Gli atti di violenza recentemente accaduti a Moncalieri, dove un ragazzino di 15 anni è stato per ore sequestrato da tre coetanei, sono l’ennesimo episodio che ci lascia interdetti e sgomenti. Interdetti perché di bullismo si parla costantemente eppure, non è cambiato nulla; si fanno dibattiti sulla violenza dei giovani, sui fenomeni di baby gang, eppure non è cambiato nulla.

Non è cambiato nulla, se un compagno di classe, già noto alle forze dell’ordine per altri atti vandalici commessi con i suoi “amici”, gli stessi che parteciperanno alla violenza di gruppo, può invitare un giovane più fragile ad una festa inesistente; non è cambiato nulla se tre famiglie, che hanno avuto i figli denunciati per atti di vandalismo, permettono ai ragazzi minorenni di continuare a frequentarsi, stare fuori tutta la notte e di accedere ad un appartamento in cui non è presente nessuno.

Non è cambiato nulla se ci rendiamo conto di quello che è accaduto, solo dopo l’ennesimo episodio di violenza; non è cambiato nulla se si continua a far rimbalzare la responsabilità tra scuola, famiglia, forze dell’ordine e chi ne ha più ne metta.

Non cambia e non cambierà nulla se si cercano risposte giustizialiste, se si inaspriscono le pene ma non ci si rende conto che quanto fatto finora, per contrastare i fenomeni di devianza giovanile, non hanno portato ad alcuna conseguenza, alcun cambiamento.

Se le parole e gli interventi messi in atto dalla scuola non hanno portato un cambiamento, allora non sono servite a nulla, non hanno centrato l’obiettivo, non bastano e vanno cambiati. Se le misure educative delle famiglie hanno comunque permesso di fare del male, allora non sono servite a nulla e non hanno cambiato nulla. Non hanno generato consapevolezza, alternative, percorsi virtuosi.

Chissà se stavolta serviranno le discussioni in classe, le prese di posizione; chissà se il prossimo 7 febbraio, sarà l’ennesima giornata contro il bullismo da vivere come un impegno verso cui non crede nessuno o se sarà costruita dall’intera comunità e sarà partecipata da tutti perché a tutti si chiede un cambiamento.

Chissà se in ogni Comune troveranno posto tavoli di confronto in cui giovani, adulti, istituzioni per mettere in atto protocolli di intesa, accordi e corridoi di aiuto, anche come forma di prevenzione. Chissà se si ripenserà a quei giovani che subiscono in silenzio, che hanno paura di denunciare, che si vergognano di quello che hanno subito e che hanno bisogno di tutto l’aiuto che ancora oggi, non si è stati capaci di dare. Perché, continuando come fatto finora, non cambierà mai nulla.