Immagine creata con I.A.

Il nuovo anno scolastico è iniziato, ma per alcuni giovani non è stato il ritorno atteso di libri nuovi e volti amici: è stata l’ansia di ritrovarsi di nuovo dentro dinamiche dolorose, quelle provocate dal bullismo, divenuto ormai una emergenza di cui abbiamo sempre trattato con meno peso di quello che meritava.

Vero, sin dalle Medie c’era il progetto sul bullismo, la lezione della Polizia postale, lo psicologo che veniva a parlare alle classi… ma erano sempre ore che, alla lunga, suonavano come obbligo civico da spuntare. Forse non vedevamo casi lampanti tra i nostri conoscenti, forse eravamo saturi dell’argomento: alla fine facevamo (relativamente) spallucce e quelle ore diventavano ore poco incisive.

Crescendo non siamo migliorati: non siamo diventati per forza carnefici, ma abbiamo scoperto la falla del sistema. Per qualunque iniziativa che doveva sembrare “sensibile” – una gara letteraria, un cortometraggio, un tema scolastico – bastava infilare il bullismo per essere favoriti e apparire virtuosi. Metti il bullismo e tutto diventa automaticamente apprezzabile.

È un giudizio che personalmente ho conservato: quando uscì in sala il film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, mi rifiutai di andare a vederlo perché mi pareva un ricalco, un format sterile in partenza, ma confezionato per prendersi applausi facili. Lo stesso qualche tempo prima accadde con “Wonder”, che vidi in sala come attività scolastica: la lezione mi rimase indigesta non per il film, ma per la sensazione che il tema fosse già sfruttato e banale. Latte alle ginocchia.

Eppure, quando succede una tragedia come tante di questi tempi, capisci che quelle ore e quei progetti non bastano, o peggio, forse non sono proprio serviti a nulla.

Forse allora avevamo ragione noi a sbadigliare davanti a lezioni vuote: se tutta quella retorica non ci rende oggi capaci di riconoscere chi è sull’orlo del baratro, vuol dire che non è servita a granché. È ancora più grave che gli adulti, che per anni hanno pontificato sull’argomento mentre avrebbero dovuto fare da esempio, non se ne siano accorti neppure loro, non abbiano visto segnali evidenti, non abbiano saputo fermare in tempo una spirale che stava trascinando ragazzi e ragazze nel baratro.