Il tempo della città-comunità con specifica visione di convivenza, conoscenza, modello gestionale si è esaurito? Ivrea non è più un’isola; ne guadagnerà o perderà? Cosa vuol dire perdere o guadagnare politicamente e socialmente? Certo, non è più l’autonomia della città olivettiana comunitaria e insieme capace di farcela anche da sola, come ancora testimonia l’ospedale costruito con le donazioni della ditta e dei dipendenti, e i piani regolatori razionalisti e rispettosi dell’ambiente.

Da quando l’avventura della città-industria Olivetti è entrata in fase decrescente (o forse in definitiva chiusura) capire Ivrea non è stato più facile. Ivrea si è omogeneizzata con un mondo più largo e di certo più complesso e problematico. Subisce la politica, come il resto del Piemonte e dell’Italia, con le sue semplificazioni, i suoi slogan, le sue improvvisazioni. Il voto democratico non aspetta. Socrate deve morire. Travolto da un ballottaggio amministrativo un po’ diverso tra centrodestra e centrosinistra in una politica che trae la sua forza nell’identità con altre aree italiane e uguali problemi. Malessere di giovani e periferie, con proposte di possibili soluzioni rapide e semplici, politiche più che amministrative.

Chi governa da ora “il nuovo” si è subito reso conto che a Ivrea non è possibile gestire una semplificazione come nel voto. Occorre andare a cercare qualcosa di specifico: ecco dunque il viaggio destinato a ottenere il riconoscimento Unesco di città industriale del XX secolo. Questo suggerisce che forse i temi della storia e del futuro sarebbero stati recepiti. Non sarà solo marketing? Se ne farà carico a favore dei deboli di adesso, e saprà aiutare i forti a crescere a favore della città e non solo degli egoismi individuali?

Ivrea dovrà vivere le due realtà: il passato da far diventare patrimonio condiviso di comunità solidale e di sostegno all’innovazione con nuove imprese, e il presente, da risolvere forse riappropriandosi delle case popolari e delle scuole (le periferie che ci ha messo dinnanzi Papa Francesco?), degli enti sovracomunali per cancellarne l’abbandono di manutenzione e di uso, e la necessità di lavoro per i giovani con servizi civili, dopo che è diventato chiarissimo che il vuoto lasciato dal servizio militare deve essere riempito da forme educative e di servizio alternativo. Mentre cresceranno le scuole professionali e l’istruzione superiore.

Un rinnovamento di comunità non intorno alla produzione, ma intorno al servizio e alla conoscenza.