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Il 10 ottobre si celebrerà la Giornata Mondiale della Salute Mentale e sarà possibile avere l’opportunità di conoscere e confrontarsi con tanti specialisti presenti sul territorio. Ma a cosa serve uno specialista della salute mentale? Ci permette di affrontare solo disturbi che attengono alla psiche? Forse, per provare a superare una serie di pregiudizi nei confronti della salute mentale, possiamo fare riferimento ai diversi modi di affrontare una patologia “tradizionale”.

Proviamo a immaginare una persona cui viene diagnosticato un principio di diabete: come reagirà alla diagnosi? Metterà in atto misure utili a tenere bassi i livelli di glicemia nel sangue attraverso l’assunzione di farmaci? Deciderà di affiancare la terapia farmacologica con uno stile di vita più adatto al contrasto al diabete (dieta e attività fisica, per esempio)? Oppure si confronterà sul web con altri gruppi e altre persone che soffrono dello stesso problema, cercando di comprendere come hanno fatto a gestirla?

Questi non sono i soli modi di affrontare una malattia; c’è chi potrebbe chiudersi, isolarsi, rifiutare occasioni di incontro o chi potrebbe rifiutare l’idea di dover cambiare stile di vita. C’è chi fatica a prendere le medicine e decide di non ascoltare i segnali del proprio corpo e le indicazioni del medico. Chi potrebbe adottare comportamenti di rifiuto della malattia e spingersi verso il mantenimento o l’esagerazione del proprio stile di vita che invece avrebbe dovuto modificare lasciandosi andare al fatalismo che, la vita, a fronte di tante rinunce, non darebbe più soddisfazioni. Esempi che calzano anche quando si avesse a che fare con una patologia cardiaca o oncologica o a qualsivoglia altra malattia che richiedesse un cambiamento.

L’accettazione di una malattia e della conseguente necessità di un cambiamento di comportamento ha solo in parte a che fare con il corpo: è molto più legata al mondo interiore della persona, al modo in cui essa si descrive, pensa di sé e della propria vita, del posto che si attribuisce nella società e di quello che ritiene che il mondo debba o possa offrirle in termini di opportunità. È qualcosa di profondo, che ha bisogno di un ascolto specifico e di un dialogo capace di dipanare il dolore che si prova di fronte ad una “perdita”. Già! Perché a volte, una malattia – e vale anche per quelle mentali – chiede proprio di perdere qualcosa, fossero anche le cattive abitudini, a fronte dell’acquisizione o al mantenimento della buona salute.