Il 22 Settembre 1980 l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato di Roma emise una nuova serie di francobolli destinati alla posta ordinaria e con un soggetto tematico assai fortunato: i “Castelli d’Italia”.

Fu la prima emissione, comprensiva di ventisette valori (ventiquattro della serie principale e tre di formato più piccolo), sullo stesso tema, con una struttura analoga e dalla tiratura indefinita, rimasta in vigore fino al 1998 (quando fu sostituita da un’altra serie tematica, “La donna dell’arte”) ma tuttora in corso di validità.

La serie fu ideata per sostituire una anteriore, la celebre “Italia turrita”, inaugurata nel 1953 e rimasta operativa per quasi trent’anni, appunto fino all’inizio del 1980 (è conosciuta anche come “Serie Siracusana”, giacché il disegnatore Vittorio Grassi aveva raffigurato l’Italia con il profilo di una donna crinigera e coronata da torre, ispirandosi a una moneta siracusana di epoca romana).

Il pittore Egidio Vangelli fu l’ispiratore dei “Castelli d’Italia” e coinvolse diversi artisti per la confezione delle incisioni: lo stesso Vangelli fu autore di quelle che riproducono la Rocca di Calascio (valore di 50 Lire), il Castello di Isola Capo Rizzuto (90 Lire) e il Castello Aragonese di Ischia (100 Lire); altre incisioni si devono ai pittori Tommaso Mele, Eros Donnini, Pietro Nicolò Arghittu, Francesco Borrelli, Giuseppe Verdelocco e l’allora giovanissima Maria Maddalena Tuccelli (autrice del disegno del Castello di Bosa, sul bollo di 450 Lire).

Il valore più basso della serie del 1980 corrispondeva a un bollo di 5 Lire, raffigurante il Castel Sant’Angelo di Roma; il più alto, di 1000 Lire, offriva un disegno del Castello di Montagnana; in quello di 700 Lire campeggiava il Castello di Ivrea, realizzato a partire da un’incisione del Maestro Francesco Tulli, unico suo contributo a questa serie.

Ogni francobollo ha dimensioni di 25×30 mm (tranne quelli di formato più piccolo, che misurano 20×24 mm e presentano la dentellatura soltanto in verticale) e ospita un rettangolo monocromo in cui è inscritto un cerchio; all’interno del cerchio è la raffigurazione del castello, separata dal rettangolo da una piccola fascia circolare lasciata in bianco. Nel margine superiore sono la didascalia relativa al soggetto, disposta su due righe, e il valore tariffario; nella parte inferiore del rettangolo l’indicazione “Italia” in maiuscolo e nel margine inferiore la sigla “I.P.Z.S. Roma” (a sinistra) e il nome dell’incisore del soggetto (a destra).

Fino all’anno 2010, il bollo di 700 Lire della serie “Castelli d’Italia” fu l’unica carta-valore di tutte le emissioni italiane a menzionare il nome della città di Ivrea. Il 20 Febbraio 2011, infatti, all’interno della serie “Folclore Italiano” fu emesso un altro francobollo ordinario, dedicato al Carnevale di Ivrea, su disegno di Tiziana Trinca (con dimensioni 30×51 mm e valore di 0,60 Euro).

Il Castello d’Ivrea, inoltre, fu l’unico castello piemontese a comparire nella serie dei manieri italiani, accrescendo così l’interesse per il soggetto e per le modalità con cui è raffigurato. In questo francobollo il Castello appare di scorcio, in maniera tale che al centro del disegno sia collocata una delle torri merlate, che occupa quasi interamente il diametro verticale del cerchio.

L’incisore dovette ispirarsi a una veduta (forse un’incisione, una fotografia o un’antica cartolina postale) il cui punto di vista corrisponde all’elevato del Palazzo Vescovile, sul lato est di Piazza Castello. Soltanto da quella posizione, infatti, è possibile osservare il Castello con la torre merlata del lato meridionale al centro.

La realizzazione della serie obbediva del resto a un’idea molto semplice: definire un’angolazione privilegiata per una veduta, completa o parziale, di un monumento architettonico italiano che formasse parte dell’ampia categoria dei castelli (vale a dire, edificazioni fortificate risalenti al Medioevo o all’Età Moderna), senza alcun discrimine stilistico. Per questo abbondano nella serie le raffigurazioni di torri e maschi, ma sulla base di un’accurata distribuzione geografica, affinché tutte le parti della penisola risultassero adeguatamente rappresentate.

In base a questi requisiti, la scelta per il Piemonte dovette quasi necessariamente cadere sul “castello dalle rosse torri”, molto noto in ambito nazionale grazie a Giosuè Carducci, che a Ivrea aveva dedicato la sesta quartina di Piemonte: “Ivrea la bella che le rosse torri | specchia sognando a la cerulea Dora | nel largo seno, fosca intorno è l’ombra | di re Arduino” (vv. 21-24).

Il poema celebrativo della regione dei Savoia e delle sue città fu scritto nell’estate del 1890 e poi ripubblicato nella tardiva raccolta Rime e ritmi, edita da Zanichelli (Bologna 1899). Nell’immaginario nazionale di fine Ottocento, pertanto, Ivrea si identificava con l’abbinamento del suo fiume e delle torri del suo castello (sebbene, con buona pace del Poeta, le seconde non possano specchiarsi nel primo), unitamente al trucibaldo personaggio di Arduino.

Quest’ultimo, però, non ha nulla a che vedere con la storia del Castello, edificato a partire dal 1358 per volontà di Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde, che ne affidò la costruzione all’architetto Ambrogio Cagnon; la fabbrica si protrasse per alcuni decenni, terminando i lavori soltanto verso il 1395.

Non è escluso che Fran-cesco Tulli, il pittore e incisore incaricato del disegno del Castello di Ivrea per il francobollo di 700 Lire, si fosse ispirato a una fotografia recente per realizzare la sua opera, disponibile su qualche repertorio di castelli italiani oppure in un libro illustrato sui monumenti del Piemonte.

Tuttavia, siccome il committente era l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, è plausibile che il modello provenisse da una fonte di tipo istituzionale, canalizzata attraverso gli organi dello Stato. Visto che la ricerca deve orientarsi su raffigurazioni del Castello immortalato da est, acquisisce un valore particolare il lavoro del fotografo Vittorio Ecclesia (1848-1928): nel 1882 la Commissione Con-servatrice dei Monumenti di Antichità e d’Arte della Provincia di Torino lo incaricò di realizzare un servizio fotografico, limitatamente al territorio di Ivrea e Aosta.

L’elenco dei soggetti e dei loro dettagli fu deciso dalla Commissione conservatrice e dal membro incaricato di assistere il fotografo; tra di essi figura anche il Castello di Ivrea, inquadrato dal lato est della Piazza, ossia dalla stessa angolazione in cui lo osserva anche Tulli per il francobollo emesso quasi cento anni più tardi.

La fotografia originale di Ecclesia è oggi conservata presso la Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio del Piemonte (con sede a Torino, Palazzo Chiablese; codice di Catalogo Nazionale 0100262191A-26), unitamente a più di cinquanta positivi all’albumina, tutti risalenti all’incarico del 1882. Da quella antica fotografia si ricavarono però anche altri disegni, incisioni e stampe popolari, come dimostra la xilografia presente nel libro del benemerito pubblicista e lessicografo Palmiro Premoli (1856-1917), L’Italia geografica illustrata adorna di finissime incisioni corredata dalle carte geografiche delle regioni (due volumi pubblicati da Sanzogno, Milano 1891, più volte ristampati), che certamente contribuì alla diffusione nazionale dell’immagine del Castello di Ivrea dal peculiare punto di vista del lato orientale della piazza.

In ogni caso, l’incisione di Tulli dimostra di essere fedele all’impostazione fotografica di Ecclesia (o ad altra assai simile), poiché conserva dettagli della situazione architettonica delle adiacenze del Castello tipiche della fine dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento, in particolare per l’ampio fabbricato che occupa lo spazio antistante la facciata (alla riproduzione della cui copertura è dedicato, nell’economia del francobollo, un certo spazio).

Francesco Tulli era nato a Roma il 9 Ottobre 1932 e si era diplomato presso l’Accademia di Belle Arti della capitale, specializzandosi in disegno, pittura e acquaforte: ogni collezionista lo conosce per il gran numero di francobolli, erinnofili, biglietti delle lotterie e stampe calcografiche che firmò per le emissioni del Vaticano e, soprattutto, per l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (istituzione per cui lavorò tra il 1952 e il 1998).

Nel 1987 vinse il premio Bolaffi “Cavallino d’oro” per le incisioni della serie “Piazze d’Italia”, altra fortunata iniziativa di diffusione del paesaggio artistico italiano attraverso i francobolli della posta ordinaria. Tulli morì a Roma il 19 Giugno 2022; a questo artista dalla notevole raffinatezza e capacità allusiva si deve certamente la popolarità del Castello di Ivrea negli ultimi vent’anni del Novecento.