L’asilo di Borgo Olivetti a Ivrea

Oggi si parla molto di welfare aziendale, quell’insieme di beni, di servizi e di iniziative che un’azienda offre ai propri dipendenti, oltre alla normale retribuzione, per migliorare il benessere sia nella vita lavorativa, sia personale: l’assistenza sanitaria, i buoni pasto, gli asili nido, i piani di previdenza complementare e quanto altro, con l’obiettivo di supportare il reddito, la salute e la qualità della vita dei lavoratori e delle loro famiglie.

Già nel Dopoguerra, negli anni dello sviluppo industriale, i figli dei dipendenti di aziende quali FIAT, Nebbiolo, Farmitalia, Olivetti ed altre godevano di servizi come asili, colonie, doposcuola, attività formative, sportive e culturali.

E tra questi, i servizi offerti dalla Olivetti erano all’avanguardia, di qualità e di ampiezza tale da essere estesi agli stessi dipendenti e, in alcuni casi, anche all’intera comunità locale.

La riflessione sul benessere dei lavoratori arrivò già da Camillo Olivetti, conscio della responsabilità sociale che investiva l’azienda. Egli riteneva che l’offerta di servizi di carattere complementare e di qualità non rappresentasse un costo per l’azienda, in quanto ripagati da un maggiore impegno e da una aumentata produttività dei lavoratori.

La tutela della maternità e della prima infanzia fu garantita, a partire dal 1941, dall’adozione dell’ALO (Assistenza lavoratrici Olivetti), un ampio programma atto a supportare le dipendenti durante i periodi di gravidanza e di allattamento. Non deve stupire che, nei primi anni della Seconda guerra mondiale, Camillo pensasse alla tutela delle proprie lavoratrici.

Il più importante beneficio previsto dall’ALO, che fu più volte riadattato a seguito dell’evolversi dei contratti e delle politiche di tutela sociale, fu il congedo di maternità, della durata di nove mesi e mezzo e retribuito per l’ottanta per cento dello stipendio.

Furono inoltre istituiti i consultori prenatali e pediatrici, necessari per garantire assistenza sanitaria per le donne in gravidanza e per i neonati, che assunsero le competenze già in capo, fin dagli anni Trenta, al dispensario lattanti che, aperto una volta alla settimana, forniva consulenza alle madri e distribuiva medicinali e alimenti per la prima infanzia.

I consultori erano aperti alle dipendenti e alle mogli dei dipendenti e offrivano il supporto necessario “ad allevare il piccolo in modo razionale e moderno, non solo dal punto di vista fisico, ma anche con un preciso criterio educativo” (Servizi e assistenza sociale di fabbrica, 1953).

Da questa esperienza nacquero, a partire dagli anni Cinquanta, consultori in diversi centri del Canavese, gratuiti ed aperti a tutta la popolazione, con lo scopo di garantire assistenza ostetrica e profilassi prenatale. I servizi prestati dall’ambulatorio pediatrico si estendevano fino ai 14 anni di età del bambino; i costi dei farmaci e delle visite specialistiche erano a carico dell’azienda. Appare opportuno ricordare anche gli importanti programmi di prevenzione, tra i quali la campagna di vaccinazione antipoliomielite del 1957. Inoltre, l’ALO prevedeva anche aiuti economici a sostegno delle giovani madri che, in seconda istanza, integrarono gli assegni familiari corrisposti dall’INPS.

Le politiche dell’Olivetti a favore dell’infanzia si esplicitarono anche attraverso la costruzione degli asili nido e delle scuole materne. L’asilo nido accoglieva i bambini dai 6 mesi ai 3 anni, mentre la scuola materna accoglieva i bambini dai 3 ai 6 anni.

L’aspetto innovativo dell’offerta formativa non riguardava solo la qualità del servizio e l’innovazione nella progettazione degli spazi educativi, ma anche il contesto pedagogico: “scopo dell’educazione non è di somministrare nozioni, ma piuttosto di offrire ai bambini la possibilità di un armonico sviluppo fisico, intellettuale ed emotivo in un ambiente tollerante e favorevole, cioè ricco di stimoli adeguati”.

L’asilo nido di Borgo Olivetti fu progettato tra il 1939 e il 1941 dagli architetti Luigi Figini e Gino Pollini. Presente già nel piano regolatore di Ivrea nel 1938, la scuola sorgeva nelle immediate vicinanze della fabbrica, della stazione ferroviaria e delle abitazioni volute nel 1926 da Camillo Olivetti.

Costruito in cemento armato e rivestito in diorite, l’edificio si sviluppava su un unico piano per garantire la sicurezza dei bambini attorno all’aula giardino, mentre la zona adibita ai giochi fu concepita come un corpo separato posto sulla collina soprastante, raggiungibile attraverso una rampa a partire dal cortile interno dell’asilo. Gli arredi furono progettati dall’Ufficio Tecnico della Olivetti, diretto dall’architetto Gian Antonio Bernasconi.

La scuola materna fu insediata a Villa Casana che, dopo essere stata sequestrata al Cavalier Vittorio Casana dall’esercito tedesco, fu acquistata dall’Olivetti nel 1952 che la ristrutturò e la adibì prima ad uffici, poi, a partire dal 1957, a scuola materna.

L’asilo di Canton Vesco fu l’esito di un progetto avviato nel 1954 dai progettisti Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl in collaborazione con l’azienda; la costruzione, avviata a partire dal 1960, si concluse nel 1964. Il progetto portò alla realizzazione di un complesso di edifici a pianta a forma di L, all’interno di una grande area verde, due dei quali destinati ad asilo, uno a servizi e amministrazione ed uno alla sezione nido, mai avviata.

A partire dagli anni Trenta, nel periodo estivo, i figli dei dipendenti dell’azienda potevano usufruire dei servizi offerti dalle colonie: un mese di soggiorno al mare, oppure in montagna. Il modello educativo, concordato con il CEMEA (Centres d’Entraìntement aux Méthodes de l’Education Active), prevedeva un’esperienza di vita collettiva ma anche di grande autonomia, in modo da stimolare ad esprimere la propria personalità. E per chi rimaneva ad Ivrea, l’azienda mise a disposizione anche una colonia diurna che nel periodo di chiusura delle scuole accoglieva i figli dei dipendenti dai 6 ai 14 anni.