Le tragedie che mortificano quotidianamente la nostra coscienza, ci hanno fatto ricordare distrattamente l’anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.
Ma una fotografia del giugno 2001 mi impedisce la distratta dimenticanza. Scattata da mia moglie Luciana sulla Torre sud del World Trade Center, riprende nostra figlia Monica e la sua cara ex compagna di scuola ugandese Agnes, sorridenti e felici di essersi rincontrate.
Dopo tanti anni, difficili e dolorosi soprattutto per Agnes, vittima e protagonista della ribellione del nord Uganda, arrivata a New York per denunciare alle Nazioni Unite la violenza perpetrata contro tanti giovani costretti a diventare bambini soldato, nelle guerre e guerriglie dimenticate, allora come oggi.
Tre mesi dopo, quel fatidico martedì 11 settembre era una giornata bellissima. Monica si era alzata presto; iniziava il primo anno alla Fordham University, nel cuore di Manhattan, a pochi passi da Central Park. Salita sulla metro a Brooklyn, il treno si trovava sul Manhattan Bridge quando vide un “aereo entrare nelle torri”.
La metro non si fermò più fino a Columbus Circle Uptown. Scesa, corse in università, dove l’agitazione era estrema: “Siamo sotto attacco terroristico”. Cerca gli amici Paola e Dan, ci scrive una mail rassicurandoci, e insieme decidono di andare a casa di altri amici, Letizia e Marco. Per farlo devono camminare tanto verso Upper East Side, mentre tutta l’altra gente che fugge corre in senso contrario. La città che “non dorme mai” è avvolta dal silenzio, da un fumo acre e dalla puzza di bruciato.
Monica ricorda ancor oggi la serenità che l’aveva invasa in mezzo a quel pandemonio. Aveva visto la tragedia, aveva sperimentato la paura, ma non era sola. C’era qualcuno che l’aspettava in quell’appartamento sull’Upper East Side.
Non solo vi trovarono rifugio, ma anche la possibilità di iniziare ad affrontare un momento di dimensioni epocali, quasi come la distruzione del Tempio di Gerusalemme per il popolo d’Israele.
Innanzitutto con la preghiera e il Rosario, ma anche con la comune consapevolezza che tutto è segno e che “l’ultima definizione della realtà è che essa è positiva e la misericordia Dio è la più grande parola” anche di fronte alle espressioni più tragiche del Male. C’è bisogno di un’amicizia che aiuti a vedere le scintille di bene dentro alle tenebre della notte del Maligno.