L’accogliente Canavese ha storicamente saputo ospitare tanti uomini insigni che poi hanno ricambiato quell’accoglienza con le loro opere d’ingegno, contribuendo così ad aumentare il prestigio di una terra che vanta nel proprio passato personalità che hanno un posto di rilievo nell’arte e nella storia dell’Italia. Tra questi personaggi memorabili spicca la grande famiglia dei Canzano, che annovera ben tre musicisti: Pietro, Aldo e Dario.

Il padre Pietro – come ricorda Federico Perinetti nella sua raccolta di “Personaggi egregi di Ivrea e Canavese” (Bolognino editore, 1992) – era nato a Caserta nel 1856, discendente di un’antica famiglia legata, fin dal Medio Evo, alle vicende degli Altavilla, il casato normanno che aveva dato conti, duchi e principi alla Puglia, alla Calabria e alla Sicilia; ma Pietro Canzano, alieno dalla politica, aveva assecondato la sua naturale inclinazione alla musica, conseguendo il diploma in Composizione presso il Conservatorio di Napoli.

Dopo aver scelto la carriera militare, diventa ufficiale dell’esercito con la qualifica di “capomusica” e segue il reggimento nelle varie sedi, per cui finisce anche a Ivrea, dove incontra la donna che diventerà sua moglie, l’insegnante elementare Filomena Cavagnaro. Pietro Canzano lascerà in seguito l’esercito per un incarico più prestigioso: chiamato da Giulio Ricordi, diventerà uno dei collaboratori della più famosa casa editrice italiana di musica.

Il figlio Aldo, nato a Palermo nel 1893, quando il padre si trovava nella capitale siciliana per ragioni di servizio, seguirà la stessa vocazione artistica del genitore e proseguirà i suoi studi musicali a Milano, dove frequenta i corsi di pianoforte, composizione e organo al Conserva-torio Giuseppe Verdi. La prima occasione di mettersi in luce si presenta già a 17 anni, quando sostituisce all’organo il maestro titolare nella basilica di Sant’Eustorgio.

Un anno dopo, viene chiamato al Teatro Carcano come maestro di pianoforte, e qui avrà l’occasione di conoscere grandi compositori e direttori d’orchestra, come Umberto Giordano e Arturo Toscanini. Quando scoppia la prima guerra mondiale, il giovane Canzano è chiamato alle armi e viene destinato allo stesso reggimento in cui prestava servizio il poeta e scrittore torinese Nino Oxilia, che divenne suo amico fraterno. Alla memoria dell’amico, caduto a 28 anni combattendo sul monte Tomba, Canzano dedicò una composizione per banda intitolata “Eroismo italiano”.

Dopo la guerra, il musicista riprende la sua attività come direttore d’orchestra, per cui avrà modo di dirigere anche alla Scala. Una svolta decisiva nella sua vita si dà quando gli viene proposto l’incarico di direttore e pianista sul transatlantico Esperia, una lussuosa nave destinata a crociere di regnanti e di uomini famosi. Canzano accetta questo compito ben retribuito, che gli offre anche l’opportunità di conoscere grandi personalità, come quando si trova a dirigere l’orchestra durante il viaggio di nozze di Umberto di Savoia, Principe di Piemonte, e di Maria José, in onore dei quali compone anche alcuni valzer. Ma dopo dieci anni di crociere, sarà una circostanza imprevista a cambiare la sua vita: colpito da febbri tropicali, deve sbarcare ad Alessandria d’Egitto, dove viene accolto dall’amico organista, padre José Montero, che lo ospita e lo assiste nel suo convento fino alla completa guarigione.

Questa vicenda lo porta a interrompere la sua carriera musicale per farsi terziario francescano e dedicarsi al servizio del prossimo. Aldo Canzano torna così in Italia per stabilirsi a Cascinette, nella casa acquistata a suo tempo dal padre. Per i successivi quarant’anni la sua vita si svolgerà nella preghiera, nella meditazione, e anche nell’azione, perché Canzano è stato maestro di pianoforte per tanti allievi, è stato organista e maestro del coro parrocchiale, ed ha continuato a comporre musica.

Come scrisse Renzo Pessatti, egli “trasfuse nelle sue ultime creazioni, rivolte quasi esclusivamente al sacro, il suo anelito mistico ed il suo amore francescanamente votato alla natura e agli animali”. La sua esistenza terrena si concluse nel 1968, a 82 anni. Il fratello Dario, più longevo del padre e del fratello Aldo, terzo esponente “eporediese” dei Canzano, musicista ma anche poeta e pittore dilettante, era nato a Milano il 20 aprile 1898. Aveva appena concluso gli studi musicali di violino nel Conservatorio milanese quando, allo scoppio della prima guerra mondiale, fu chiamato alle armi.

Al fronte viene fatto prigioniero, ma riesce fortunosamente a fuggire con un amico e a rifugiarsi in Olanda. Quando torna in Italia, prende la residenza a Ivrea, vicino a quella Cascinette in cui suo padre Pietro aveva acquistato una villetta. A Ivrea, Dario può dedicarsi all’insegnamento del violino, ma sempre spinto dal suo spirito di avventura, nel 1936 finisce per partecipare alla guerra in Etiopia, dove si presenta con la sua arma preferita, il violino, per cui ebbe vari incarichi nel campo musicale e fu anche istruttore in una scuola corale per indigeni.

Tornato in Italia, riprende la sua attività di insegnante, conosciuto e apprezzato a Ivrea e in tutto il Canavese. Sempre disponibile sia come solista, sia nei complessi musicali, ha suonato nelle orchestre cittadine, comprese le indimenticabili operette e riviste dell’Oratorio San Giuseppe. Come lo ricorda con simpatia Federico Perinetti, Dario Canzano “Ha continuato a suonare fin oltre gli ottant’anni e fino allora lo si è visto camminare per le vie della città spedito e diritto, col volto sempre sorridente, col suo fido violino sotto il braccio. Ha sempre camminato a piedi, senza mai servirsi dell’automobile che non ha mai voluto né posseduto. Un’abitudine che gli consentiva di fermarsi a far quattro chiacchiere con conoscenti e amici. Gli veniva facile questo, col suo carattere gioviale, estroverso, sempre allegro e ottimista. Dario Canzano ha concluso la sua esistenza terrena il 23 luglio 1992, alla veneranda età di 94 anni. E, come conclude l’amico Perinetti, “un posto nel ricordo e nell’affetto di tanti allievi e di tanti amici se lo è certamente conquistato”.