“Burkina Faso” – il nome voluto da Thomas Sankara per lo Stato un tempo noto col nome coloniale di Alto Volta – significa “Paese degli uomini integerrimi”. Dai visi che si incrociano emerge sempre dignità, e sempre accompagnata da un sorriso. Eppure il Paese soffre di tanti mali: per dirne uno, la cronica penuria d’acqua a cui il vescovo emerito di Pinerolo, l’eporediese Pier Giorgio Debernardi, cerca da anni di porre rimedio dapprima con l’associazione “Don Barra for Africa” (attiva anche nel sostegno scolastico) e ora con la nuova associazione “Acqua nel Sahel”.

La regione subsahariana è infatti la più martoriata dalla siccità e un pozzo per ogni villaggio sarebbe provvidenziale. Ma i costi di realizzazione superano i 6 mila euro a “forage” e non è sempre scontato che la trivella intercetti l’acqua nel punto designato, pur spingendosi a decine di metri sottoterra. A problemi come questi si può ovviare solo con il ricorso a macchinari più potenti e capaci di penetrare per cento e più metri l’arido suolo burkinabé. “Ai margini del deserto l’acqua si trova soltanto a centocinquanta metri di profondità, mentre nel Sahel occorrono trivelle che raggiungano anche i duecento metri per trovare falde d’acqua abbondanti”, spiega il vescovo, che da quando ha lasciato l’incarico episcopale a Pinerolo per raggiunti limiti di età si è trasferito come umile missionario in Burkina Faso.

Lo scorso 16 gennaio, il vescovo Pier Giorgio ha inaugurato uno dei pozzi realizzati in mezzo alla savana grazie all’impegno della Onlus “Acqua nel Sahel”. Questo pozzo, situato a circa 25 chilometri da Dorì, è stato scavato grazie ai fondi ottenuti dalla generosità della parrocchia di Feletto Canavese, paese di cui monsignor Debernardi è originario: “È stato un bel momento – spiegano alcuni visitatori italiani giunti per l’occasione -: c’era molta gente, erano tutti molto contenti e il vescovo erano visibilmente emozionato”. Anche la comunità di San Benigno Canavese, di cui don Pier Giorgio fu abate-parroco per lunghi anni prima della nomina episcopale a Pinerolo, ha donato generosamente i denari utilizzati per un altro pozzo che servirà gli abitanti di una zona sinora aridissima. Tuttavia sono ancora tantissimi i villaggi senza acqua nella zona del Sahel.

Monsignor Debernardi è determinato a non dimenticare i poveri della zona subsahariana: con l’associazione “Acqua nel Sahel” ha deciso di concentrare gli aiuti alla creazione di nuovi pozzi d’acqua. Contro altri problemi invece la tecnologia nulla può; la guerra, per esempio. La regione al confine con Mali e Niger – quella dove l’associazione “Don Barra for Africa” ha messo in piedi diversi progetti educativi – è infatti sotto lo scacco di milizie jihadiste determinate a spargere, anche col terrore, il loro credo.

“Purtroppo la situazione politica si è aggravata – racconta monsignor Debernardi -. Il terrorismo ogni giorno semina morte ma non si possono abbandonare queste popolazioni, anche se non passa giorno senza la notizia di qualche esecuzione dal nord al sud del Paese. Non c’è città o villaggio dove ci si possa sentire sicuri: soprattutto al nord, nel Sahel, la vita è diventata impossibile e dal confine con il Mali fuggono interi villaggi. Sono circa 600 le scuole chiuse, la circolazione è pericolosa e i terroristi minano persino i sentieri dove passa il bestiame. Si è però da poco insediato un nuovo Governo – conclude il vescovo Debernardi – e la speranza è che dopo la nomina dei nuovi ministri, l’esecutivo riesca a contrastare il terrorismo e garantire la sicurezza di tutto il territorio nazionale”.