(Mario Berardi)

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivolto un nuovo appello all’unità del Paese e alla solidarietà nel suo messaggio per i cent’anni dell’Università Cattolica: un richiamo molto opportuno perché permane grave la crisi sanitaria, sociale, economica e il Governo Draghi incontra ostacoli e proteste come l’esecutivo Conte. Probabilmente i grandi media hanno determinato aspettative eccessive sul cambio di guida a Palazzo Chigi: non esiste la bacchetta magica “miracolosa”.

Sanità.

Il nuovo piano-vaccini del generale Figliuolo incontra ostacoli imprevisti per gli incidenti, rari ma mortali, avvenuti in Occidente alle produzioni AstraZeneca e J&J; ora sono limitate agli ultrasessantenni e per l’anno prossimo si prevede la rinuncia; contestualmente la terza ondata della pandemia ha riaperto le difficoltà negli ospedali costringendo il Governo a nuove restrizioni per tutelare la vita degli italiani.

Economia.

L’esecutivo ha stanziato altri 40 miliardi per i sostegni alle famiglie e alle attività colpite; ma i finanziamenti, per quanto ingenti, non possono coprire l’intero fabbisogno; di qui le proteste, gli scontri con la polizia, i blocchi stradali (anche con violenze inammissibili). Il Governo, come ha scritto Carlo Cottarelli, deve tenere conto dei limiti del bilancio dello Stato; superare il 10% di deficit rispetto al Pil potrebbe compromettere la tenuta finanziaria nel 2023 quando verrà meno la moratoria di Bruxelles, con i mercati finanziari in allerta. C’è poi un ritardo – per colpa di Berlino – nell’erogazione dei 200 miliardi del Recovery-plan europeo: arriveranno certamente, ma non prima dell’autunno.

Questione sociale.

Accanto alla crisi delle partite Iva e alla perdita di quasi un milione di posti di lavoro nel 2020, si affaccia il rischio di nuova disoccupazione con lo sblocco graduale della possibilità di licenziare, dopo l’estate. La Confindustria rimanda la ripresa alla fine del 2022, prevedendo per quest’anno un aumento del 4% del Pil (l’anno scorso sceso del 9%).

In questo contesto, che ricorda la crisi del dopoguerra, non emerge ancora quella piena solidarietà invocata da Mattarella. Negli anni ‘45-’47, con i Governi Parri e De Gasperi, in piena guerra fredda, i partiti, pur diversissimi, seppero “coabitare” per quasi tre anni, sino al varo della Costituzione repubblicana. Oggi la larga maggioranza Draghi sembra unita dall’assenza di alternative, ma senza una profonda convinzione della posta in gioco.

La Lega continua a stare in altalena, un piede nel Governo, l’altro con i contestatori: con una mano approva in Consiglio dei ministri le restrizioni sanitarie, con l’altra (Salvini) difende la “piazza” che chiede le riaperture. Il M5S pare assente, impegnato nella guerra con la piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio, che intanto blocca l’ascesa a leader di Giuseppe Conte. Il Pd sostiene apertamente Draghi (come Forza Italia), ma contestualmente insiste nelle leggi “di bandiera”, divisive, con il rischio di bloccare il Parlamento e di rendere ancora più fragile la coalizione di governo.

Nel loro secondo incontro Letta e Salvini, divisi su molte cose, hanno concordato sulla legge maggioritaria e sullo scontro di due coalizioni; ma nel destra-centro siamo alla “guerra” Meloni-Salvini per la guida del Copasir, la commissione sui servizi segreti; è stato addirittura invocato l’intervento del Capo dello Stato. E in queste condizioni vorrebbero governare insieme il Paese?

Nel centro-sinistra continua il “no” dei centristi all’alleanza con i grillini: a Roma per le comunali sono previste tre candidature (la sindaca Raggi per il M5S, l’ex ministro Gualtieri per il Pd, il leader di Azione, Calenda); non va meglio a Torino.

Perché Pd e Lega, per andare oltre “la pace armata”, non ritornano sul proporzionale di Zingaretti e Conte, rinviando a tempi migliori le coalizioni “macchine da guerra” dell’era Occhetto-Berlusconi? Le difficoltà del Paese esigono un Governo sostenuto fortemente dalle forze politiche, non “tollerato”, con un dialogo quotidiano con la società civile, gestendo con giustizia le risorse, con attenzione prioritaria per le situazioni di fragilità ed emarginazione.

Il Paese – come ricorda il Capo dello Stato – ha le risorse per uscire dalla crisi; per questo è necessario che la politica, la società, la cultura non si limitino ad applaudire le parole di Mattarella, ma le rispettino con fatti concreti. Senza franchi tiratori.