso tecnologico fa parte del piano di Dio per la creazione”. Parole che rovesciano un luogo comune da me tanto combattuto: la tecnologia non è un nemico da temere, ma una realtà da abitare con discernimento.
Se un docente non è formato al digitale, lo affronterà con diffidenza e repressione, non con intelligenza educativa. Così facendo non formerà cittadini consapevoli, ma giovani pronti a cadere nelle comode trappole ammalianti che un tal mondo vasto può inventare. Invece educare, oggi più che mai, significa unire competenza e lungimiranza, non di certo irrigidimento e pigrizia, e soprattutto una sincera dose di umanità.
Perché, come scrive Leone XIV, nessun algoritmo potrà mai sostituire ciò che rende umana l’educazione: “poesia, ironia, amore, arte, immaginazione, la gioia della scoperta”.

La vaccinazione opera di valore storico e sociale (di Cassandra e Doriano Felletti)

La rivalutazione della pittura della seconda metà dell’Ottocento ha riportato in auge la produzione artistica di Demetrio Cosola; nacque a Saronsella, frazione di San Sebastiano da Po, il 22 settembre 1851 da Luigi e da Rosa Capello. Nel 1858 la famiglia si trasferì a Chivasso in Via Torino 48. Nel 1868 si iscrisse all’Istituto Tecnico di Torino ma nel 1869, dopo essere stato introdotto alle tecniche pittoriche da Bartolomeo Ardy, entrò all’Accademia Albertina e divenne allievo di Enrico Gamba per il disegno, di Andrea Gastaldi e Alberto Maso Gilli per la pittura e di Giovanni Tamone per la scultura: “uscì dall’Accademia trionfalmente, dopo aver guadagnato il primo premio del concorso triennale di L. 500. Si dedicò quasi esclusivamente al quadro di genere e al paesaggio. Nel primo s’ispirò un sentimento di triste mestizia, pigliando i suoi soggetti fra l’espressioni dolorose della vita, tra la poesia del pianto e delle sofferenze dei buoni e degli innocenti” (A. Stella, 1892).
In quegli anni conobbe Antonio Fontanesi, insegnante nella stessa Accademia, che lo introdusse negli ambienti artistici. Cosola fu un pittore prolifico: realizzò circa 200 paesaggi, altrettanti ritratti e un centinaio di quadri di vario genere, per la maggior parte sparsi in collezioni private. Espose prevalentemente alla Società promotrice delle Belle arti e al Circolo degli Artisti di Torino. Inizialmente associato alla corrente dei paesisti torinesi, è considerato uno dei principali esponenti del verismo; si distinse per l’uso brillante del colore e per l’attenzione nella rappresentazione di soggetti nella loro quotidianità: “di carattere piuttosto riservato e triste, cantò con la sua tavolozza temi idilliaci semplici e aggraziati: i bimbi, la famiglia, la vita degli umili” (C. Fiore, 1951).
Il suo esordio avvenne nel 1870 alla Promotrice, ove espose “Mattino” con lo pseudonimo di Camillo Borghesi; nel 1873 espose “All’acquasantino” che fu acquistato dalla Duchessa di Genova e che fu riprodotto in litografia da Francesco Gonin nell’album celebrativo dell’esposizione.
Nel 1880, sempre alla Promotrice, espose il dipinto a olio su tela “Visita alla piccola morta”. L’opera verista, di forte impatto emotivo e che ispirò un sonetto di Edmondo De Amicis, “mette in risalto le figure dei bambini e delle fanciulle compostamente disposte intorno al letto: partecipi e contemporaneamente atteggiate a una serena adesione al doloroso evento. […] Dal fondo in penombra emerge in primo piano l’insieme di rappresentazione dove la luce accende il lenzuolo e il vestito della piccola morta” (A. Mistrangelo, 2001). Durante il servizio alle armi, che svolse nei Bersaglieri, eseguì numerosi bozzetti e dipinti ad olio aventi ad oggetto scene di vita militare, tra cui “In marcia”, “Barbiere al campo”, “Soldati al campo” e “La toeletta dei bersaglieri al campo” che nel 1881 fu esposto all’Esposizione nazionale di Belle Arti di Milano.
Nel 1883 fu nominato all’Accademia Albertina quale assistente alla cattedra di Pittura di Andrea Gastaldi e, dopo la morte del Gastaldi, di Pier Celestino Gilardi. Ma l’ambiente torinese non rappresentava solo un luogo di lavoro: “Cosola amava frequentare i circoli artistici e culturali, i rinomati caffè della Torino di fine dell’Ottocento e giocare a biliardo” (A. Mistrangelo, 2001).
Nel 1884 fu nominato componente della Commissione accettazione e collocamento della sezione Pittura all’Esposizione generale italiana. Nel 1891 contribuì, per la Festa dei fiori di Carnevale, a trasformare gli ambienti del Circolo degli Artisti in giardini e serre, insieme a vari artisti, tra i quali lo scultore Leonardo Bistolfi e il pittore Lorenzo Delleani.
Presso la Galleria civica di arte moderna e contemporanea di Torino sono esposti i dipinti a olio “Giardino” del 1879, “Sponde del Po” del 1881, “Studio di nudo” del 1890, “Pascolo” (non datato) e “Il dettato” del 1891: l’opera, di grandi dimensioni (185 x 95 cm) e realizzata a pastello su tavola al fine di rendere chiara ed immediata la scena e valorizzarne il rapporto tra luce e colore, mostra le scolare riprese da una prospettiva leggermente rialzata intente a trascrivere sui propri quaderni il dettato della maestra, defilata sullo sfondo, con un atteggiamento autorevole e materno, vicino alla cartina di un’Italia che presidia l’istruzione dei propri cittadini: “una situazione che sottolinea le conquiste della società civile e […] che celebra l’istituto dell’istruzione obbligatoria gratuita” (A. Mistrangelo, 2001).
Altre opere di rilievo del Cosola si trovano presso il Municipio di Chivasso. “Ritratto del padre” e “Ritratto della madre” sono del 1875; il “Ritratto di Giuseppe Basso” rende onore al famoso fisico sperimentale e didatta nativo di Chivasso. Ma l’opera di maggior impatto visivo è certamente “La vaccinazione”, un pastello su tavola di grande formato (150 x 240 cm) che fu esposto alla Promotrice nel 1894.
Oltre al valore artistico, l’opera ha un significato storico e sociale: Chivasso fu uno tra i primi comuni a istituire in Piemonte la vaccinazione obbligatoria contro il vaiolo. La scena, armonica e dai colori tenui, è rappresentata in una stanza semplice e spoglia ed è permeata di un forte realismo, anche in relazione alle conquiste della società civile in corso in quegli anni. La luce entra da una finestra laterale e illumina gli abiti dei presenti, facendo risaltare i volti delle donne e la loro dolcezza; sulla parete di fondo, un ritratto di Re Umberto presidia la salute dei cittadini del Regno. Dell’opera ne esiste una versione, a olio su tela e di formato ridotto, realizzata per Giuseppe Berruti che si trova presso l’Ospedale Maria Vittoria di Torino.
Nel 1895, Demetrio Cosola espose, sempre alla Promotrice, “Dolori inattesi”, un’altra opera a pastello di grosse dimensioni (105 x 80 cm); ma repentina e inattesa, proprio mentre la sua carriera pareva essere in ascesa, fu la sua scomparsa. Morì infatti a Chivasso il 27 febbraio 1895 a causa di una polmonite, forse contratta durante l’allestimento delle sale dei Circolo degli Artisti per il Carnevale.
“Il dettato”, dipinto a olio, 1891“La vaccinazione”, pastello su tavola di grande formato, 1894

La campagna elettorale permanente ora tocca la riforma della giustizia: chi è pro e chi è contro

Il Referendum sulla riforma della giustizia, previsto in primavera si presenta come una medaglia dai due volti: in senso stretto il voto deciderà sulla separazione delle carriere dei magistrati (procura e tribunale), ma dall’altro lato sarà essenzialmente – inutile negarlo – una scelta politica pro o contro il governo Meloni.
L’Esecutivo, all’atto della sua formazione, aveva preannunciato tre riforme costituzionali: l’autonomia regionale, il premierato elettivo, la giustizia.
La riforma del ministro Calderoli sull’autonomia regionale è finita in un vicolo cieco parlamentare per due ragioni: l’opposizione del Sud (dai Sindaci ai Vescovi alla stessa classe dirigente del centro-destra) e l’innegabile caduta di ruolo politico della Lega, all’interno della quale lo stesso leader Salvini ha puntato sul ponte sullo Stretto, abbandonando di fatto i Governatori del Nord, a cominciare dal doge veneto Zaia.
Il premierato elettivo è stato accantonato per i contrasti interni alla maggioranza (soprattutto Tajani, timoroso dell’emarginazione di Forza Italia) e per la preoccupazione della Meloni di ripetere l’errore del premier Renzi nel 2016, bocciato dall’elettorato, contrario al rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo.
Sulla giustizia, invece, i sondaggi sono sfavorevoli all’Associazione Nazionale Magistrati (con un’alta previsione di astenuti): di qui la sfida elettorale, con l’obiettivo di ottenere un viatico per le politiche 2027, quando si completeranno i cinque anni di governo Meloni. La maggioranza non nasconde la speranza di ridimensionare il potere della Magistratura (ultimo conflitto, dopo il caso Albania: la Corte dei Conti sul ponte di Messina).
Inoltre il destra-centro conta sulla disgregazione del “campo largo”: sono contro la riforma Nordio Pd, M5S, AVS, mentre l’area centrista si è defilata: Renzi si è astenuto alle Camere, Calenda addirittura ha votato con l’Esecutivo. Azione e Italia viva rappresentano un elettorato del 6-7 per cento che può essere determinante nel risultato.
Siamo dunque di fronte a un’operazione non tecnica, quanto piuttosto politica. Il contenuto della legge appare infatti di minore incidenza e importanza rispetto al contesto elettorale. A buona parte degli elettori i toni apocalittici bipartisan appaiono sopra le righe: da un lato è semplicistica la tesi del guardiasigilli Nordio di un miglioramento della giustizia con la separazione delle carriere, in assenza di investimenti adeguati, a cominciare dal disumano sovraffollamento delle carceri; dall’altro lato è difficile scorgere una violazione costituzionale in una misura ampiamente attuata in altri Paesi europei.
Il vero nodo è la divisione del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) in due realtà, e soprattutto la scelta dei componenti per sorteggio: segno di scarsa considerazione per gli 8mila magistrati, col rischio di organismi delegittimati e quindi poco rappresentativi del grande ruolo della Magistratura, terzo potere dello Stato secondo la Costituzione. Una giustizia più debole rispetto al potere politico sarebbe un passo indietro, perché in democrazia nessuno è immune dal doveroso controllo di legalità, senza eccezioni (la Francia docet con il clamoroso caso Sarkozy). In questo contesto i continui “no” del governo a decisioni dei giudici (dai centri in Albania alla liberazione del generale libico) non sono un buon segnale.
La speranza è che nella campagna referendaria i comitati del “sì” e del “no” entrino nello specifico della legge, anche per evitare un vuoto di contenuti che darebbe ragione a chi (Renzi) ha ipotizzato una “riformicchia”.
Le forze politiche, con un ruolo meno aggressivo sul referendum, potrebbero dedicarsi ai gravi problemi del Paese: nella maggioranza la posizione filo-russa della Lega è ormai scandalosa, dopo l’inaudito attacco all’Italia della Zackarova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, per il crollo a Roma della Torre dei Conti; un vice-premier (Salvini) ostile all’Ucraina non è più sostenibile. Nell’opposizione la linea Prodi di attacco frontale alla Schlein non è solo una questione interna al Pd; il fondatore dell’Ulivo denuncia l’assenza di una reale alternativa al governo Meloni, mettendo il dito nella piaga della crisi del bipolarismo.

EDITORIALE – Scegliere il bello

Raccontiamo a pagina 15 di questo giornale di un’iniziativa alternativa alla festa di Halloween, proposta a giovani e adulti dalla parrocchia Madonna del Rosario di Chivasso. La festa di Holy Wins: che non è un’invenzione locale, che altrove, dentro e fuori l’Italia, già si fa e ha lo scopo di valorizzare la bellezza e il significato del giorno dedicato ai Santi.
Raffreddati i bollenti “spiriti” (mai parola fu più adeguata, in tal frangente), messi da parte tutti gli aggeggi necessari per essere più brutti che mai, finito il ritornello di “dolcetto o scherzetto” c’è forse la possibilità di essere ascoltati con la dovuta calma e il necessario spirito di riflessione su una questione che sembra, ma non lo è, poco importante.
C’è un filo sottile, ma tenace, che lega l’umanità alle sue più alte aspirazioni, ed è la bellezza. Quella che illumina, che educa, che consola. È la bellezza dei gesti gentili, dei sorrisi sinceri, delle parole scelte con cura.
È la bellezza di un tramonto che ci costringe a fermarci, di una musica che ci riporta a casa, di un’opera d’arte che ci ricorda quanto l’animo umano possa ancora elevarsi. La meraviglia non ha bisogno di travestimenti. Eppure ce ne dimentichiamo, sopraffatti dal trionfo del brutto, dell’eccesso, del provocatorio a tutti i costi. Ci viene suggerito che il ribrezzo sia una forma di libertà, che l’orrido diventi divertimento, che il grottesco possa sostituire il sublime.
È una tentazione forte, soprattutto per i più giovani: il fascino del travestimento, della maschera, dell’effimero spavento. Ma ciò che si coltiva dentro resta, e l’abitudine al brutto lascia segni che il tempo non sempre cancella.
La bellezza, invece, educa, non solo l’occhio, ma il cuore. Insegna rispetto, equilibrio, misura. Ci ricorda che vivere è anche prendersi cura delle cose, delle persone, del linguaggio. È un atto di resistenza scegliere il bello in un mondo che tende a farne a meno: è un atto politico, culturale, umano.
La bellezza salverà il mondo, diceva Dostoevskij. Ma perché lo faccia davvero, tocca a noi salvarla prima, difenderla dal rumore, dall’indifferenza, dal gusto facile del brutto, tornare a riconoscerla, a cercarla, a insegnarla. Perché dove c’è bellezza, c’è ancora speranza.

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