(Elisa Moro)
Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto
“Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20): proseguendo il lungo discorso dell’Ultima Cena (Gv. 14, 23-29), il Signore illumina le profondità del mistero trinitario, rivelandone l’intimità, ma anche la profonda comunione con ciascun credente, caratterizzata da “un incontro con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte” (Deus Caritas est, 18). Cristo punta all’apice, e la liturgia pasquale, dopo l’aver “toccato con mano” l’evento della Risurrezione, invita a ospitare nella vita, nella stessa carne, il mistero d’amore di Dio.
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (v. 23): la novità annunciata da Cristo consiste proprio in questo farsi “dulces hospes animae – ospite dolce dell’anima”, come si proclama nella Sequenza di Pentecoste. È proprio lo Spirito Santo, terza Persona della Santissima Trinità, il protagonista di questa inabitazione costante, che crea l’intimità (oikeiosis) con Dio. Questo termine greco, difatti, evidenza con efficacia la confidenza e la familiarità che ogni battezzato deve avere con il Creatore, ben espressa nella Lettera agli Efesini: “siete concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef. 18, 21), in un’intimità – da intus, che indica proprio interno – assoluta, fino ad affermare che Dio può divenire “più intimo a me di me stesso” (Sant’Agostino, Confessioni, III, 6, 11).
“Vi lascio la pace… Non come la dà il mondo” (v. 27). Uno dei titoli messianici di Cristo è quello di “principe della pace” (Is. 9, 6), ma questo appellativo non deve essere confuso con una semplice assenza di conflitti o con un clima generalmente pacifico in cui tutto va ‘più o meno bene’. Dio abita nel cuore umano, e San Gregorio Magno esclama: “pensate che festa fratelli, avere in casa Dio!”.
Il cuore dell’uomo è inquieto, assetato, in perenne ricerca, e solo “e’n la sua voluntate è nostra pace” (Paradiso, III, 85), solo nella quiete che trasforma, rendendo ogni credente creatura nuova, si rivela volto di Cristo nel mondo e nella storia. “Viene”, dunque, questa pace “dove è amata, dove è invitata, dove è attesa” (Bonaventura, Sermo IV), dove cioè può essere accolta da un cuore aperto alla luce di Cristo.