Mentre la guerra entra in una fase delicatissima, piena di pericoli ma anche di speranze per una tregua che porti alla pace, Papa Francesco – che ha sempre fortemente richiamato l’attenzione del mondo e dei potenti sulla martoriata Ucraina – è costretto alla solitudine e all’isolamento. In ospedale da oltre un mese, la sua paterna sollecitudine si deve limitare a brevi messaggi, affidati ai media.
Cinque anni fa, nella Piazza San Pietro deserta, sotto la pioggia, nel silenzio del mondo in confinamento e nel pieno della pandemia, la bianca figura del Papa parlava a nome di tutta l’umanità. Le accorate parole di Francesco, ci diedero una potente testimonianza della vicinanza, della compassione e della tenerezza di Dio per tutti noi. “La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità […] Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. […] Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura». E noi, insieme a Pietro, «gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché sappiamo che Tu hai cura di noi».”
Dopo anni di interventi chiari e forti, chiedendo la fine dell’inutile strage, ora che le piazze si riempiono di confuse manifestazioni tra loro contraddittorie negli obbiettivi e nelle visioni, manca la sua bianca figura che indichi una strada certa, nel deserto dalla violenza e della sopraffazione.
Anche l’ultima ipocrisia ha lasciato il posto all’aperto appello dei potenti al riarmo. Invano, per anni, abbiamo ascoltato la voce autorevole del Pontefice: “[…] la corsa agli armamenti […] serve solo a cercare di ingannare coloro che reclamano maggiore sicurezza, come se oggi non sapessimo che le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti”.
Non sappiamo, non capiamo cosa possa accadere e quale orientamento possano prendere i piani di guerra e di pace. Ma, ne siamo certi, la fragilità di Francesco invita tutti e ciascuno ad una più grande responsabilità personale e comunitaria per la profezia della pace. Sia la sua povertà lievito di crescita per il popolo.
“[…] aspettatevi un cammino, non un miracolo che eluda le vostre responsabilità, che elida la vostra fatica, che renda meccanica la vostra libertà” (Luigi Giussani)