Se è vero che il nostro orgoglio morirà quindici minuti dopo di noi, è vero anche che questa è una delle più dure parole del Signore che abbiamo da mordere. Sant’Agostino rifletteva su come, anche quando ci sembra di non essere stati orgogliosi, il nostro orgoglio torni all’assalto rendendoci orgogliosi di non essere stati orgogliosi.

È un dato di fatto: l’istinto di volersi sentire migliori degli altri, a posto perché perfetti, è una piaga del nostro tempo. E non solo del nostro naturalmente. Ripenso alle elementari a quando si diceva: le vocali sono cinque, e se non le sai, bell’asino che sei. Sorvolando sul fatto che naturalmente le vocali in Italiano sono sette, possiamo osservare che anche in aspetti banali come la conoscenza delle vocali si giochi spontaneamente sul desiderio di una “correttezza” che ci renda migliori degli altri, superiori agli altri, e ci permetta quindi di umiliarli.

Un monaco rifletteva su come parte della vita monastica fosse lo scavare dentro se stessi, cosa che spesso fa paura, perché non è sempre bello ciò che troviamo. Dovremmo farlo tutti, con coraggio e verità, per renderci conto che c’è ben poco di cui essere orgogliosi. Ma forse è per questo che la vita monastica fa paura.

Naturalmente non dobbiamo cadere nella disperazione: Pascal diceva che occorre conoscere la nostra miseria e la misericordia di Dio, la sua esistenza, senza queste due realtà o con solo una di queste realtà si genera un necessario squilibrio spirituale, che ci fa precipitare o nell’orgoglio o nella disperazione. Queste due realtà devono stare insieme.

Il deserto è una realtà che ci aiuta a ricordarci di queste verità. Chi sia stato nel deserto con la giusta disposizione spirituale sa che il deserto non è affatto vuoto, ma essendo privo di distrazioni si riempie di ciò che voi avete nel cuore: paure, miseria, dubbi, incubi. Una metafora perfetta della solitudine dell’uomo davanti a Dio. Naturalmente, al contrario, quando l’uomo è già in pace con Dio esso si riempie di amore, di pace e di quiete.

Da qui si capisce perché Gesù andava spesso nel deserto.

Il deserto può essere vissuto anche nelle nostre vite quotidiane: ogni volta che ci priviamo delle distrazioni si rivela ciò che abbiamo nel cuore, pace o guerra, e la realtà si tinge dei loro colori.

Per distrazioni intendo tutti ciò che ci rende felici di per sé stesso sul piano materiale: passioni, bei paesaggi, case lussuose; è sufficiente girar gli occhi da queste perché ciò che abbiamo dentro emerga.

un giovane della diocesi

 

(Lc 18,9-14)

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».