(Elisabetta Acide)  – Ancora una volta la piccola ma intraprendente comunità di Borgo Revel, si è dimostrata capace di coniugare catechesi e vita comunitaria, in quel cammino sinodale per il quale tanto si è “spesa” in questi anni e per il quale tanto ancora occorre fare.

E un altro musical, seppur in dimensioni “ridotte”, è andato in scena, con l’ intento di “raccontare” il Natale, quello dei Vangeli e quello delle “luci”.

Nuovamente una “produzione originale” interamente scritta e messa in scena dai parrocchiani ed amici che in questi mesi si sono ritrovati per condividere il cammino comunitario.

La “novità” di questa terza edizione del musical, però, sono stati i bambini, o meglio, l’ integrazione delle attività di preparazione all’ attesa della S Messa della notte, con i laboratori di catechesi, che hanno visto coinvolti i 24 bambini con le catechiste, gli adulti, i parrocchiani che hanno collaborato ai laboratori e tutti coloro che hanno voluto “fare comunità” in questo cammino pastorale.

Programmato dal Consiglio Pastorale Parrocchiale, l’ idea, voleva essere un momento di riflessione intorno alla solennità della cristianità, ma anche occasione di catechesi evangelica sui racconti di san Luca e san Matteo.

E la “parola” è stata data ad asino e bue, nel ricordo di quella tradizione biblica che san Luca definisce “alloggio” (katályma), uno spazio annesso alla casa dove si ospitavano anche gli animali nelle notti fredde.

Uno spazio  ricavato nella roccia, con un tetto di legno e paglia, dove non era raro il fatto che vi dormissero anche persone.

Non sappiamo se a Betlemme quella notte ci fossero asino e bue, gli evangelisti non lo narrano, ma sappiamo di numerose citazioni bibliche in cui si parla di loro (cfr. Gb 6,5; Is 1,3; Dt 22,4) e del significato di cui se ne è narrato anche teologicamente nel corso del tempo.

Sappiamo che sicuramente vi erano angeli e pastori e poco distanti, il presidio romano per il censimento di Cesare  Augusto … e quella “mangiatoia” (fátne) nella quale viene adagiato il neonato Gesù.

E il racconto di quella “città  di Davide”, come la denomina san Luca (2,4), accompagna la narrazione che vuole essere il “racconto del Natale” nel suo significato: Dio ha visitato il suo popolo, il Dio con noi, il Verbo Incarnato, ha portato nel mondo la Luce e la Pace.

Il racconto però non si ferma… apre per gli spettatori e per gli attori una profonda riflessione: Dio sì è Incarnato e noi lo abbiamo “incartato” nei nostri pacchi regali scintillanti, nelle nostre decorazioni luccicanti, sulle nostre tavole imbandite per i cenoni ed i pranzi … per la corsa sfrenata al divertimento … perché il “Natale è bello”.

Il Natale è avere Cristo nel cuore del mondo: “fare di Cristo il cuore del mondo”.

Non “incartarlo”, ma “incastrarlo” (l’espressione non è bellissima ma rende bene) nelle nostre vite di cristiani, non per “festeggiare” ma per amare quel Dio che si fa carne per donarci la sua carne, che si fa uomo per aiutarci a scoprire la nostra umanità, che si fa vita per accompagnarci nella vera vita, quella senza fine …

“Dove vai a Natale?”

In montagna, a sciare, al mare, in un paese tropicale, dai Miei suoceri, in famiglia, al ristorante …

Magari a Messa?

E ancora quelle parole su quel palcoscenico e quei canti vogliono “interpellare” le coscienze un po’ “intorpidite” dei cristiani che magari hanno un po’ “smarrito” il senso di quell’ “in principio“ così bello del Vangelo di Giovanni: “in principio era il Verbo e il Verbo era Dio”. In principio “bereshit“, prima parola della Bibbia, punto sorgivo da cui tutto ha inizio e senso.

Quel Dio che noi abbiamo “incastrato” e questa volta il significato che attribuisco al termine non è positivo, nelle nostre “abitudini” più che nelle nostre vite, dimenticando quella esplosione di bene che racconta una nuova creazione, un “nuovo abbraccio” di Dio all’ umanità ci regala a Natale ed ogni giorno, perché la nascita di Gesù, il Figlio di Dio, ci fa “figli” e “fratelli”, di quel padre che Gesù stesso insegnerà a chiamare: “Padre nostro”.

E anche la “storia” di san Nicola – (trasformato in Babbo Natale per fini commerciali) trova la sua “dignità” nel racconto dei protagonisti, perché il dono a Natale, quello vero, lo ha fatto Dio all’ umanità: il Suo Figlio unigenito.

Bella la tradizione dei doni da scambiarsi a Natale ma non dimentichiamo, lo facciamo sull’ esempio del Dono di Dio al mondo.

E anche quei “Magoi”, i Magustei provenienti dall’ Oriente, sono apparsi nei loro abiti scintillanti,  “seguendo la stella”,  protagonisti di una scena, come ci ha indicato l’ evangelista Matteo , per ricordarci il cammino della Chiesa, «una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (cfr. Ap 8,9), il cammino che ogni giorno siamo chiamati a percorrere, non da soli, come “chiesa e cristiani in uscita”, in pellegrinaggio, per seguire la nostra vocazione di cristiani: uomini e donne camminatori di speranza.

Su quel palcoscenico si è cercato di “uscire” da quella banale seppur “scintillante” esteriorità del Natale, per portare un messaggio a tutti: facciamo vivere in noi quella “scintilla divina” che ci è stata donata, proviamo a far brillare con la nostra vita la gioia e la luce di quel Cristo Gesù che si è fatto bambino perché ogni uomo, donna, bambino, persona, per mezzo Suo, ricevesse la luce della Vita.

Non va dimentica un “personaggio” narrante, quella “volpe furba” che abitava i monti della Giudea proprio nel 6-7 a. C e che ha narrato supportando il racconto degli evangelisti, lasciando il suo “consiglio” il dono di Natale: “Ricordiamoci di vivere il Natale con l’ impegno di vivere e ricostruire  la relazione con la riconciliazione autentica, che parte dall’ impegno di ciascuno, per costruire la relazione  generativa sull’ esempio dell’amore di Dio che racchiude in sé, generosità, umiltà,  rispetto, giustizia, solidarietà … perché solo insieme si cammina con Cristo e verso Cristo .

Al termine tutti (attori e spettatori ) si sono recati in Chiesa Parrocchiale “senza indugio” come quei pastori, per la santa Messa della notte animata dal gruppo “Andar a Messa cantando”, accompagnati dal maestro Luigi che ha eseguito i canti che ancora una volta hanno accompagnato l’ annuncio risuonato nella liturgia: “oggi è nato per noi il Salvatore”.

***

“Spesso siamo attraversati all’improvviso da una stanchezzache non è del corpo, ma dell’anima.

Essa nasce dal troppo fare, avere, girare, dalla superficialitàe dalla banalità.

Si ha bisogno di sostare in silenzio,di placare il cuore e di pregare, di ritrovare la verità ultimae profonda della vita, il significato dell’esistere.

E’ questo il nostro Natale, il rinascere dello Spirito!”

Card. Gianfranco Ravasi

***

Sia questo il nostro sincero augurio per la comunità.