Scrivo dall’Uganda, dove sono venuto per ricordare Fratel Elio Croce a cinque anni dalla sua scomparsa, avvenuta l’11 novembre 2020 a causa del Covid19 (anche il Corriere della Sera pubblicò la sua foto tra i tanti “caduti” della pandemia).
Per la povera gente, per i malati, per gli abbandonati, per i rifiutati, in quella terra del Nord Uganda, benedetta da Dio e maledetta dagli uo-mini, lui era l’amico fedele. Con la sua Land Cruiser era il primo ad arrivare nei campi di battaglia per soccorrere i feriti da medicare e salvare e per raccogliere i morti da seppellire. Non c’era villaggio nella terra degli Acholi che non avesse visitato alla ricerca dei bambini speciali che avevano bisogno di accoglienza e cura per le loro disabilità. Gli ospedali erano la sua casa: dal St. Joseph’s di Kitgum al St. Mary’s Lacor di Gulu. “Curava” macchinari e costruiva reparti e scuole. Genio della manutenzione, riusciva a riparare l’irreparabile.
Soprattutto, combatteva il male con il bene. Aveva affrontato epidemie mortali come Ebola e feroci guerriglieri lo rispettavano per il suo coraggio. Lui amava tutti con la carità che Dio gli aveva regalato in abbondanza. Le sue ginocchia erano callose come le sue mani. Gli occhi dolci e profondi, il corpo forte come le sue Dolomiti.
“[…] santi e capaci. L’uno senza dell’altro val poco per chi batte la carriera apostolica. Il missionario e la missionaria non possono andar soli in paradiso. Soli andranno all’inferno. Il missionario e la missionaria devono andare in paradiso accompagnati dalle anime salvate”. (San Daniele Comboni, Scritti 6655)
“Per noi fratel Elio è un eroe – ci ripete John Baptist Odama, arcivescovo emerito di Gulu –. La sua eredità di dedizione al dovere, di carità verso i poveri, i malati e i più svantaggiati nella nostra comunità, rimarrà sempre fonte di ispirazione e ammirazione. Per questo fratel Elio Croce merita di essere ricordato da noi come martire della carità dei nostri tempi, nella nostra chiesa di Gulu: Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore”.
La sua opera continua: Elio sapeva bene che non era sua e l’affidava ogni giorno. Il tuo sguardo sincero e profondo non lo dimenticheremo mai. A Dio!


