Gli incontri del presidente Usa Trump con la Nato e la UE hanno palesato una grande arrendevolezza dei governanti Europei di fronte alla Casa Bianca, con un particolare atteggiamento favorevole della nostra Premier Giorgia Meloni verso “l’amico Donald“; fanno eccezione lo spagnolo Pedro Sanchez sul riarmo e il francese Emanuel Macron sull’Ucraina.
Nella riunione della Nato è mancata soprattutto una valutazione generale sulla strategia americana: se – come afferma la Casa Bianca – Putin non è un pericolo, ma anzi è un mediatore per il Medio Oriente, perché mai aumentare le spese militari in Europa? Se invece, come dimostra la perdurante aggressione all’Ucraina, la Russia è oggi un ostacolo alla pace, perché abbandonare – di fatto – il sostegno a Kiev?
Ed anche sulla sempre più drammaticamente insostenibile situazione in Medio Oriente è mancato un confronto serio dopo il conflitto Israele-Iran: perché consentire a Netanyahu lo sterminio, per fame, delle martoriate popolazioni di Gaza? Perché restare indifferenti di fronte all’espansione dei Coloni israeliani in Cisgiordania, nella logica di un solo grande Stato, necessariamente senza palestinesi? Nel dibattito interno alla UE la Meloni e il tedesco Friedrich Merz sono stati i più tiepidi sull’ipotesi di sanzioni a Tel Aviv. Ma che cosa ancora deve succedere nella terra di Cristo per fermare l’inumano sterminio?
Non accenna ad emergere una strategia complessiva, con l’obiettivo di una pace giusta e duratura; c’è piuttosto la rincorsa delle ondivaghe posizioni di Trump, dimenticando che la Casa Bianca, pur nelle sue oscillazioni, non ha mai rotto con Putin e Netanyahu, anzi. Nella UE cresce la debolezza dell’esecutivo von der Leyen, senza che si intravveda un’alternativa nel Parlamento di Strasburgo. Vista da Roma – secondo Romano Prodi – l’alleanza del fronte dei Conservatori tra Trump e Meloni assomiglia ai rapporti nel dopoguerra tra il PCI e l’Unione Sovietica.
Sui dazi USA, poi, c’è stata l’accettazione della misura del 10%, dopo le ipotesi di scambi alla pari; se confermato, sarà un prelievo pesante per le nostre esportazioni verso gli Stati Uniti, soprattutto per la piccola e media impresa.
Sul fronte dell’opposizione italiana si procede al solito in ordine sparso. La segretaria del PD Schlein è impegnata in una forte contestazione da sinistra, con i socialisti e i Verdi europei, contro i progetti di Bruxelles di ridurre le scelte “green”, sollecitati dal mondo industriale; non è escluso un voto contrario all’Esecutivo, anche con possibile crisi del Governo von der Leyen.
Su Gaza PD-M5S- AVS puntano alla linea dura contro le scelte di Netanyahu, contro lo sterminio per fame; i Centristi condividono le critiche, ma non intendono rompere con Israele.
La questione più delicata riguarda l’Ucraina: i pentastellati, impegnati in Europa contro la politica del riarmo, mantengono una posizione sostanzialmente “neutrale”; per questo il “campo largo” non ha presentato una mozione alle Camere sulla perdurante aggressione russa a Kiev.
In tre anni, dall’inizio dell’attacco di Putin, l’atteggiamento di Roma è piuttosto cambiato: Il 16 giugno 2022, il premier Draghi, insieme a Macron e Scholz, andava a Kiev per garantire alle popolazioni bombardate il pieno appoggio dell’Italia e dell’Europa, rilevando che in Ucraina si giocava al destino del Vecchio Continente, il suo ruolo sulla scena mondiale. Poco dopo la “mission” a Kiev il governo di unità nazionale dell’ex presidente BCE, molto sostenuto da Mattarella, cadeva per scelte interne; paradossalmente i tre maggiori artefici della crisi – il grillino Conte, l’ex premier Berlusconi, il ministro Salvini – erano tutti politici in buoni rapporti con la Russia di Putin.
Oggi il governo Meloni continua con gli aiuti a Zelensky, ma dopo la svolta di Trump pro-Putin manca un pieno e indiscusso sostegno politico. L’opposizione, come si è detto, è in ordine sparso ed anche nelle iniziative di pace la questione Ucraina è quasi scomparsa.
Ma, come ci ricorda sempre Papa Leone XIV, ogni guerra è distruttrice dell’umanità, della giustizia, del diritto internazionale. Per questo l’Ucraina merita maggior rispetto, come ai tempi di Draghi-Mattarella.