(Editoriale)
Non è la prima volta che ci soffermiamo sul lungo, glaciale inverno demografico nel nostro Paese. Parlarne è una urgenza che si ripresenta, perché dura e peggiora da decenni. Nel 2020 la popolazione è diminuita di oltre 300 mila unità, un numero da far spavento. Il Papa è preoccupato, e non solo lui: “in Italia, le nascite sono calate e il futuro è in pericolo”, così venerdì scorso aveva aperto gli Stati Generali della Natalità a Roma.
L’iniziativa è stata promossa da Gigi De Palo, presidente del “Forum delle associazioni familiari”, che ha voluto riunire attorno allo spinoso argomento della denatalità il mondo della comunicazione e della cultura, ma anche quello imprenditoriale e le istituzioni.
Da qui un appello per una corresponsabilità a far ripartire l’Italia con nuove nascite. I dati e le proiezioni per i prossimi decenni non sono incoraggianti. Un Paese ha bisogno di mantenere un tasso di natalità di 2,1 figli per donna, per sostituire la popolazione. In Europa questo tasso è di 1,3, e in Italia è ancora più basso: metà delle donne in età fertile non ha neanche un figlio, e si stima che entro il 2030 mancheranno 20 milioni di lavoratori. La popolazione in diverse parti del mondo sviluppato è in calo.
Aumenta la durata della vita, ma diminuisce il tasso di natalità, e molti Paesi non hanno un numero sufficiente di giovani per rinnovare la popolazione e fronteggiare il peso dell’invecchiamento. L’Europa è sempre più vecchia e gli anziani sono più numerosi dei giovani. In Italia dal 2008 al 2016 le nascite sono passate da 576 mila a 473 mila.
La famiglia subisce una crisi senza precedenti.
De Palo denuncia che “da anni la natalità non è argomento dell’agenda nazionale; mancano misure e azioni adeguate per invertire la tendenza, manca attenzione alla famiglia e ai figli come bene comune”.