Foto tratta da Pixabay
Nella V domenica di Pasqua Giovanni racconta. Siamo nel Cenacolo dove si consuma la Cena Pasquale. Giuda, individuato dai discepoli come traditore, esce e scappa pronto a tradirlo. Tutti gli altri, turbati e stupefatti. Gesù lo guarda fuggiasco e dice: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato. Per poco sono ancora con voi. Vi do un comandamento nuovo …”.
Quando, come nel Vangelo domenicale, incontro questo breve racconto di Giovanni, ho difficoltà ad accoglierne il messaggio. Giovanni, l’apostolo amato, riconosce Gesù Risorto nelle apparizioni diverse e racconta l’evento Passione, Morte e Risurrezione come “gloria”, cioè evento di vita piena e amore, pieno vissuto. Gesù che si offre al Padre e che ama i suoi fino alla fine nel dar la vita. “Nelle tue mani o Padre, affido il mio Spirito” e do la vita come amore totale e autentico: trionfo e signoria di vita.
Il Risorto è Risurrezione, vita nuova, primo e antesignano del mondo rinnovato. La morte è ormai sconfitta, “morta”, come anche il patire, le lacrime, la sofferenza, in un’esplosione misteriosa.
La Risurrezione è un evento dinamico universale. Se immaginiamo l’umanità come un tessuto a maglia vivente, Gesù è la prima maglia risorta, in movimento vitale trascina in alto l’umanità e l’intero creato fino alla Risurrezione dell’ultimo giorno in gloria. Proprio perché Cristo è primizia di vita nuova, può dare un comandamento nuovo, un in-cominciamento nuovo e attivo: “che vi amiate gli uni e gli altri”. Non più il comandamento “ama il prossimo come te stesso”, ma amalo come un datore di vita con scambio della risorsa di beni vitali, come crogiuolo di vita che di fatto è.
La storia già attuale, e in pienezza nell’ultimo giorno, è terra nuova e cielo nuovo che vive, Cristo Risorto partecipato e esteso: meraviglia sognata e creduta.
Mentre medito il testo di Giovanni: il figlio dell’uomo è stato glorificato, ho mente e cuore alla visione dei Mosaici, V e VI secolo, di Ravenna, che raccontano Cristo, in Gloria e la croce gloriosa contornata di angeli, rapiti dall’immagine. E il mio occhio fissa in particolare Cristo buon pastore o Cristo Redentore, nel mosaico posto in alto nella chiesa di Sant’Apollinare Nuovo, mosaico che mi rapisce e comunica bellezza che pervade la mia persona e il mio vivere. “Come io ho amato voi senza misura, così amatevi e tutti sapranno che siete miei discepoli”. Ascoltando questa parola-comandamento di Gesù Risorto, sono colpito di stupore e meraviglia, di stupore e tremore e rivedo Paolo di Tarso che, nella visione alle parole di Gesù: “sono Gesù che tu perseguiti”, stramazza a terra e gli passano giorni perché possa riprendere se stesso in cammino.
Questo comandamento nuovo cambiò lo stato delle cose, il tempo e il vivere, e manifesta – come ogni manifestazione del Risorto – il “volto dell’essere discepoli” di Cristo come anche il volto di coloro che convivono amandosi l’un l’altro e pertanto, perché cristiani, indicati e chiamati a quell’epoca, come “coloro che si amano”.
E proprio Giovanni, nella prima lettera (1Gv.3,18), indicherà l’amarsi gli uni e gli altri, con uno slogan molto efficace “non amatevi a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”.
E allora ascolto con commozione il grido di Leone XIV: “Mai più guerra, mai più guerra!”.
Gv 13,31-35
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui.
Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi.
Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».