Foto: Meugliano, piazza della Cappella, foto anni ‘30

Il saggista Leonardo Sciascia scriveva: “La Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio”. Su questa breve esternazione ci sarebbe molto da discutere, ma sta di fatto che nella nostra bella penisola ci fu sempre grande devozione e lo dimostra il fatto che ogni piccolo borgo possiede almeno un tempio che riconduce ognuno di noi a quella universale, divina istituzione che è la Chiesa universale.

Anche Meugliano, in Valchiusella, non fa eccezione, ma del primitivo edificio esistente tra il XVI e il XVII secolo, a noi giunge solo una scarna descrizione: “Essa è alquanto spartana, con un asse ligneo fungente da altare e senza volta” e ne attesta altresì l’esistenza un decreto del Vescovo di Ivrea Monsignor Giuseppe di Ceva del 1626 nel quale si ordina la costruzione di una nuova chiesa con la stessa intitolazione della precedente, di ragionevole capacità, sul medesimo sito: “Mandavit et præcepit Comunitati dicti loci ut infra sex menses proximos debeat refabricare cappellam in dicto loco et, ubi perfecta fuerit iussit denominare eodem titulo et invocazione qua denominabitur ab antiquo”.

Nel 1626 venne quindi eretta una nuova cappella, intitolata all’apostolo Bartolomeo, con ingresso rivolto verso ponente, per comodità della popolazione di Novareglia la quale contribuì alle spese di costruzione.

In questo edificio sacro si aprivano tre finestre di cui una a semicerchio, vi era un lampadario in ottone pendente dall’architrave e possedeva un altare in pietra lavorata, nonché una pala centrale raffigurante San Bartolomeo e due ancone effigianti una la Madonna col Bambino e San Giuseppe, l’altra San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio di Padova.

Sul lato della cappella, lungo la strada che univa il paese a Novareglia e a Vico, ma staccato da essa, nel 1767 venne costruita, ad opera del capomastro Giovanni Battista Marti-nallo, una sacrestia servente anche da sala delle riunioni per i municipi di Meugliano e Novareglia.

Fungeva da campanile un arco in pietra ubicato all’incirca dove nel 1894 fu piazzata la grande fontana che poi, una ventina di anni or sono, fu spostata più a sud.

La proposta di edificazione di un ulteriore nuovo tempio in sito più conveniente, avanzata dal meuglianese senatore avvocato Nicolao Gattino fu accettata dal Senato del Regno e dalla Curia Eporediese rispettivamente il 14 e il 21 marzo 1786.

Nella mozione il senatore Gattino proponeva di costruirla a sue totali spese purché fosse concesso a lui e ai suoi eredi di usarne la cripta come sepolcro e di porre un’iscrizione sulla facciata.
Non conosciamo i motivi per cui l’Amministrazione comunale approvò il tutto dopo un spropositato lasso temporale, ovvero il 16 giugno 1818.

Nello stesso anno prese il via la fabbrica del nuovo tempio di San Bartolomeo che si concluse due anni più tardi con la consacrazione definitiva della chiesa che tutt’oggi si erge sulla piazza centrale del paese.

Il nuovo tempio vide a breve, nel 1821, lo scoppiare dei sanguinosi moti rivoluzionari che non risparmiarono neppure quelle zone collinari.

Nel 1831 il figlio di Nicolao Gattino, avvocato Giuseppe Antonio, sempre con finanze proprie, fece decorare l’interno della chiesa e costruire l’adiacente, spaziosa sacrestia e l’alta torre campanaria.
Su una lapide in marmo nero, in sacrestia, a ricordo dell’edificazione della chiesa voluta dal padre sta scritto: “Hanc ædem divo Bartholomeo sacram ad popularum suorum commodum a fundamentis suo proprio erexit, ornavit Nicolaus Gattinus jurisperitus. MDCCCXX”.

Negli stessi anni egli dovette difendersi in giudizio dall’accusa, mossagli da alcuni compaesani, di appropriazione indebita dei materiali della preesistente cappella. La causa fu vinta dal Gattino. Il cappellano di Meugliano, nominato dal Vescovo di Ivrea era anche cappellano di casa Gattino e maestro elementare. La sua abitazione e le aule scolastiche erano ospitate in una casetta in pietra situata a monte della piazza di proprietà della famiglia stessa.

Tra i vari cappellani avvicendatisi ci giunge memoria di don Lorenzo Bogni da Lombardore che ebbe il titolo dal 1873 al 1899 e don Giuseppe Rivara da Rivarolo Canavese, l’ultimo maestro cappellano dal 1908 al 1968.

Don Rivara fu anche l’ultimo cappellano dalla famiglia Gattino, poi imparentatasi con i conti Ricardi di Netro, fino al 1925 con l’estinzione del casato, maestro di scuola fino al 1948 e il primo cappellano dell’erigenda succursale della Piccola Casa della Divina Provvidenza Cottolengo che operò a Meugliano dal 1963 al 2000.

L’architettura della cappella è baroccheggiante, presenta all’interno un’unica navata e ospita, nell’abside, una grande pala ovale raffigurante il martirio dell’apostolo Bartolomeo sotto la quale vi è in modesto ma pregevole coro ligneo e sui lati due enormi dipinti su tela effigianti l’assunzione della Beata Vergine Maria e la strage degli innocenti.

Di buona fattura sono i quadretti a rilievo della Via Crucis.
Sulla parete sud, sopra al confessionale, si trova un antico crocifisso racchiuso in un ovale in marmo. Sulla parete nord, invece, una scultura della Madonna trafitta.
Sui quattro lati della navata le statue dei Sacri cuori di Maria e Gesù, di San Giuseppe e di Sant’Antonio di Padova.
Il pregevole tabernacolo e la mensa furono offerti, in epoche diverse, dalla popolazione locale.
Il portale, la cui chiave pesa cinque ettogrammi, fu restaurato a più riprese. Le ultime risalgono al 1995 e al 2022 a spese della Pro Loco.

I muri perimetrali dell’edificio appartengono al Comune, in quanto la cappella era una proprietà dell’avvocato Nicolao Gattino che la lasciò in eredità all’allora Comune di Meugliano. Tale lascito è menzionato anche nel testamento dell’ultima discendente del casato, la contessa Flaminia Ricardi di Netro la quale spirò esattamente un secolo fa, il 27 ottobre 1925.
Tra i tanti ricordi, quello dell’arrivo della Madonna del Monte Stella durante la Peregrinatio Mariæ del 1948, la quale fu accolta nella piazza sotto una pioggia scrosciante e poi condotta in chiesa, dove l’arciprete di Vico don Pietro Aimino presiedette la funzione liturgica.

Tra i pochissimi meuglianesi, si pensi che la popolazione residente non supera le cinquanta unità, era ancora viva, fino a pochi anni fa, l’espressione “Andar a la capela” per indicare che ci si recava in piazza.

Oggi la cappella domina ancora la piazza ed è simbolo del paese, di una piccolissima comunità che sempre gira attorno al suo bel tempio.