Come preannunciato nell’articolo comparso nell’ultimo numero de “Il Risveglio Popolare” dedicato alla festa per il 60° anniversario della dedicazione del Tempio dell’Immacolata dei Miracoli di Ivrea, riportiamo, di seguito, il resoconto della celebrazione del 30 maggio 1965 che il nostro giornale pubblicò il 3 giugno 1965.
Il giorno 30 maggio, come era stato precedentemente annunciato, S. E. Mons. Vescovo (Albino Mensa, ndr) ha avuto la gioia di consacrare un nuovo Altare e benedire il Tempio dedicato alla Vergine Santissima, venerata sotto il titolo di “Immacolata dei Miracoli”, in un Quadro prodigioso, che da un secolo le Suore d’Ivrea custodiscono gelosamente, come patrimonio sacro della loro Famiglia Religiosa. Miracolosa-mente rimasto illeso dai colpi di una scure e dalle fiamme del fuoco, fu loro donato dai proprietari il 5 aprile 1860. Rimase nella casa di Torino, in via Ormea, fino al 1942, allorché i pericoli della guerra suggerirono alle Suore di trasportarlo provvisoriamente a Ivrea, nella Casa Madre. La permanenza divenne però definitiva quando le Madri ottennero da S.E. Mons. Rostagno di poter realizzare un antico desiderio, costruendo un Tempio in suo onore. La popolazione d’Ivrea ha ormai imparato a conoscere questa Immagine portentosa, anche se di modeste dimensioni, e le ha tributato il suo omaggio di fede, con manifestazioni degne della sua tradizionale devozione mariana: nel 1955, quando il quadro fece ritorno dalla indimenticabile “Peregrinatio” attraverso le vie d’Italia; e nel 1960, nelle celebrazioni centenarie del miracolo. La recente cerimonia ha degnamente coronato quelle memorabili Giornate ed ha aperto una nuova fonte di grazia per Ivrea, per la Diocesi e per la Chiesa, poiché, come ben disse Mons. Vescovo, in occasione della posa della “prima pietra”: “ogni chiesa che sorge è simbolo della Chiesa vivente che è l’assemblea dei fedeli” e ogni Altare è simbolo di Cristo che continua nella Chiesa la sua opera di redenzione e di salvezza. Il nuovo Tempio è al centro di un complesso architettonico modernissimo (non ancora del tutto ultimato), progettato dall’Architetto dottor Giuseppe Rubino, diretto dal medesimo, con la collaborazione dell’ing. Aldo Aluffi, per i calcoli cementizi, e costruito dall’impresario edile cav. Rinaldo Bianco.
Le linee sobrie e maestose, la controsoffittatura in legno, la sistemazione delle vetrate, la mirabile decorazione artistica in bronzo dorato, opera del professor Giuseppe Tarantino della Scuola d’Arte di Torino contribuiscono a dare al Tempio l’aspetto solenne e devoto proprio di una Casa di Preghiera. Ma soprattutto degno di nota è lo spirito che anima la progettazione, e cioè l’orientamento cristologico di tutti gli elementi del luogo sacro; al centro è la Mensa, con sullo sfondo il Tabernacolo e la Cattedra; ai lati gli Amboni per la proclamazione della Parola; e, pendente sull’Altare, un grande Crocifisso che domina e attrae l’attenzione di chi entra. È il concetto teologico dell’Aula Dei, richiamato dalle recenti direttive del Concilio: Cristo è il centro della vita cristiana, l’Autore della lode a Dio e la fonte della grazia, nel sacramento della Parola e dell’Eucaristia. Ogni altro elemento deve essere al suo posto. Per questo, la piccola stele che sostituisce il Quadro della Immacolata è situato a destra, in una posizione di privilegio e insieme di servizio. La Madonna è la Madre di Cristo e della Chiesa, la Regina dell’Universo, ed è l’Ancella di Dio che porta a Cristo. Questi pensieri sono stati il tema della magistrale Omelia che il Vescovo ha pronunciato durante il solenne Pontificale del mattino, completata dalle parole di saluto alla Madonna e ai partecipanti, nella processione del pomeriggio, quando il Quadro miracoloso è stato solennemente accompagnato nella sua nuova dimora. Nonostante la pioggia, il concorso dei fedeli è stato veramente superiore al previsto e, quando Mons. Vescovo, dal portale del Tempio, si è rivolto verso il popolo, ha dovuto sentirsi proprio come il Pastore fra il suo gregge, che si stendeva ai suoi piedi, lungo la gradinata, in perfetto ordine e in una mirabile unità nella varietà delle rappresentanze. Hanno onorato della loro presenza S.E. Monsignor Dio-nisio Borra, Vescovo Tito-lare di Zeugma; [segue un lungo elenco di autorità che avevano presenziato, ndr.]
Numerose pure sono state le adesioni, [segue una lunga lista di personalità, ndr.]; [tra cui, ndr.] le Monache Benedettine Cistercensi, le quali, certamente con pena, hanno ceduto il loro caro Mona-stero dove il loro benemerito ordine aveva dimorato e prosperato per ben quattro secoli. Con delicatissimo pensiero Mons. Vescovo ha rivolto un saluto particolare a queste care Religiose, assenti alla cerimonia, ma presenti nel cuore di tutti i partecipanti, facendo notare, però, con altrettanta delicatezza ed evidente compiacenza, co-me questo colle, sacro alla preghiera per tanti secoli, ora ritorna ad essere il colle santo di Dio, con una irradiazione feconda di speranze. Questa, ha detto il Vescovo, sarà la Chiesa dei giovani: ha al suo fianco, incorporata al suo stesso edificio, la Scuola Apostolica della Congregazione, che accoglie Apostoline, Aspiranti e Postulanti; dall’altro lato l’Oratorio maschile; poco più avanti, il Collegio Santo Bambino, i Seminari Maggiore e Minore, la Scuola Convitto Professionale, la Sede degli Scouts e delle Guide, il Collegio Peana. Una fioritura di giovani che crescono e si preparano intorno all’Altare di Dio, sotto la protezione della Vergine Immacolata. E’ una promessa veramente feconda, la cui fecondità riposa anche sotto queste zolle, su questa terra benedetta che tante anime consacrate a Dio hanno santificato con la loro presenza. Ormai, dunque, le rocce del vecchio “San Michele” hanno ripreso vita e questa nostra antica Eporedia, che per secoli ha custodito nel suo punto più alto il vetusto Convento di Santa Maria, vede la sua storia rifiorire e, in un innesto nuovo, rivive le sue antiche e gloriose memorie di fede e di pietà mariana. Da buoni eporediesi, conserviamo ancora nel ricordo, con gelosa nostalgia, le linee classiche del Monastero, con il suo campanile romanico, il portichetto artistico, i chiostri solenni; ma questo nuovo che si sostituisce al vecchio ci fa pensare alla vita che si rinnova e, senza ripetersi mai, conserva nel seno gli eterni principi della sua fecondità.