Prosegue il pellegrinaggio interdiocesano dell’Oftal (Opera federativa trasporto ammalati a Lourdes) al santuario mariano di Lourdes.
Come sempre, la grande organizzazione fondata da Mons. Alessandro Rastelli nei primi Anni ’30 del ‘900, un’opera sociale ed ecclesiale veramente profetica, ha fatto le cose per bene ed anche in quest’ultimo pellegrinaggio a Massabielle dell’anno 2025, il Presidente generale, Mons. Gian Paolo Angelino ed i suoi collaboratori hanno realizzato un momento di fede e devozione mariana, vita in comune, solidarietà attiva, ascolto della Parola, condivisione dei Sacramenti, che resterà nei ricordi più belli dei pellegrini.
(Mons. Angelino con il Vescovo Daniele e Don Valerio)
Il pellegrinaggio a Lourdes si vive nella stupenda conca dei Pirenei, ma si ri-vive nella vita di ogni giorno, così bisognosa di grazie e doni spirituali, come l’esperienza lourdiana insegna ad impetrare per noi, le nostre famiglie, le nostre comunità: luoghi tutti bisognosi di pace, non meno che di misericordia.
Luoghi tutti – a incominciare dal nostro cuore – bisognosi di quella “guarigione” che talvolta si invera in prodigiose e miracolose liberazioni da malattie, dalle quali il malato è risanato in modo che la Scienza non riesce a spiegare.
Ma la guarigione decisiva per fare germogliare e crescere la pace nella nostra vita è la guarigione del nostro cuore.
Un cuore che deve modellarsi sull’esempio di Maria.
Ricercare e cercare di percorrere la “via mariana alla santità” è davvero quanto l’esperienza di Lourdes ci insegna.
L’esempio di Maria è un “tasto” sul quale Mons. Daniele Salera, Vescovo di Ivrea, ha insistito molto nella sua magistrale omelia dettata oggi, 15 ottobre, nel corso della Santa Messa internazionale che ha presieduto, presso la Basilica San Pio X, alla quale hanno preso parte tutti i pellegrini, di ogni provenienza oggi presenti a Lourdes, come è tradizione il mercoledì.
Il testo integrale dell’omelia è al termine di queste righe.
Al pellegrinaggio ha preso parte anche un bel gruppo (una quarantina) di pellegrini provenienti della Sottosezione Oftal di Chivasso (Chivasso è parte della Sezione di Vercelli) guidati dall’Assistente spirituale, Don Valerio D’Amico.
Ieri è stato il giorno della Via Crucis, un altro momento tra i più vividi nell’esperienza spirituale dei pellegrini.
Pellegrini che incontreremo ancora nel prossimo servizio.
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Intanto, ecco il testo integrale dell’omelia di Mons. Daniele Salera.
Carissimi pellegrini,
nella Bolla d’Indizione di questo Giubileo papa Francesco ha scritto:
“La speranza trova nella Madre di Dio la più alta testimone. […] Come ogni mamma, tutte le volte che guardava al Figlio pensava al suo futuro, e certamente nel cuore restavano scolpite quelle parole che Simeone le aveva rivolto nel tempio: «Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,34-35).
E ai piedi della croce, mentre vedeva Gesù innocente soffrire e morire, pur attraversata da un dolore straziante, ripeteva il suo “sì”, senza perdere la speranza e la fiducia nel Signore.
In tal modo ella cooperava per noi al compimento di quanto suo Figlio aveva detto, […] e nel travaglio di quel dolore offerto per amore diventava Madre nostra, Madre della speranza. […]
Nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare” (SNC 24). Come Maria ci insegna a sperare?
Come possiamo imparare da lei?
Anzitutto Ella ci mostra che la Parola di Dio va presa sul serio.
Tutti coloro che le hanno profetizzato quelle sofferenze che poi le sono arrivate attraverso la sofferenza del Figlio, l’hanno aiutata con le loro parole a prepararsi: la Parola di Dio nel tempo della prova è sempre luce per i nostri passi e traccia da seguire quando la strada è incerta o c’è molta nebbia.
Tanti cristiani perseguitati ci hanno sempre testimoniato che nell’oscurità del dolore e della sofferenza si sono aggrappati alla Parola e hanno trovato in essa àncora e conforto.
Se ci fidiamo del loro esempio e di quanto il Vangelo ci dice di Maria, faremo anche noi esperienza di una Parola che non capita a caso nelle nostre vite e che ci invita a non porre più la nostra sicurezza nei nostri pensieri o nelle esperienze del passato, ma nella libera adesione a quanto il Signore ci comunica.
In secondo luogo Maria ci insegna a sperare perché non reagisce subito nel momento della prova.
Ella ci mostra che per imparare a sperare è importante non reagire impulsivamente quando accade qualcosa che non ci aspettavamo: il Vangelo dice che “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19).
Bisogna piuttosto trattenere nel cuore la risonanza che quell’evento produce in noi e lasciarla filtrare dalla Parola ricevuta.
Solo quando l’evento incontra la Parola ricevuta diventa più chiaro e si è in grado di interpretarlo.
In questi casi come Maria è bene non allarmarsi, ma fidarsi, poiché non vi è veramente nulla che sia estraneo alla Divina Provvidenza.
Se consideriamo gli eventi di cui la Madre di Dio è stata resa partecipe, possiamo notare che quasi nulla – dal momento dell’Annunciazione – è stato comune o prevedibile per lei: la nascita a Betlemme, la solitudine di quel posto, la precarietà della mangiatoia, la fuga in Egitto, le parole di Simeone, la ricerca del Figlio rimasto a Gerusalemme fra i dottori del tempio.
Quando anche noi meditiamo nel Rosario in particolare i misteri gaudiosi possiamo così ricordarci che proprio quei misteri possono essere per noi il banco di scuola su cui impariamo la lezione della gestione mariana degli imprevisti.
Sì, i misteri gaudiosi ci insegnano a non reagire con ansia a tutto ciò che ci sorprende, perché nulla è estraneo al piano di salvezza che il Signore ha previsto per noi.
Possiamo così sentire Maria anche come Madre della Fiducia, fiducia che si realizza proprio quando manca la sicurezza, quella sicurezza che ci viene dall’abitudine all’ordinario, a ciò che nella vita diamo per scontato.
È grazie alla sua fiducia che noi impariamo a sperare e a non abbatterci. Caratteristica della speranza è la reattività, il reagire, il non abbattersi, non cedere alle profezie negative della nostra testa e dello scoraggiamento e aggrapparsi anche con rabbia alle profezie positive della Parola di Dio.
Ci fortifica la scelta di tenere strette le profezie poco evidenti della Parola e non fidarci delle profezie opprimenti della mente: questo è uno degli effetti che la speranza porta alla nostra umanità: sperare ci rafforza, ci tempra, ci toglie la parte “molle” del carattere invitandoci a reagire. Giunti quasi al termine di questo anno giubilare possiamo riconoscere che essere pellegrini nel Giubileo della speranza ci ha reso più forti, come chi decide di uscire di casa per non piangersi addosso ed uscendo cammina e camminando reagisce e reagendo vince la disperazione.
Quel matrimonio aveva le “carte in regola” per essere un fallimento, un brutto ricordo, ma tu Madre sei stata ferma nella tua decisione di affidare l’umano fallire alla potenza di tuo Figlio e quell’acqua è diventata vino, un vino mai assaporato prima.
Così è di chi si fida, di chi spera, perché nulla è impossibile a Dio.