Sono giorni di passione per il Presidente Mattarella chiamato a difendere le istituzioni repubblicane in una situazione politica caotica e di fronte a un attacco speculativo dei mercati finanziari, con il fatidico spread volato sopra i 300 punti. Di fronte a critiche legittime sono comparse intollerabili minacce, anche di morte, come nei tempi bui del terrorismo. Il comportamento più incomprensibile è stato assunto dal leader pentastellato on. Di Maio: domenica scorsa ha proposto la misura gravissima dello stato d’accusa (impeachement) contro il Presidente, ma due giorni dopo ha rinunciato all’idea e ha chiesto di ritornare a trattare con il Quirinale. Riproponendo il governo Conte con il contratto giallo-verde; ma il leader leghista Salvini non intende rinunciare alla candidatura al Tesoro del prof. Savona ed è stato quindi freddo verso il capo politico pentastellato; mentre scriviamo la Lega sarebbe disponibile a un’estensione tecnica nei confronti di un possibile governo neutrale dell’economista Carlo Cottarelli, con voto entro settembre; analoga posizione potrebbe assumere Berlusconi mentre il Pd voterebbe a favore per sostenere l’iniziativa del Capo dello Stato e per consentire un governo nella pienezza dei poteri, anche per fronteggiare la speculazione finanziaria, che il Governatore della Banca d’Italia ha definito immotivata, perché l’economia italiana ha basi solide, con una ripresa economica in atto.
Il casus-belli politico è scoppiato sulla pretesa di Salvini di nominare nel governo Conte il professor Paolo Savona all’economia. Il Capo dello Stato, che aveva agevolato in tutti i modi la maggioranza parlamentare Lega-Cinque Stelle (anche se Salvini si era presentato alle elezioni con Berlusconi, non con Di Maio), ha usato i suoi poteri costituzionali (l’art. 92 assegna a Mattarella la nomina dei ministri) per chiedere un nome diverso, con una precisa motivazione politica: lo stesso Savona si era espresso, in documenti politici, per l’uscita dall’euro. Questa indicazione avrebbe isolato l’Italia in Europa e avrebbe spaventato i mercati, già turbati dalla prima bozza – poi smentita – dell’intesa Lega-M5S, in cui si prevedeva l’ipotesi di uscita dalla moneta europea e il parziale congelamento del debito pubblico. Da questo documento – come ha rilevato il ministro Calenda – è partita l’origine degli attacchi speculativi esteri, con l’esplosione dello spread. Lo stesso Governatore della Banca d’Italia, Visco, nella relazione annuale, ha sostanzialmente difeso la linea Mattarella sulla tutela del risparmio, ricordando che l’Italia, nell’economia mondializzata, non può ritenersi un’isola; anzi la sua difesa è nell’Europa, anche per il pesante debito pubblico (in Europa è il secondo, dopo la Grecia): ogni anno dobbiamo rimborsare 400 miliardi di euro; cosa succederebbe di fronte a una crisi di fiducia? Come potrebbe lo Stato far fronte agli impegni per le pensioni, la scuola, la sanità…?
Secondo il direttore dell’autorevole “Corriere della Sera”, Salvini ha rotto con Mattarella per andare presto alle urne, potendo contare su due forni: il centro-destra con Berlusconi e la Meloni (entrambi indeboliti), il contratto con Di Maio. Il leader pentastellato appare il vero sconfitto della lunga crisi: ha tentato tutte le strade per andare al governo, compreso il Pd, e ora è contestato dalla sinistra del suo Movimento, guidata dal presidente della Camera, Fico, mentre il suo avversario Di Battista scalda i motori in vista del voto anticipato.
Di fronte a sondaggi che vedono in rialzo il leader della destra Salvini (ma Di Maio flette), il centrosinistra pensa di dare vita a una nuova stagione di larghe intese, con la candidatura a premier di Paolo Gentiloni, che dovrebbe guidare un fronte repubblicano con il Pd, parte della sinistra bersaniana, il centro imprenditoriale del ministro Carlo Calenda (ex Confindustria), il centro cattolico del ministro Lorenzin e di Casini, i Verdi, i Radicali, gli altoatesini. L’obiettivo è quello di bloccare l’avanzata di Salvini, sostenuto dalla leader dell’estrema destra francese Marine Le Pen, con un programma riformista ed europeista e la ferma difesa della Costituzione repubblicana.
L’imminente campagna elettorale rischia di spaccare ancor più la società italiana, mai apparsa così divisa; è auspicabile – come ha chiesto il presidente della Cei, card. Bassetti – una moderazione del linguaggio e un rispetto delle persone, pur nella diversità delle posizioni; i toni usati contro Mattarella sono stati intollerabili e inusuali nella storia della Repubblica, anche negli anni della guerra fredda Usa-Urss; non si tratta di contrapporre la prima alla terza Repubblica (ancora non nata), ma di ricordare che gli istituti di garanzia (il Quirinale, la Magistratura, la Corte costituzionale…) sono al servizio di tutti gli italiani, non soltanto delle diverse e cangianti maggioranze parlamentari (altrimenti diverremmo come il Venezuela, ove chi vince conquista ogni potere).
Analogamente non si può dimenticare che la politica estera ha spesso deciso, nel bene e nel male, la vita degli italiani, con le guerre e con la pace (sono settant’anni dall’ultimo conflitto). E’ quindi doveroso, nella prossima campagna elettorale, parlare della collocazione europea e mondiale dell’Italia, senza dimenticare che le risorse non sono illimitate; altrimenti si illude il Paese. Si può e si deve cambiare; ma in meglio, senza facili scorciatoie.
Mario Berardi