Il 3 ottobre nella chiesa dei Cappuccini a Chivasso si è celebrata la Messa in onore del Transito di San Francesco.

Il parroco don Tonino Pacetta nell’occasione ha accolto due francescani: fra’ Beppe Giunti e fra’ Fabio Scarsato (nella foto).

Il primo era già stato ospite lo scorso anno, presentando un suo testo che è una raccolta di testimonianze di pentiti della mafia, il secondo è stato per tanti anni direttore della rivista Il Messaggero di Sant’Antonio.

Fra’ Beppe ha presieduto l’Eucaristia e nell’omelia ha posto l’accento su una parola che, visti i tempi, sta tornando di moda: sobrietà.

Partendo dal Tau caro al Poverello di Assisi, ha ricordato che forse aveva proprio la forma del Tau la croce di Cristo.

Il Tau è essenziale, è sobrio e tutta la vita di Francesco è stata essenziale e sobria.

Anche il nostro essere e la nostra vita devono essere come il Tau: sobri.

Alla fine della celebrazione fra’ Fabio Scarsato ha presentato il testo “Antonio segreto” di Nicola Vegro.

È un romanzo non di fantasia, ma che riporta vicende vere della vita del Santo, di origine portoghese ma naturalizzato italiano.

Scarsato ha messo subito in luce la popolarità di Antonio, invocato per molti bisogni dai fedeli (soprattutto per la ricerca di ciò che non si trova più…), e confessato che lui, da ragazzo, non aveva molta stima del Santo.

Quando poi decise di farsi frate compì il suo noviziato nella basilica padovana del Santo senza nome (come si usa dire lì) e imparò ad amare la semplicità e, nello stesso tempo, la complessità di questa figura.

Nella presentazione del testo ha messo in luce episodi della vita di Antonio partendo dalla sua giovinezza tesa alla ricerca.

Nato da nobile famiglia, entrò in convento a Lisbona, ma ben presto sentì il bisogno di allontanarsi dalla sua città e dai familiari per approfondire la sua fede, trasferendosi a Coimbra dove conobbe dei Francescani che partirono missionari in Marocco.

I fraticelli però furono martirizzati dagli abitanti del luogo e al ritorno dei loro resti umani Fernando – nome di battesimo del nostro – ebbe una crisi e si ritirò in una comunità che viveva in una chiesa chiamata Sant’Antonio degli ulivi.

Da qui la decisione di prendere il nome di Antonio.

Fra’ Fabio ha poi ricordato l’episodio della visione e del gioco con il Bambino Gesù, avvenuto nella cella, ancora visitabile a Camposampiero, nel locale santuario antoniano, e la predicazione che attirava le folle.

Durante una Quaresima predicò per i quaranta giorni in Prato della Valle, la maestosa piazza patavina, riempiendola all’inverosimile tutti i giorni.

La figura di Antonio si erge grandiosa da queste pagine e svela molti aspetti che non sono conosciuti dai più, compresi molti che si ritengono esperti della vita del Santo.

Franca Sarasso