(Elisa Moro)

Rabbunì, che io veda di nuovo!

“Signore, che io veda!” (Mc. 10, 51): un anelito del cuore umano contraddistingue l’episodio evangelico della guarigione del cieco Bartimeo (Mc. 10, 46 – 52), che conclude, nel Vangelo di Marco, la narrazione delle guarigioni operate da Gesù, iniziate con l’esorcismo di Cafarnao (Mc. 1, 21 – 28). Bartimeo è l’urlo di un uomo “sfinito dal gridare” (Sal 69,4), costante nella sua richiesta di “luce”; è anticipazione di Cristo, che, con “forti grida e lacrime” (Eb 5,7), innalza la sua preghiera al Padre.

“Il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare” (v. 46): Bartimeo è l’uomo che ha perso la luce e ne è consapevole, ma non ha perso la speranza, sa cogliere la possibilità di incontro con Gesù e si affida a Lui per essere guarito. Sant’Agostino propone una lettura originale del brano, giungendo alla conclusione che “era un personaggio decaduto da prosperità, e la sua condizione di miseria doveva essere di pubblico dominio in quanto era un mendicante che sedeva lungo la strada” (Il cons. evangelisti, 2, 65, 125).

In questa prospettiva Bartimeo potrebbe rappresentare quanti vivono in Occidente, “dove la luce della fede si è affievolita, e si sono allontanati da Dio: persone che perciò hanno perso una grande ricchezza, – quella cristiana – e sono diventati mendicanti del senso dell’esistenza” (Benedetto XVI, 28/10/2012). C’è bisogno di una nuova evangelizzazione, di un nuovo incontro con Gesù Cristo, che può aprire gli occhi e illuminare il cammino.

“Gettato via il mantello, balzò in piedi” (v. 50): Bartimeo afferra con impeto la Vita che gli passa accanto, gettando, alle sue spalle, l’uomo vecchio, per “rivestire l’uomo nuovo” (Ef 4,24). È questa la forza della fede, che illumina passi inediti di questo neofita: da cieco, a credente, fino a seguace di Cristo a Gerusalemme.

La fede è un cammino di “illuminazione” (non a caso il Battesimo nella Chiesa antica era proprio definito Illuminazione), che parte con il riconoscersi bisognosi di salvezza e giunge al vero incontro con Cristo.

Attraverso una preghiera di di San Clemente di Alessandria, si può invocare questa Luce: “fino ad ora ho errato nella speranza di trovare Dio, ma poiché tu mi illumini, divengo tuo coerede, poiché non ti sei vergognato di avermi per fratello… rimuovendo le tenebre che ci impediscono la vista, contempliamo [una luce] più pura del sole, più dolce della vita di quaggiù” (Protr., 113,2 – 114,1).

(Mc 10,46-52) In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!» E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.