di Terence Davies
paese: Gran Bretagna, Belgio, Usa 2016
genere: biografico
interpreti: Cynthia Nixon, Keith Carradine,
Catherine Bailey, Jodhi May
durata: 2 ore 5 minuti
giudizio: interessante-bello

È considerata una delle più grandi poetesse della storia letteraria (se non la più grande), e già tale biglietto da visita rende la pellicola di questa settimana meritevole della nostra attenzione. Emily Dickinson ha scritto più di 1800 poesie, ma raramente c’è stato un tentativo di trasposizione cinematografica della sua vita; ci ha pensato Terence Davies, raffinato autore britannico e appassionato lettore della poetessa americana.

Nel Massachusetts del XIX secolo la giovane Emily comincia a frequentare, secondo il volere dei genitori, il college femminile di Mount Holyoke, severo istituto religioso cristiano. La ragazza inizia da subito a manifestare segni di ribellione e scarsa dedizione ai dettami evangelici degli insegnanti, fino ad allontanarsi di sua spontanea volontà dalla scuola. Da quel momento l’esistenza di Emily si svolgerà quasi per intero all’interno della tenuta familiare di Amherst.

Il film, idealmente diviso in due parti, tra giovinezza e maturità, rappresenta la scelta da reclusa della Dickinson che cerca di contrastare l’ideale puritano della sua famiglia, ma contemporaneamente rispetta il padre sempre presente (un ottimo Carradine) e vive un rapporto di invidia e tenerezza nei confronti della sorella.
Emily scrive di notte. Ascolta la musica e ciò che non riesce ad esprimere nella vita sociale di tutti i giorni diventa la sua bandiera spirituale, la sua dimensione artistica. Benché innamorata di un pastore protestante, vi rinuncerà, forse per eccessiva timidezza, o forse perché la solitudine può diventare un’abitudine troppo grande e comoda.

Conserviamo dell’autrice un ritratto fotografico del 1846, in abiti scuri e austeri che non rappresentano appieno il suo spirito per nulla “quieto”… Xavier de Maistre nel suo libro “Viaggio intorno alla mia camera”, ha ben descritto come possa avvenire la più totale insubordinazione anche all’interno di quattro mura.

Graziella Cortese