Continua la fuga dalle urne: nelle Regionali delle Marche la percentuale di votanti si è fermata al 50%, una decina di punti in meno in soli cinque anni. L’astensionismo ha colpito e affondato il “campo largo”, ridando il potere al Governatore uscente Acquaroli, pupillo della Meloni, leader della coalizione di centro-destra (52% dei suffragi espressi, 8 in più dell’eurodeputato Ricci, Pd, a capo della coalizione di centro-sinistra). Nella realtà il vincitore e lo sconfitto rappresentano due minoranze: Acquaroli con il 26% degli elettori, Ricci il 24.

Nei media il drammatico astensionismo ha un rilievo minimo: prevale il tema della vittoria della Meloni sulla Schlein. Ma l’indebolimento del tessuto democratico, la scarsa partecipazione alla vita delle istituzioni meriterebbe più attenzione, anche a costo di mettere in discussione l’offerta politica espressa dal modello bipolare.

Il vero sconfitto della competizione marchigiana è il “lodo Franceschini”: l’ex ministro Dc e Pd ha sostenuto l’intesa tra tutti gli avversari della Meloni, anche con posizioni differenti, dalla politica estera ai temi etici, dalle alleanze sociali alle questioni economiche.

Ma l’elettore non lo ha seguito perché non basta votare “contro”, occorre anche conoscere un progetto condiviso di società. La questione si è acuita con lo scontro nel Pd tra la linea di sinistra radicale della Schlein e la posizione alternativa della componente riformista: la segretaria rilancia tutti i movimenti di contestazione presenti nella società, l’area riformista si richiama alle radici del Pd, formato nel 2007 dalla componente Ds (segretario Fassino) e della Margherita di Rutelli (popolari e filone laico-ambientalista). I due partiti, insieme, esprimevano il 35% del Paese, oggi i Dem oscillano tra il 21-22%, essendosi esaurita la spinta iniziale dalla nuova segreteria Schlein.

Si parla di un congresso di chiarimento programmatico in primavera, mentre l’ala riformista annuncia un documento politico a Milano, il 24 ottobre. Ed anche le alleanze sono un problema, a cominciare dal rapporto spesso critico con gli ex grillini di Conte, oscillanti dallo sguardo “benevolo” per la Russia alla cautela con cui hanno accolto l’appello del Presidente Mattarella sulla drammatica vicenda della missione umanitaria della Flotilla per Gaza.

C’è poi il tema, spinoso, del candidato-premier nelle politiche del 2007: Conte insiste per le primarie di coalizione, come la minoranza del Pd (poco favorevole alla leadership Schlein avendo in animo nuovi personaggi: dalla sindaca di Genova, Silvia Salis all’ex premier e commissario UE Paolo Gentiloni). I centristi sembrano smarriti: Renzi sarebbe incerto tra la Schlein e la Salis, il leader di Azione Calenda dovrebbe scegliere se correre da solo o attuare un’alleanza con Tajani.

Il destra-centro, rafforzato dall’esito delle Marche, sa di aver vinto per la debolezza dell’avversario (non c’è stato travaso di voti) e per la capacità di nascondere le differenze in campagna elettorale. Non c’è stato uno sfondamento ma una tenuta, con la crescente egemonia della Meloni su Salvini e Tajani (insieme Lega e FI non raggiungono i voti di FdI).

Ora c’è il problema della governabilità nei prossimi due anni, tenendo conto dei sondaggi che segnalano una valutazione critica degli italiani (astensionisti compresi), soprattutto per il costo della vita e le insufficienze del sistema sanitario, mentre cresce la spinta per un nuovo ruolo per la pace, contro le guerre.

Infine va segnalato il voto in Val d’Aosta: i centomila (quasi) elettori hanno confermato l’egemonia storica degli automatismi dell’Union Valdotaine, che hanno sconfitto il tentativo “nazionalista” dei partiti di governo (la Meloni non è andata oltre il 10%, contro il 32 dell’Union). La Regione eleggerà il presidente per il voto del Consiglio (modello prima Repubblica): per questo è stata poco considerata dai media.

In primavera ci sarà poi il referendum sulla Giustizia, o, meglio sulla legge che separa le carriere dei magistrati, inquirenti e giudicanti. C’è da augurarsi un confronto serio su un tema di grande rilievo sociale e istituzionale, senza che la politica lo trasformi in un nuovo referendum Meloni-Schlein, facendo crescere ancora il preoccupante astensionismo.