(elisabetta acide) – Forse la definizione “mistico nella storia contemporanea” rende bene l’ idea per “raccontare” “San John Henry Newman”, proclamato “Dottore della Chiesa” da Papa Leone XIV il giorno 1 novembre, solennità di “tutti i Santi”
(qui la cronaca della giornata di ieri, da Vatican News, con, integrale, l’omelia del Santo Padre).
Il Santo, proclamato proprio in occasione del “Giubileo del mondo educativo”, ha saputo essere “profeta” in un contesto di difficoltà di pensiero, con mente lucida e “illuminata”.
Significativa dunque, la scelta del Pontefice: “Dottore della Chiesa”, in virtù della sua “vita santa e illuminata”, da quella “intelligenza” che ha saputo rendere “chiara” e “presente” la “dottrina”.
Abbiamo chiesto a Mons. Edoardo Aldo Cerrato, Vescovo Emerito di Ivrea, già Procuratore Generale della Confederazione Oratoriana dal 1994 al 2012, anno della nomina episcopale a Ivrea, di ricordare alcuni passaggi della vita e del pensiero del Cardinale fondatore della Congregazione di San Filippo Neri in Gran Bretagna.
Un particolare ringraziamento a mons. Edoardo per i suoi insegnamenti, le chiare e precise parole che sanno farci apprezzare l’ eredità del santo e dottore della Chiesa, co-Patrono della missione educativa delle Chiesa, che ogni educatore dovrebbe conoscere e il cui pensiero dovrebbe essere approfondito.

Ma ecco l’intervista a Mons. Cerrato.
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Eccellenza, Lei appartiene alla Famiglia Oratoriana di cui fu parte san John Henry Newman (1801-1890), che il 1° novembre Papa Leone XIV ha solennemente proclamato “dottore della Chiesa Universale”, e Co-patrono dell’educazione cattolica. Ci può dire qualcosa di lui?
“Sono molti che in questi giorni me lo hanno chiesto, ma per il sito on line del settimanale della Diocesi di cui sono emerito lo faccio ancor più volentieri.
“Dottore della Chiesa” (sono 38 con Newman ad essere stati riconosciuti tali, scelti in varie epoche di venti Secoli è un titolo con cui la Chiesa riconosce l’autorevolezza di un uomo, di una donna insigni per santità e per eminente dottrina testimoniata nei loro scritti.
Di questo grande figlio di san Filippo Neri si può dire in estrema sintesi: fu un uomo, uno studioso, un sacerdote, un cardinale che ha cercato instancabilmente la verità, tra “ombre e apparenze”, per mezzo della ragione e del cuore, e, dopo averla incontrata, la testimoniò, con coraggio, a qualunque prezzo, nelle sue opere e con la sua vita”.
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Newman non nacque cattolico…
“Nell’Apologia pro vita sua scrisse che la sua conversione dalla Comunione Anglicana alla Chiesa Cattolica fu “come entrare in porto dopo essere stato nel mare in burrasca”; un viaggio guidato da un faro – la divina Provvidenza – che lo condusse, a 44 anni, ad entrare in quel porto.
Merita delineare, sia pure il breve, i passi principali.
Diventato fellow nell’Oriel College di Oxford a 21 anni, a contatto con membri di quella prestigiosa comunità accademica gradualmente abbandonò la maniera calvinista di pensare, assimilata dalle sue letture al tempo della “prima conversione” (1816).
Nello studio serio dei Padri della Chiesa comprese l’importanza della successione apostolica, la valenza della Tradizione, il principio dogmatico.
Scrisse: “Alla Chiesa anglicana, così divisa e minacciata, così inconsapevole della sua vera forza, io paragonavo quella potenza fresca e vigorosa che avevo riscontrato nella Chiesa dei primi secoli. Nel suo zelo trionfante per quel mistero fontale riconoscevo l’andatura della mia madre spirituale.
Sentivo affetto per la mia Chiesa, ma non tenerezza… Quanto ad abbandonarla, l’idea non mi passò mai per la mente; ero però consapevole che esisteva la Chiesa cattolica e apostolica, fondata fin dall’inizio”.
Il 1833 fu l’anno del viaggio nel Mediterraneo, durante il quale Newman compose “Lead, Kindly Light”: “Guidami Tu, Luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii Tu a condurmi! La notte è oscura e sono lontano da casa, sii Tu a condurmi! Sostieni i miei piedi vacillanti!”.
Tornò in Inghilterra con un forte presentimento: “Ho un lavoro da compiere in Inghilterra”. Nasceva il “Movimento di Oxford”, con il precipuo obiettivo di indicare alla Chiesa anglicana la salvezza dal liberalismo antidogmatico.
Nel 1839 inizio uno studio sistematico sui monofisiti. “Qui, nel mezzo del V secolo – scrive – trovai rispecchiata la cristianità dei secoli XVI e XIX”.
Già lo aveva scoperto nella storia degli ariani: “Vidi chiaramente che i puri ariani erano i protestanti, i semi-ariani erano gli anglicani, e che Roma era adesso ciò che era allora”. “Man mano che progredivo, le mie difficoltà scomparivano. Risolvetti di chiedere di essere ammesso nella Chiesa cattolica”.
Il 9 ottobre 1845 fu accolto in quella Chiesa che aveva riconosciuto come “l’unico ovile di Cristo”.
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Come visse Newman la sua appartenenza all’Oratorio filippino?
“Il compito del nostro Istituto è di parlare al cuore” diceva uno dei primi e più cari discepoli di S. Filippo Neri, il card. Tarugi.
E il motto “Cor ad cor loquitur”, scelto da Newman per il suo stemma cardinalizio, è tratto dagli scritti di san Francesco di Sales, amico degli Oratoriani della prima generazione e fondatore egli stesso dell’Oratorio di Thonon nel Ducato Sabaudo.
Una chiamata all’incontro personale con Dio in Cristo; un incontro che sfocia nel rapporto personale con gli uomini… I testi di Newman sull’Oratorio mostrano chiaramente quanto la vocazione oratoriana abbia segnato la sua vita e la sua opera, e quanto profonda sia stata la sua appartenenza all’Oratorio di Padre Filippo. «Amo un vecchio dal dolce aspetto, – scrisse Newman in riferimento a san Filippo – lo ravviso nel suo pronto sorriso, nell’occhio acuto e profondo, nella parola che infiamma uscendo dal suo labbro quando non è rapito in estasi…». Filippo Neri è colto da Newman nella sua originalità di “vir prisci temporis”, uomo del tempo antico, nel quale rivive la “forma primitiva del cristianesimo”, caratterizzata dalla semplicità e dalla spontaneità, espressioni privilegiate della carità cristiana: «Dodici preti – dirà Newman ancora nel 1878, alla vigilia del cardinalato – che lavorano insieme: ecco ciò che desidero. Un Oratorio è una famiglia e una casa; ciò che mantiene l’armonia comune è la delicatezza e la reciproca sollecitudine, la deferenza e la gentilezza, il mutuo apprezzamento, la conoscenza del modo di essere degli altri…». Nell’Oratorio egli apprezzava il fatto che – lo scrive in una lettera – «non si cerca di creare uomini identici tra loro» e che «lo spirito di san Filippo ammette persone dalla mente e dalle inclinazioni diverse». Da qui l’esortazione: «Non vi spogliate delle qualità che Dio vi ha dato, ma perfezionatele per il suo servizio». Newman fu oratoriano con la profondità che caratterizzò ogni scelta della sua vita ed ogni opera intrapresa. E lo fu fino alla fine dei suoi giorni, anche rivestito della Porpora romana di cui Leone XIII lo volle onorare. Giunto a Roma per il Concistoro del 1879, scriveva al suo vescovo: «Il Santo Padre mi ha accolto molto affettuosamente […]. Mi ha chiesto: “Intende continuare a guidare la Casa di Birmingham?”. Risposi: “Dipende dal Santo Padre”. Egli riprese: “Bene. Desidero che continuiate a dirigerla”, e parlò a lungo di questo»…
È la testimonianza che il Papa aveva perfettamente colto ciò che l’Oratorio significava per Newman, il quale gli aveva detto: «Da trent’anni sono vissuto nell’Oratorio, nella pace e nella felicità. Vorrei pregare Vostra Santità di non togliermi a san Filippo, mio padre e patrono, e di lasciarmi morire là dove sono vissuto così a lungo». Continuò a vivere a Birmingham la sua vita di figlio di san Filippo, intimamente sereno, con un’intensa attività pastorale in ogni ambiente, anche nei più poveri, con uno stile semplice e limpido; immerso nel tempo e teso all’eternità. –
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Un elemento che desidera sottolineare della missione di Newman a servizio della Chiesa…
Nel ricevere da Leone XIII la Porpora cardinalizia, Newman dirà: “Per trenta, quaranta, cinquanta anni ho resistito, con tutte le mie forze, allo spirito del liberalismo religioso, e mai la Chiesa ebbe come oggi più urgentemente bisogno di oppositori contro di esso, mentre, ahimè, questo errore si stende come una rete su tutta la terra”. E precisò cosa dovesse intendersi per “liberalismo religioso”: “La dottrina secondo la quale qualsiasi credo è buono come qualunque altro; e le religioni sono tutte materia di opinione. Si può andare nelle chiese protestanti e in quelle cattoliche; si può ristorare lo spirito in ambedue e non appartenere a nessuna”.


