(tempo stimato di lettura, 3 minuti)
(elisabetta acide) – L’attesa lettera pastorale (la prima di S.E.R. dalla sua recente nomina) di Mons. Daniele Salera alla diocesi eporediese è stata presentata nell’Assemblea Diocesana del 19 settembre 2025 a Ivrea.
Leggi qui il testo integrale della Lettera pastorale 2025 – 2026
Trentasei pagine dense di “passaggi” che chiariscono l’itinerario pensato e preparato per vivere l’anno pastorale 2025-2026 della Chiesa locale della Diocesi di Ivrea.
Mi piace percorrere la “lettura” da pag 21: il “Calendario Diocesano” e “Agenda pastorale” che a mio parere fornisce una “immagine” del cammino tracciato da Mons. Salera per la Diocesi e “racconta”, attraverso puntuali impegni ed incontri, l’azione di quei verbi presentati nel titolo: “Vivere e Annunciare”.
Verbi di azione e di movimento che mi pare chiedano da subito di “metterci in cammino” per “diventare ambasciatori di riconciliazione” attraverso la sinodalità, la missionarietà, la formazione, la preghiera.
Il “calendario” non è, a mio parere, una semplice “agenda” di impegni ed “eventi”, ma è la “traduzione” di quei momenti che sono descritti nelle pagine precedenti e che ci chiedono di avere “occhi nuovi”, di vivere le esperienze di preghiera, di ritiro, di condivisione, di approfondimenti per percorrere passi di cambiamento e conversione.
Una “appendice” che è impegno comune e comunitario per vivere la missione, la comunione, la partecipazione.
Mi piace soffermarmi sulla ricchezza delle opportunità “per tutti”, nessuno escluso, un “itinerario” di accompagnamento per la vita della Diocesi, un “orizzonte di senso” per sostenere i cammini delle parrocchie, dei movimenti, delle associazioni, di laici, sacerdoti, consacrati e consacrate, giovani, adulti, bambini, diaconi… tutte le varie componenti in tutte le loro espressioni.
Una proposta ricca e concreta per tutti, ampia e vivace, che voglio leggere come espressione di impegno ed unità della nostra Chiesa “in cammino”, capace di costruire vie di fraternità, di pace, di comunione, per imparare a “lasciarci riconciliare con Dio” e farci avvolgere dall’amore misericordioso di Dio per una vita riconciliata con Dio e con i fratelli.
Vedo in questa agenda, la concretezza e l’impegno di quei due verbi che compongono il titolo della lettera: “vivere e annunciare”.
Anche la scelta dell’immagine posta a copertina della Lettera di Mons. Salera, che raffigura la Maiestas Domini, Cristo in mandorla con accanto i simboli degli evangelisti e le immagini floreali poste sul retro della pubblicazione, presenti nel deambulatorio della Cattedrale di Ivrea, “racconta” il Mistero di Cristo Incarnato, quell’Amore “Via Verità e Vita”, “Riconciliatore che annuncia la riconciliazione” per l’uomo e per il mondo.
Amore incondizionato e generoso che è “modello” per ogni uomo ed espressione di quell’Amore che avvolge, coinvolge e travolge, in quella espressione, citata da Mons. Daniele a pag 2: “L’amore del Cristo infatti ci possiede” (cfr. 2Cor 5,14).
La lettera pastorale, lo ricordiamo, è diffusa dal III secolo, sul “modello” delle Lettere di San Paolo a Timoteo e Tito, e troverà una delle sue espressioni maggiori, nella logica moderna, con san Carlo Borromeo che: “ rinnoverà tale genere letterario e ne farà uno strumento rilevante di governo della diocesi, per introdurre riforme, istituire nuove forme di pietà, spiegare il significato di feste e devozioni, promuovere provvedimenti di natura sociale” (Lettere pastorali, D. Menozzi, Genova, Marietti, 1986).
Lettere pastorali che sono espressione del “volto” di una Chiesa in dialogo, di un “padre” che parla ai suoi “figli”, agli uomini ed alle donne “del tempo”, che traccia un “filo rosso” che crea trame ed orditi della vita e crea “legami” ed occasioni.
Una lettera che sollecita ogni comunità diocesana, ogni cristiano della Diocesi a riflettere, confrontarsi per ri-vedere la propria vita, i rapporti con gli altri,la vita della propria comunità, del territorio diocesano, dei rapporti con i “vicini” e i “lontani”, il proprio cammino di fede, le priorità, i conflitti… per “ri-partire” con “occhi nuovi” verso il futuro, con responsabilità, cuore convertito per ritrovare nuovi entusiasmi per annunciare con slancio missionario il Vangelo con uno “stile” rinnovato.
Una lettera, dunque con i “destinatari”: “a tutta la Diocesi” (pag 1) e un saluto con firma (pag 20) e in quelle pagine la richiesta di un “padre” in dialogo con i figli:
“Vivere e annunciare la riconciliazione”, con quello sguardo di chi ha “osservato”, ha fatto discernimento, si è “messo in ascolto di ciò che lo Spirito chiedeva alla Chiesa locale” (pag 1), per una “narrazione” che vuole essere “interpellazione” per “allargare lo sguardo” (pag 4) e provare a vivere quello “sguardo nuovo” sugli altri e sulle cose.
***
La lettera ha un primo “passaggio” ( prima sezione – pag 1-5) nel quale viene indicato quello che è il brano biblico di riferimento, la Parola di Dio che deve risuonare nella vita della Diocesi, una seconda parte (pag 5-12) dal titolo “Il cammino sinodale: un cammino per vivere la riconciliazione”;
una terza parte (pag 13-15) “La proposta vocazionale e di preghiera per la pace” e una quarta parte “Ai sacerdoti ed ai diaconi della Diocesi” (pag 15-20), seguita dalle azioni programmate.
La lettera pastorale, ci chiede di “vivere il tempo” del discernimento con gli occhi degli uomini riconciliati, per discernere, per vivere da cristiani capaci di annunciare il Vangelo con uno “stile” sinodale capace di vivere la gioia della Parola di Cristo.
Lo “sfondo” della lettera pastorale di Mons. Salera sono i documenti recenti, prezioso riferimento per il cammino delineato: Documento Finale XVI Assemblea Generale Ordinaria Sinodo dei Vescovi “Per una Chiesa sinodale:comunione, partecipazione, missione”, 26 ottobre 2024; Leone XIV, Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, 17 giugno 2025; Segreteria Generale del Sinodo,Tracce per la fase attuativa del Sinodo, 7 luglio 2025, che in realtà hanno uno “sfondo” ancora più ampio: i Documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Il “tema”, sottolineato nel titolo, è tratto da uno scritto di San Paolo, riportato nella sua versione CEI 2008 a pag 1 e 2 della Lettera Pastorale.
Si tratta del bellissimo testo di 2Cor 5, 14-21.
La seconda lettera ai cristiani di Corinto ci racconta di un apostolo appassionato che scrive a quella comunità del I secolo di circa 500.000 abitanti, con una economia ed una cultura importante, multiculturale e multietnica diremmo noi, crocevia di culture con uno “stile di vita” che porta a vivere “intimamente da pagani”, con una miriade di problemi e dubbi, con schegge di sapienza auto-sufficiente e orgogliosa… e Paolo è “rattristato”, “piange” e “parla”, diremmo noi, con “l’anima in mano” rivelando il suo mondo spirituale e sollecitando alla vita autentica e grande di Cristo.
Un brano “ricco” che è accompagnato da commenti esegetici profondi: Paolo vuole “ricomporre” i rapporti e dunque usa le parole della riconciliazione con Dio ed i fratelli.
“Lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor5,20b).
Dove in quel verbo, come sapientemente ricorda il Vescovo Daniele, l’imperativo ha il cammino del processo salvifico: gratuità e libertà.
La grande opera di riconciliazione di Dio attraverso Cristo, ci vede “ambasciatori”, ristorati e custoditi dalla croce di Cristo.
Paolo è spinto da un anelito di pace, definito da S.E.R. “legame originale e generativo” (pag 2) con quell’appello accorato: “L’amore del Cristo infatti ci possiede” (versetto 14 riportato a pag 2).
Paolo parla di sé, ma forse parla anche dei suoi collaboratori e usa quella espressione intensa, tradotta anche con altre espressioni (“ci costringe”, “ci spinge”, “ci avvolge”, “ci coinvolge”, “ci travolge”): la forza dell’amore di Cristo, la “motivazione” dell’annuncio.
Forse Mons. Salera vuole aiutarci a comprendere e vivere proprio questa “convinzione” e “motivazione” che è stata di San Paolo: la morte di Cristo è gesto di Amore assoluto e totale, incommensurabile ed inimmaginabile che dona “senso” ad ogni cosa.
Morte per amore che “spinge” a vivere e a guardare a quella morte come dono di salvezza e riconciliazione.
Una riconciliazione che si “prende cura”, che è “relazione”, che insegna a guardare con “gli occhi del Figlio”(pag 3).
E proprio su questo “sguardo nuovo”, il Vescovo Daniele, ci accompagna come un maestro paziente che “indica”, che fa “alzare lo sguardo” ed invita a pag 3-5 a “spostare” l’attenzione dall’ Io al Noi, dalle “mie ragioni”, agli altri “punti di vista”, per “lasciarsi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20b).
Disponetevi alla riconciliazione con Dio.
E per “crescere” occorre vivere nell’unità e “guarire” per “fare comunione”, edificare e costruire.
Sarà interessante partecipare alle proposte di S.E.R. per vivere insieme il cammino di approfondimento del testo nella sua portata salvifica.
Sarà importante riflettere sul passato e aprire strade di dialogo future: sarà possibile far dire alle comunità tutte la stessa dichiarazione dell’apostolo?
Se, come san Paolo, potessimo dire che l’amore di Cristo ci sprona, ci muove, ci motiva, ci fa esistere e camminare, accogliere, perdonare, curare, servire, accompagnare, vivremmo la bellezza e la gioia della riconciliazione come “spazio” della comunione.
La Chiesa è luogo di “confronto”, aperto e sincero. Non è un “chi ama la Chiesa non la critica”, ma proprio perché si “ama” e si “fa parte”, si “appartiene” al Popolo di Dio, la “correzione fraterna” (cfr. Mt), l’ascolto, il confronto, il dialogo, sono necessari.
Esattamente come la Chiesa del primo secolo fatta di santi e peccatori, proprio come oggi, come ci ricordano le lettere paoline e il libro degli Atti degli Apostoli, gli esempi di esortazione di Paolo, di Pietro, di Giacomo e Giovanni sono importanti perché si mostrano come essi si adoperavano per aiutare a “vedere” con “occhi nuovi” e in particolare ad aiutare a “vedere come la Chiesa è agli occhi di Dio”.
Mons. Salera invita ad “allargare lo sguardo” (pag 4) per guardare e vedere, osservare e assaporare il nostro “essere Chiesa”.
Il passaggio citato da S.E.R. a pag 5 tratto dalla lettera di Papa Leone XIV ai Vescovi della CEI (citato) è un invito importante: sviluppare la cultura del dialogo, dell’ascolto a tutti i livelli e con tutti i contesti, della “cura” delle parole e delle relazioni.
La “strada” della cura, dove il Vangelo di Cristo diventa vita, parole, azioni… dove la sequela diventa annuncio e missione perchè “vissuta”.
Vita riconciliata dunque “nuova” perché vissuta in comunione con Dio ed i fratelli.
E in questa “strada” saremo accompagnati tutti a “crescere” attraverso percorsi specifici e itinerari costruiti e programmati.
La lettera pone in evidenza l’innesto della “strada” diocesana con quella “della Chiesa universale”, segnata dal “cammino sinodale”.
Le pagine 5-12 della Lettera pastorale 2025 – 2026 sono un “concentrato” di passi della Chiesa – sinodo (definizione che ricordiamo è la “sintesi” di Giovanni Crisostomo, il quale non esitava a affermare alla fine del IV sec. che “Chiesa e Sinodo sono sinonimi”, indicando come “vocazione” specifica della Chiesa, proprio il suo significato etimologico: il cammino comune).
Sinodalità e Riconciliazione, allora, colgo dalla lettura delle pagine di S.E.R., sono il cammino della comunione.
I tratti di questa seconda sezione della lettera, delineano i sentieri delle nuove evangelizzazioni, i percorsi per uomini e donne “rinnovati” che vivono la vita personale e comunitaria sui solchi del Concilio Ecumenico Vaticano II e sulla riflessione ecclesiale successiva: l’impegno della missione del Popolo di Dio, ministri di sinodalità e di annuncio.
In modo chiaro e puntale, vengono esposti, alla luce del Documento Finale e delle Tracce (già citate), rischi ed opportunità del cammino, ma anche impegni e percorsi che a partire dalla Parola di Dio, passando attraverso stile e metodo, con l’ascolto dello Spirito Santo, guidano alla consapevolezza dell’appartenenza ecclesiale per “guarire insieme” da quelle possibili “derive” che forse fanno dimenticare che la vita di ogni cristiano ha un centro: Cristo.
Un invito alla riflessione profonda (facilitata anche dalla collocazione a pag 9 e 10 di elenchi puntati), dove la parola “insieme”, si affianca all’impegno dell’unità della relazionalità e della relazione, che educa alla vita cristiana “piena”.
La sollecitazione, mi pare di leggere in queste pagine, è un richiamo a “procedere verso il centro” con il coraggio della de-polarizzazione per una conversione personale e comunitaria che aiuta ad assumere gli “atteggiamenti di Gesù”.
Non possiamo essere chiesa sinodale se non ripartiamo dalla riconciliazione, da un nuovo modo di intendere la relazione: solo riconoscendo la “ferita” ( e il peccato è sempre ferita nelle relazioni con Dio e con i fratelli), possiamo trasformarla di “spazio nuovo di luce”.
Ricevere e donare il perdono è l’ “allacciarsi le scarpe” per riprendere il cammino sinodale, fatto di comune, di impegno, di annuncio, di partecipazione e di missione.
E come “ambasciatori di riconciliazione”, siamo anche “apprendisti di sinodalità”, per un cammino che non è a “schieramenti” uno contro l’altro, ma un cammino insieme, convocati, ognuno con le proprie “idee” e “ragioni”, ma disponibili all’ascolto ed alla “risonanza” per essere aperti allo Spirito che parla alla Chiesa.
Sinodalità, dunque, come pratica di rispetto e pratica di riconciliazione, non è “omologazione” o “rinuncia”, ma desiderio di essere “noi”, perché la relazione e la comunione è più importante delle idee, senza mai dimenticare che siamo “di Cristo”.
Leggo allora queste pagine come “profezia sinodale”, come impegno nella speranza, per una ri-conversione sotto l’azione dello Spirito Santo nella luce della Parola di Dio.
La sezione da pag 13 a pag 15 è dedicata alla riflessione della pastorale vocazione e all’importanza della pace.
Mons. Daniele accompagna con parole chiare alla necessità di vivere le proposte per un accompagnamento di scoperta del disegno di Dio nella propria vita, alla lettura della “pedagogia di Dio”, con un sincero anelito dell’impegno di tutti, sia nella preghiera che nelle azioni.
La riflessione è una presa di coscienza della responsabilità di ciascun adulto a “farsi carico” e “sostegno dell’arte pedagogica di suscitare domande ed interrogativi in ogni cuore, di comunicare le possibilità, di far emergere, anche attraverso racconti ed esperienze di vita, la ricchezza della vita donata, accompagnata della preghiera incessante e dalla carità come “motore” per comprendere che ogni esistenza è volta alla “gloria di Dio” e ciascuno è chiamato a vivere la disponibilità come missione a continuare la Sua opera di salvezza.
Leggendo le parole di queste pagine della lettera pastorale, ho ricordato quelle di Papa San Paolo VI
“L’uomo di oggi ha bisogno più di testimoni che di maestri”,
per una azione pastorale che parte dalla vita e dal quotidiano, per accompagnare nella risposta alla “chiamata”.
Delicatezza, discrezione, cura… per una Chiesa che sa offrire, in particolare ai giovani, esperienze di spiritualità e di proposta che aiutino la motivazione vocazionale.
“La pace sia con voi” (pag 14)…con le parole di Papa Leone XIV, il Vescovo Salera, invita ad una riflessione e preghiera di pace: essere “casa di pace” e adottare un più pacifico stile di vita.
Non è la “retorica della pace”, ma un accorato appello che nasce dall’impegno di adoperarsi concretamente tutti a essere quegli “operatori di pace” che Gesù chiede.
Essere “uomini e donne di pace” implica l’impegno agito del dialogo, dell’ascolto sincero, del perdono e dunque vivere concretamente la riconciliazione.
L’invito è dunque quello di pregare per la pace, vivere in pace, superare i conflitti a tutti i livelli, e (pag 15) vivere la radice profonda della pace e il suo ristabilimento.
E allora quelle parole di San Paolo sono un aiuto ed un sostegno: Dio prende l’iniziativa di togliere il male e il peccato dalla nostra vita, ci perdona e ci riconcilia e lo fa attraverso il Figlio Incarnato, inchiodato sulla croce che prende su di sé tutti i peccati dell’umanità, il male della storia ci salva e risorgendo dona la sua pace.
Croce come immagine della riconciliazione, promessa di misericodia, di perdono e di pace.
E a questo dono di riconciliazione e di pace deve corrispondere la nostra disponibilità a lasciarci riconciliare per comprendere appieno quelle parole: “In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori” di pace e di riconciliazione, per costruire nella vita quelle “case di pace” perché la conversione, il “ritorno a Dio” ed ai fratelli non è “utopia”, non è “realtà astratta”, ma è modo di vivere, di pensare e di scegliere ogni giorno.
La quarta sezione (pag 15-20) è dedicata “ai sacerdoti e diaconi della Diocesi”.
Importante questa “parte” a disposizione di tutti come indicato nell’incipit del paragrafo di pagina15.
Le parole di San Paolo diventano le parole del “ristoro”, come “occasione” e “forza”, “fiducia” e “abbandono”, per un continuo rinnovamento nella preghiera e nell’azione, per essere “ministri di una nuova alleanza, non della lettera, ma dello Spirito…che dà la vita” (2Cor 3,6).
Un incoraggiamento e una “cura” di padre verso i primi collaboratori, le parole della comunione e dell’accompagnamento, quelle della vita riconciliata e della sollecita premura.
Pagina 19 offre gli “elementi essenziali” e traccia un preciso itinerario di crescita, in linea con le parole di Papa Leone XIV, possibili e importanti grazie all’impegno di tutti per “costruire comunità” riconciliate, fraterne per essere vive presenze di giustizia, pace, riconciliazione.
La lettera pastorale è da “assaporare” e “meditare” come sollecito impegno per tutta la Chiesa eporediese perché questo anno pastorale sia davvero per tutti un anno di coscienza e ri-conoscenza del grande dono della riconciliazione che Dio fa attraverso il suo perdono e la sua misericordia.
Un cammino di pace e di speranza, vissuto insieme, alla luce di Cristo, con l’impegno e la disponibilità dei doni e dei carismi, per una Chiesa che percorre passi di speranza e di pace.