Quand’è che non si riconosce più il proprio figlio, in quale momento un genitore si sente come di fronte un estraneo? Cosa deve accadere per far si che, nell’incrociare gli occhi di quella vita che si è portata in grembo, una madre si chieda dove ha “perso” il suo bambino, quello che aveva un sorriso bellissimo e che ora non riconosce più in quelle azioni che vede mostrate in un video girato da un telefonino? Quando quel sorriso che le apriva il cuore è diventato di freddo sarcasmo?
Chissà quali ricordi sono passati nella mente dei genitori di quei ragazzi che verranno bocciati per gli atti di bullismo commessi nei confronti di un insegnante. Chissà cosa si sono detti a casa, che cosa si sono detti le madri e i padri la sera, quando si sono messi a letto, nel momento in cui tutta la giornata ti pesa sulle spalle. Chissà come si sentono, quegli stessi padri e quelle stesse madri, quando incontrano lo sguardo di chi, per la strada, nei negozi li incrocia e sa che sono i genitori di…
Chissà com’è e come sarà essere genitori di quei ragazzi da oggi in poi.
Già, perché l’Istituto Tecnico di Lucca in cui un docente è stato filmato mentre veniva “bullizzato” tra gli sghignazzi della classe, ha stabilito una linea di condotta severa e decisa: la bocciatura immediata per tre studenti e la sospensione, fino a metà maggio per altri due alunni. Questi ultimi saranno ammessi agli scrutini ma avranno difficoltà a mantenere un livello di preparazione utile a superare l’anno scolastico. E ripetere l’anno scolastico basterà a far capire la gravità dell’evento?
Io spero che i genitori di quei giovani riflettano su quando e perché si sono distratti; quando e dove hanno perso il contatto col proprio figlio per ritrovarlo lontano da quell’educazione genitoriale e da quei valori che si voleva trasmettere. Mi piacerebbe si interrogassero sul modo in cui hanno verificato che il figlio fosse in grado di portare avanti uno stile familiare.
Un ragazzo, nel periodo dell’adolescenza, pone gli adulti di fronte a delle difficoltà. Questo serve al giovane per verificare la bontà di un legame familiare, la forza di un adulto nei confronti di un figlio che deve trovare la propria posizione del mondo. Deve anche, il giovane, arrivare a capire il perché di quella determinata regola e legge e deve arrivare ad accettarla non per la paura di una sanzione, ma per il rispetto di se stesso e degli altri, per un vivere civile.
Anche la scuola, se è vero che la dirigenza scolastica non ha provveduto ad intervenire alle prime richieste d’aiuto da parte del docente bullizzato, ha avallato i comportamenti problematici dei propri alunni. La scuola non può fare finta di niente, voltarsi indietro perché intervenire richiede un grande sforzo.
Se si ignora scientemente un determinato comportamento comunque si da una risposta; comunque un ragazzo pensa di poterla avere vinta, che può fare tutto quello che vuole.
L’insegnante stesso non ha il diritto di mostrarsi così passivo, così in difficoltà di fronte tanta ignoranza, che si rifiuti di denunciare (perché potrebbe danneggiare i ragazzi). Anche lui, in questo modo, non da un buon esempio per la crescita di un giovane. Gli insegnanti devono poter sostenere lo sguardo di un adolescente, devono avere le armi della cultura per zittire comportamenti aggressivi, devono possedere una capacità comunicativa e una leadership naturale che li fa seguire come se fossero il pifferaio magico. Se non hanno queste caratteristiche agli studenti non servono. Non sono dei buoni insegnanti. Io non lo avrei voluto un insegnante così e ho amato tutti gli insegnanti con cui mi sono potuta misurare, che si sono messi alla prova ogni giorno e che non accettavano di avere paura.
Quanto ai ragazzi di Lucca, potranno cambiare solo se i loro genitori decideranno di uscire dalla nebbia e dalla confusione, se accetteranno, anche con un eventuale aiuto di un tecnico esterno, di ripercorrere le fasi di una crescita insieme, per riannodare un legame fatto di comportamenti nuovi e di assunzioni di responsabilità, gli uni verso gli altri.
I ragazzi di Lucca, quando rientreranno in classe, potranno dimostrare di essere cambiati – se effettivamente lo hanno fatto – solo se troveranno una scuola adulta e matura, capace di accoglierli e di accettare di rivedere in modo critico le regole che permettono a tutti di rispettarsi.
Cristina Terribili
(psicologa e psicoterapeuta)