Foto generata con I.A.
La chiamano “comfort zone”, perché definirla “gabbia dorata” suonava troppo melodrammatico. Ma il concetto è lo stesso: uno spazio sicuro, protetto, dove tutto è familiare e prevedibile. Un posto in cui non succede mai niente di brutto, ma, a dirla tutta, nemmeno qualcosa di indimenticabile.
Jannik Sinner, con la schiettezza che lo contraddistingue, l’ha detto chiaramente dopo aver perso la finale degli US Open di tennis: “Se voglio tornare a vincere, devo uscire dalla mia comfort zone”. Una frase che vale molto più di una qualunque riflessione sportiva. E ci riguarda tutti, dal tennista, ormai ex numero uno del mondo, fino all’impiegato che ordina sempre la stessa pizza sempre il sabato sera.
La comfort zone ha indubbi vantaggi: è calda come un piumone invernale, rassicurante come la playlist che conosciamo a memoria, accogliente come il morbido divano dopo una giornata di lavoro. È il regno delle abitudini che, si sa, sono una carezza all’ansia. Lì dentro nessuno ci giudica, non rischiamo figuracce, non ci confrontiamo con l’ignoto. È un rifugio. Ma anche una trappola.
Perché restarci troppo a lungo equivale a vivere a metà. È come allenarsi sempre con avversari più scarsi: vinci, ma non migliori. È come parlare solo con chi la pensa come te: ti senti intelligente, ma stai solo specchiandoti. È come guardare per la decima volta la stessa serie: rassicurante, ma un tantino deprimente.
E così la comfort zone, da luogo di riposo, diventa anestesia. Ti tiene al caldo, ma ti ruba la scintilla. Ti fa sentire al sicuro, ma ti impedisce di scoprire di cosa sei davvero capace. È un po’ come l’acqua tiepida: piacevole, ma alla lunga insipida. Sinner l’ha capito: per vincere bisogna spingersi oltre, rischiare il colpo che può finire fuori, accettare di perdere per imparare a vincere meglio. Vale nello sport e anche nella vita.
Ricordiamoci! La comfort zone è il posto giusto per fermarsi un attimo a respirare. Ma se ci mettiamo radici, finiamo per non camminare più. Del resto persino il divano, dopo troppe ore, smette di essere comodo.