Ma è proprio vero che “Si vis pacem, para bellum”, cioè che se vuoi la pace devi preparare la guerra? Ma dobbiamo veramente crederci e sottostarci? È un ritornello estenuante, ripetuto all’infinito nei discorsi di politici, strateghi, esperti e tuttologi. Sembra essere un principio evidente che non ha bisogno di esser dimostrato, indiscutibile, il risultato di una teoria deduttiva che non ammette altre letture, una verità antica e anche per questo sempre attuale. In un tempo in cui i venti di guerra soffiano a grande velocità in troppe parti del mondo, è doveroso metterlo in discussione. Anzi, è necessario smontarlo pezzo per pezzo.
Chi crede davvero nella pace non può continuare a giustificare l’accumulo di armi, l’aumento della spesa militare, la logica della deterrenza, con la scusa di “prepararsi” a evitare un conflitto. La guerra, se la si prepara, prima o poi accade.
È una macchina che si autoalimenta: produce paura che giustifica ancora più armi, ancora più risorse sottratte all’educazione, alla salute, alla giustizia sociale. La storia, se la osserviamo con occhi liberi, ci insegna che le guerre non sono state evitate con gli arsenali, ma con la diplomazia, il dialogo, la fiducia reciproca, il disarmo condiviso.
Non dobbiamo accettare l’idea che la pace sia il risultato di un equilibrio del terrore tra le parti. La pace vera nasce da condizioni di giustizia, da società che scelgono di costruire relazioni, non confini armati. È tempo di ribaltare quel ritornello della logica bellica in “si vis pacem, para pacem”, se vuoi la pace, prepara la pace.
Chi si riconosce nell’insegnamento evangelico, guarda a Gesù di Nazaret, crocifisso disarmato, che ha detto: “Beati i costruttori di pace”, non i suoi custodi armati. Ha ammonito Pietro che brandiva la spada: “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno”.
La radicalità del Vangelo è per lo più scomoda. Ma la pace evangelica non è debolezza. Papa Francesco lo ha ribadito più volte e Papa Leone l’ha usata come prima parola del suo saluto, ad elezione appena avvenuta. La forza dell’umanità di fronte a quella dei droni. È la sfida del nostro tempo e anche nostro compito: smettere, e far smettere, di prepararci alla guerra e iniziare, finalmente, a costruire la pace.