Il Canavese conserva solamente due battisteri antichi: quello della chiesa plebana di Settimo Vittone, della diocesi di Ivrea, e quello di San Ponso, della diocesi di Torino. Il primo sorge quasi all’imbocco della Valle d’Aosta presso la strada romana che da Eporedia conduceva ad Augusta Praetoria e di qui ai valichi alpini. Anche il secondo è in posizione strategica, lungo un’importante via di comunicazione che, grazie al guado di Rivarotta, collegava il territorio eporediese con i valichi della Val di Susa.
L’antica chiesa plebana di Settimo Vittone, dedicata a San Lorenzo martire, risale al IX secolo. Un breve corridoio collega alla chiesa il battistero a pianta ottagonale. Al suo interno, ogni lato ha una nicchia rettangolare scavata nello spessore del muro; quella orientale, di forma quadrata, è più profonda e più larga. Al centro del battistero è il fonte battesimale a immersione, realizzato da un unico blocco di pietra. Sopra la volta a spicchi è stato innalzato (probabilmente nel XIII secolo) un campanile in laterizio di stile romanico.
Allo stesso periodo risale anche l’abside rettangolare con funzione di presbiterio. Tutti e tre i corpi di fabbrica – chiesa, battistero e corridoio – sono decorati con affreschi che datano dalla prima metà del XII secolo alla fine del ‘400. Tra di essi merita rilevare la scena delle Donne al sepolcro, eccellente dipinto del XV secolo attribuito ad Aimo Dux. Un recente intervento di scavo ha messo in evidenza un edificio battesimale precedente, la cui datazione è al momento oggetto di studio.
Il massiccio battistero di San Ponso, dalle forme irregolari, è parte di un complesso che riprende, in età preromanica (X–XI secolo), un edificio ancor più antico. Intitolata a un santo che subì il martirio nel territorio di Nizza, capitale della provincia romana delle Alpes Maritimae, la pieve potrebbe risalire all’età carolingia. Il battistero è a pianta ottagonale con lati di diversa lunghezza, sui quali si aprono otto absidi a sezione alternativamente rettangolari e semicircolari. La vasca battesimale è stata identificata sotto la nicchia opposta al portale d’ingresso, sulla quale è dipinto il battesimo di Gesù. All’interno del battistero è stata accertata l’esistenza di uno precedente, databile al V secolo, con fonte battesimale a immersione.
I battisteri delle chiese plebane dovevano riprodurre in scala minore quello della chiesa cattedrale. Di sicuro, la più antica cattedrale di Ivrea, costruita sui resti di un tempio romano nel V–VI secolo, possedeva un battistero; ma in seguito alle successive ricostruzioni – agli inizi del secolo XI per opera di Varmondo e alla fine del secolo XVIII in stile tardo barocco – l’antico battistero andò perduto. Di recente, però, i lavori dovuti alla sostituzione delle vecchie tubature del gas metano a sud est della cattedrale hanno portato alla luce alcune strutture murarie di quel primo battistero. Quanto alla cattedrale di Torino, l’antico battistero diventò una delle tre basiliche paleocristiane, al di sopra delle quali, agli inizi del ‘500, venne costruito il duomo attuale. Nell’abside di quella mediana, dedicata a San Giovanni, è stata individuata qualche traccia del primo battistero.
Possiamo tuttavia confrontare i nostri due battisteri con altri più o meno coevi. Quello della cattedrale di Novara risale ai primordi della Chiesa novarese (sec. V). Della vasca ottagonale, al centro del pavimento, rimangono i gradini della parte inferiore. Sulle volte ci sono affreschi del sec. XI con scene dell’Apocalisse, culminanti nel Giudizio universale. Il battistero di Biella, edificato all’inizio dell’XI secolo, è invece a pianta quadrata, con quattro nicchie o absidi circolari, ma presenta in elevazione un tamburo esternamente ottagonale.
Il più ragguardevole tra i battisteri antichi dell’Italia settentrionale è quello di Albenga, costruito tra il V e il VI secolo, che all’esterno pare decagonale, perché due angoli dell’ottagono sono smussati. Nei lati dell’ottagono si aprono nicchie quadrate e semicircolari. Quella centrale ospita uno splendido mosaico policromo della prima metà del VI secolo. Al centro della volta stellata è il chrismon, ossia il monogramma di Cristo, attorniato da dodici colombe bianche (gli Apostoli); nella lunetta sottostante, su un prato fiorito (il Paradiso), sono due agnelli bianchi ai lati di una croce gemmata.
Al centro del battistero è l’originaria vasca ottagonale. In due nicchie laterali sono conservati un fonte battesimale di epoca medioevale, sul quale s’intravede un affresco del Battesimo di Gesù, e un altro in marmo del XVI secolo. In genere, gli antichi battisteri erano edifici a pianta centrale, di solito ottagonale, che circondavano la vasca o “fonte” battesimale. Fino agli inizi del secondo millennio si praticava, infatti, il battesimo “per immersione”, al quale subentrò in seguito il gesto meno espressivo di un po’ di acqua versata sul capo del battezzando (battesimo “per aspersione”).
Sarebbe interessante sapere quali immagini comparivano originariamente nei nostri due battisteri. Benché si tratti di un dipinto tardivo, la scena del Battesimo di Gesù che abbiamo trovato a San Ponso appartiene all’iconografia classica. Esso compare, per esempio, nella cupola sia del battistero Neoniano sia di quello Ariano di Ravenna (fine del IV – inizio del V secolo). Suggestiva è anche la scena delle Donne al sepolcro, dipinta sulla parete del presbiterio della chiesa di San Lorenzo a Settimo Vittone.
Essa richiama da lontano un dipinto del più antico battistero conosciuto, quello della domus ecclesiae di Dura Europos, in Siria, datato all’anno 256-257, quando la città romana sull’Eufrate fu distrutta dai Persiani. Esso è attualmente conservato nella Galleria d’arte della Yale University. Si tratta della classica icona del mistero della Risurrezione, che veniva raffigurato o mediante la Discesa di Cristo agli Inferi (così nella basilica di S. Marco a Venezia), o aderendo al racconto evangelico della visita delle donne alla tomba di Gesù. Soltanto a partire dal sec. XV si prese a dipingere la scena del Risorto che esce dal sepolcro.