(Elisa Moro)

Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa

“Lo Spirito del Signore ha riempito l’universo, egli che tutto unisce, conosce ogni linguaggio” (Sap 1,7): il mistero pasquale giunge a pienezza nella Solennità di Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Morte e Risurrezione del Signore Gesù, attraverso il dono, a Maria e agli Apostoli, riuniti nel Cenacolo, dello Spirito Santo, “sotto forma di lingue di fuoco” (At. 2, 3). Un dono infinito, che dona un cuore nuovo (Gv. 14, 15-16.23-26), una vita nuova nel soffio di Dio (Gen. 2,7).

“Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito” (v. 16). È Cristo che insegna a pregare lo Spirito, con un’invocazione tanto semplice e immediata – “Veni Sancte Spiritus!” – ma anche straordinariamente profonda, “sgorgata prima di tutto dal Cuore trafitto” (Benedetto XVI, 23/05/2010), dal dono totale che Egli fa di se stesso sulla croce, dove il Suo pregare diventa apice dell’invocare sull’umanità l’amore del Padre e da cui nasce la Chiesa. È il Paraclito ad aprire uno spiraglio di luce sul mistero del Padre, permettendone non solo la conoscenza, ma il nostro “essere” innestati in Lui, come ricorda San Basilio Magno: “le creature ricevono da Dio lo Spirito con cui lo conoscono… il Paraclito, impadronendosi, come un sole, dell’occhio, ti mostrerà in se stesso l’immagine dell’Invisibile” (Sullo Spirito Santo, XVIII, 47).

“Il Paraclito… lui vi insegnerà ogni cosa” (v. 26): lo Spirito Santo è il Consolatore, l’Avvocato, che rimane come amico e compagno in ogni avvenimento; è il “Dio di consolazione, il quale ci consola… perché anche noi possiamo consolare… con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio” (2 Cor. 1, 3-4).

Si è allora chiamati a consolare, e, se è vero che un cristiano deve divenire alter Christus, così deve essere un “altro Paraclito”, capace di amare con l’amore ricevuto da Dio. Ma come è possibile questo? Lasciando agire lo Spirito nelle nostre vite, “nel nostro modo di fare, nella nostra voce, nel nostro sguardo, nelle nostre parole e nei nostri consigli”, senza “accontentarsi di ripetere sterili parole di circostanza” (Newman, Sermo, vol. 5).

Con le parole di una celebre preghiera di San Francesco, si può dunque domandare di divenire strumenti dell’agire di Dio nella storia: “che io non cerchi tanto di essere consolato, quanto di consolare; di essere amato, quanto di amare”.

 

(Gv 14,15-16.23-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti;
e io pregherò il Padre ed egli vi darà
un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui
e prenderemo dimora presso di lui.
Chi non mi ama, non osserva le mie parole;
e la parola che voi ascoltate
non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora
presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo
che il Padre manderà nel mio nome,
lui vi insegnerà ogni cosa
e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».