(Cristina Terribili)

SOLITE POLEMICHE PRE-FESTIVAL: CON L’AGGIUNTA DI SESSISMO E VIOLENZA

Tante edizioni del Festival della Canzone di Sanremo sono state anticipate da scoop, critiche più o meno feroci ai presentatori, ai cantanti, agli ospiti. “Perché Sanremo è Sanremo”, recitava una pubblicità di alcuni anni or sono.

Eppure da Sanremo ci aspettiamo sempre qualcosa: a volte per guardarlo, altre a volte per non guardarlo; ricordando le edizioni passate, qualche canzone e qualche cantante, a volte. Questa edizione di Sanremo non è e non sarà differente dalle altre.

Puntualissime, le polemiche ci sono anche questa volta, seppur ci aspettassimo qualcosa di diverso da ciò che sta accadendo. In un tweet di replica alle critiche sollevate da una sua frase apparsa ai più come sessista, il presentatore Amadeus ha ripreso la frase di Massimo Troisi: “Io sono responsabile di ciò che dico, non di ciò che tu capisci”. Ma quello che ci aspettavamo era proprio un’attenzione a ciò che viene detto e ai messaggi impliciti che si veicolano.

Dire che nel contesto attuale l’Italia appaia particolarmente frammentata è un eufemismo. C’è così tanta confusione che viene sovrastata da chi grida più forte, mettendo in seria difficoltà chi vuole crearsi un’idea propria di quanto sta accadendo. In questo quadro già complesso, autodifese verbali all’insegna del “Io volevo dire” rendono poi la comunicazione e l’ascolto oltremodo farraginoso. Da chi parla a milioni di telespettatori si dovrebbe auspicare una discreta attenzione alla forma ed al contenuto del discorso, dei valori che si intendono trasmettere, del punto di vista che si esprime. Cerchiamo di capire il sistema di valori che sono stati espressi e che hanno portato ad un certo malcontento.

Sebbene sia noto che ci si aspetta di vedere sul palco dell’Ariston qualcuno o qualcosa che ci faccia sognare, evidenziare che (l’unico?) elemento importante per essere lì è la bellezza delle vallette e l’essere le fidanzate di un uomo famoso, non aiuta certo a sviluppare competenze, a sentire che sono le qualità interne della persona ad essere messe in primo piano.

Sappiamo bene che a livello estetico madre natura è stata più generosa con alcuni/e piuttosto che con altri/e: tuttavia dovrebbe essere auspicabile che ognuno abbia la possibilità di emergere come persona nella totalità del suo mondo interno ed esterno. Condividere la vita con una persona dovrebbe essere – o almeno ci ostiniamo a crederlo – una scelta d’amore. Poco importa se l’altro è ricco, famoso, un modello…

La scintilla che dovrebbe far accendere un interesse per l’altro dovrebbe essere composta da tanti piccoli elementi e non esclusivamente dalla bellezza o dalla notorietà. Così come la gioventù (e a volte anche il denaro) la bellezza passa, proprio per dare a quella persona, e a chi le sta intorno, la possibilità di scoprire altro. Chi poi sperimenta una vita di coppia sana e felice sa che il più delle volte si cammina insieme e che fare un passo indietro per non sovrastare l’altro/a o fare un passo avanti per difenderlo fa parte della quotidianità di chi si ama e si rispetta. Le persone equilibrate hanno piacere a farlo.

Spostandoci oltre rispetto all’infelice conferenza stampa di Amadeus, apriamo una parentesi sui cantanti annunciati al Festival e sulla qualità dei loro testi, senza dimenticarci che anche le canzoni veicolano messaggi molto potenti.

La presenza di un rapper che nelle sue canzoni mette in evidenza elementi di violenza – finti, supposti o reali che siano, contro il sistema ma anche contro “chi ti guarda storto”, per sentire di dover dimostrare, attraverso la superiorità fisica, il valore della propria persona – ha sicuramente una certa ascendenza su alcuni: dovremmo fare attenzione a ciò che non sia quello che avalliamo come comportamento accettabile da parte di tutti.

Esempio vuole che qualcuno abbia twittato contro il cantante, apostrofandolo: “Stuprare una donna? Lo fai a casa tua!”. Ecco, non deve essere fatto a casa di nessuno!!!

Un tempo in televisione veniva censurata anche la parola “piede”. Siamo sempre garantisti nella libertà di espressione: forse però dovremmo tutti fare uno sforzo per scegliere altre parole per esprimere un disagio sociale, una sconfitta personale, che nulla toglie al dolore dell’evento ma che permetterebbe una maggiore empatia.

Perché la solidarietà è un valore, ma la violenza verbale o la bellezza fine a se stessa, no.