Venerdì 5 maggio all’Istituto di istruzione superiore “Piero Martinetti” si è tenuto un convegno dedicato al filosofo canavesano di cui la scuola porta il nome, vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

Nato a Pont Canavese nel 1872, a soli 21 anni si laureò, all’Università di Torino, in filosofia teoretica con una tesi su “Il sistema Sankhya. Studio sulla filosofia indiana”.

Dopo la laurea si recò a Lipsia dove approfondì gli studi in filosofia indiana. Tornato in Italia cominciò ad insegnare filosofia nei licei di varie città, fra cui Ivrea e Torino.

Nel 1905 dopo aver pubblicato una monumentale opera, “Introduzione alla Metafisica”, ottenne la libera docenza di filosofia teoretica prima all’ateneo torinese e poi a Milano, dove rimase fino al 1931.

In quell’anno egli si rifiutò di firmare il giuramento di fedeltà al fascismo e venne esautorato dall’insegnamento.

Non aderì a nessun manifesto politico, né a quello di Gentile, né a quello di Croce.

Non appoggiò né il fascismo, né il marxismo dell’Urss; non praticò il cristianesimo ed era avverso alla massoneria.

Era uno spirito libero, e dal 1932 fino alla morte, avvenuta nel 1943, si ritirò nella sua casa di Spineto dove morì a seguito di una trombosi provocata da una caduta da un albero nella sua tenuta, e poi altri malanni che seguirono.

Nel corso della mattinata, nel parco dell’Istituto scolastico, è stato anche messo a dimora un albero dedicato al filosofo: il primo di una lunga serie, si spera, che ricorderà uomini e donne che si sono adoperati per dare aiuto a chi è perseguitato e che, con il tempo, darà vita ad un piccolo Giardino dei Giusti.

Al convegno, che si è sviluppato in due momenti essendo dedicato a due diverse “categorie” – studenti al mattino e insegnanti al pomeriggio –, hanno preso parte quattro docenti universitari che hanno dato il loro apporto alla tematica martinettiana: i professori hanno presentato, a turno, alcuni aspetti della filosofia del maestro.

Piergiorgio Zunino ha illustrato il problema delle restrizioni agli ebrei dopo la promulgazione delle Leggi razziali e il ruolo degli italiani nel porsi di fronte al problema; Amedeo Vigorelli, dell’Università di Milano, ha dibattuto una relazione intitolata “L’ombra di Socrate”, in cui ha esaminato i fondamenti della filosofia di Piero Martinetti, il suo rigore morale, il modo di vivere con la sua vita il pensiero filosofico in cui credeva. Luca Natali, anch’egli dell’Università meneghina, con la sua relazione “Piero Martinetti e il ruolo dell’esempio”, ha evidenziato l’importanza dell’esempio che è un ammaestramento che ci porta a un agire consapevole e coerente.

Infine il professor Panagiotis Tsiamouras, traduttore in lingua greca delle opere di Martinetti, ha presentato il suo lavoro volto a fare conoscere in Grecia il filosofo, a cui egli si era avvicinato durante gli studi all’Università di Urbino.

I lavori, moderati da Maria Cristina Fenoglio Gaddò, presidente della Fondazione Piero Martinetti, sono stati conclusi da una breve, ma esauriente, relazione di tre studentesse del triennio che hanno partecipato al progetto educativo dei professori Monica Ferraris, Alessandro Fiandino, Sabrina Manfrè e Daniela Neirotti, consistente nell’analisi della “Lettera agli studenti universitari del Canavese” del 1926, e che ha coinvolto le classi dei Liceo scientifici, linguistico e delle scienze applicate.

È stato anche prodotto un video che presenta il lavoro svolto.

Franca Sarasso

Redazione Web