(Filippo Ciantia)

Alcamo è tradizionalmente una città di artigiani ed artisti. Qui nacque e visse Cielo d’Alcamo, contemporaneo di Dante, considerato uno dei padri della lingua italiana: “Rosa fresca aulentissima, / ch’apari inver’ la state, / le donne ti desiano”.

Nel mezzo del quartiere, a sorpresa, si erge una statua dedicata a Maria Ausiliatrice, che protegge gli abitanti di quest’area visibilmente degradata ed emarginata. Ci circondano i bambini che chiedono a Gioacchino, detto Gino, di riparare le loro biciclette con le ruote sgonfie. Ci prova invano con il compressore: ci sono forature da riparare. I bambini, bellissimi, lo abbracciano lo stesso e se ne vanno, sorridenti e lieti: a loro basta l’attenzione di Gino.

Gioacchino anima da anni un’officina dove insegna a lavorare ai giovani. Con i suoi amici da tempo aveva iniziato a prendersi cura dei ragazzi in questo quartiere.

Il modello era un sacerdote di Forlì, don Francesco Ricci, seguace di don Giussani, con cui aveva partecipato a campi estivi. Il sacro furore missionario di don Francesco lo aveva contagiato.

Nella sua città, il più grande bisogno era la situazione di abbandono senza speranza dei giovani: era necessario trasmettere l’amore per l’artigianato, tradizionalmente molto diffuso. Questa iniziativa, chiamata “Campo la meta” (a ricordo dei campi con don Ricci), nel 1998 viene notata dalla amministrazione comunale, che, intelligentemente, decide di aiutare questo tentativo di far “riscoprire le capacità manuali e invogliare i giovani a frequentare le vecchie botteghe di un tempo, oggi in via di estinzione”.

E Gioacchino chiama i “maestri”, proprio perché lui stesso si è messo in moto creativamente grazie al suo maestro don Francesco, cui sarà sempre grato. Vengono coinvolti i rinomati maestri alcamesi: ebanisti, falegnami, scultori, tornitori. Tra loro Gioacchino ricorda, con commozione, soprattutto Stefano Papa che lo avviò all’arte di intarsio, intaglio e tornitura del legno.

Sono passati tanti anni e la “caritativa” continua: Gioacchino appena può si reca al “villaggio”, che è divenuto la sua casa, e abbraccia tanti poveri che fanno ormai parte della sua famiglia, del suo clan.

“In certi momenti non riesco a fare altro che dire: offro” (Francesco Ricci).