Nella domenica ormai vicina, la Parola di Dio ci giunge come una grossa spada per sollecitarci in un esame di coscienza che non si limiti in maniera superficiale a interrogarci su ciò che viviamo in relazione alle cose.

La sintesi la offre la seconda lettura, tratta dalla Lettera che Paolo scrive alla comunità dei Colossesi: “Cercate le cose di lassù e non quelle di quaggiù”. Il cristiano è chiamato a essere uomo e donna capace di leggere nella quotidianità e quindi nelle realtà che lo circondano gli strumenti finalizzati a condurre tutti quanti alle “cose di lassù”. Quel che ne consegue non è un disprezzo delle realtà materiali, piuttosto comprendere che ciò che Dio dispone è provvidenza, è un suo dono.

La voce dell’antico predicatore di Israele trova il coraggio di esplicitare una grande verità: non siamo altro che un soffio. Il ragionamento formulato dal Qoèlet, dietro una parvenza di freddo cinismo, in realtà coglie proprio il segno: la vita sembra una fatica vana, una bolla di sapone che presto o tardi svanisce senza un apparente significato. “Allora”, si domanda l’Ecclesiaste, nessuno, potrà rispondere.

La parabola evangelica ci viene proprio consegnata come provocazione per interrogarci: che rapporto ho con le cose? ll Signore Gesù si accorge che è proprio la cupidigia ad animare la discussione di quei due fratelli che si azzuffano per una questione di eredità. Assumendo la nostra umanità, Cristo ha potuto conoscere bene la tentazione del possesso, con cui tutti ci illudiamo di sfuggire al destino vaporoso e liquido al quale tutte le cose vanno incontro. Infatti, dal momento che tutto è vanità, il nostro modo di stare al mondo rischia di rimanere intrappolato nei soliti, egoistici circuiti.

Porre i beni di questo mondo – il loro reperimento e il loro accumulo – a fondamento della vita è la forma più semplice e più ricorrente con cui accarezziamo l’illusione di mettere in salvo la fragilità della nostra vita. Si tratta di una seduzione tanto assurda, quanto potente, da cui possiamo allontanarci solo facendo “morire” (Col 3,5) le opere e le “menzogne” (3,9) con cui coltiviamo la logica del possesso e pratichiamo l’inganno del consumismo.

Svuotare il cuore dalla preoccupazione dei beni non vuol dire però rinunciare a fare della vita una caccia al tesoro, perché il desiderio del vero bene e di un’autentica ricchezza, scritto dentro ciascuno di noi, è reale e autentico. Bisogna però decidere per quale forma di ricchezza siamo stati creati e a quale tesoro vogliamo legare il cuore.

L’insegnamento di Gesù si conclude con una nota di tristezza che non può essere trascurata: “Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”. Gesù invita a uno sguardo di fede: lo scopo primario nella vita di un uomo dovrebbe consistere nel preoccuparsi di ciò che la trascende, cioè che va oltre: duri un giorno o cent’anni, questa vita in ogni caso è limitata. E dopo? Le ricchezze vere non sono quelle che lasceremo qui, ma quelle che potremo portare con noi: è il bene compiuto; è la fede in Gesù, unica salvezza; è la speranza, coltivata giorno per giorno, di vivere per sempre con Lui.

Lc 12,13-21

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».