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In un’epoca dove la connessione digitale pare aver sostituito quella emotiva, un amico, uno qualunque, uno come tanti, ha deciso di fare qualcosa di decisamente diverso: dire “ti voglio bene” ai suoi amici, ai conoscenti più stretti, che normalmente non se l’aspettano visto che non è consuetudine. Pronuncia quelle tre parole con una convinzione profonda, che non debbano appartenere solo all’amore romantico o al legame familiare – genitori e figli, marito e moglie, fidanzati… -, ma essere patrimonio di tutte le relazioni autentiche, tra amici, colleghi, compagni di strada, tra chi ha costruito un rapporto fatto di stima, ascolto, affetto sincero. Perché non è una frase riservata a pochi eletti.
In una società chiusa, individualista, dove la vulnerabilità è difetto da nascondere, dire “ti voglio bene” è un atto controcorrente, una parola disarmante nella sua semplicità, potentemente umana, un modo per aprire spiragli di calore nei muri gelidi dell’egoismo diffuso.
In queste tre parole, se dette con sincerità, c’è cura, c’è presenza, c’è il riconoscimento dell’altro come parte di sé. È un ponte. È come dire: “ci sei, e per me conti”. Sentirsi dire “ti voglio bene” può essere un’àncora, un punto fermo, un promemoria che ricorda che l’affetto non ha bisogno di giustificazioni formali. È restituire valore a qualcosa che la società ha iniziato a trascurare: il legame umano disinteressato e fuori dagli schemi canonici.
Ci siamo abituati a difenderci, a fare della freddezza una corazza, della distanza un principio di sicurezza. Ma a che prezzo? In un tempo che ha bisogno di legami veri, dobbiamo riscoprire il valore di queste parole. Di riportarle nel nostro lessico quotidiano. Di sdoganarle dagli stereotipi e restituirle alla loro dimensione più vera: quella della vicinanza umana.
Non c’è bisogno di attendere le grandi occasioni. Perché forse, oggi più che mai, ciò che ci salverà, come individui e come comunità, non sarà l’efficienza, né la forza, ma la capacità di voler bene. Davvero, con sincerità. E di dirlo. Perché, in quel momento, è proprio ciò che farà la differenza.