(Ferdinando Zorzi)

Uno dei momenti più attesi, ogni volta che si visita Roma, è l’ingresso nella Cappella Sistina: come giungere in vetta a una montagna, al termine di un lungo cammino attraverso secoli di Storia dell’Arte, e vedere un panorama sconfinato. Chi scrive vi è stato alcune volte, negli ultimi anni, accompagnando gruppi di giovani studenti in viaggio d’istruzione; quei ragazzi e quelle ragazze che, in certi casi, chiedono se è obbligatorio entrare in chiesa “perché loro non credono” e poi, di fronte agli affreschi di Michelangelo, si commuovono profondamente. Certo, è vietato fare le foto con lo smartphone, bisogna stare in silenzio e questo spiazza ormai tutti quanti e aiuta la concentrazione.

Ma quando, torcendo il collo, si ammira la creazione di Adamo e quella di Eva, così belli, a immagine e somiglianza del Padre, ci si accorge che davvero “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” e si riceve la prima, profonda impressione.

E, girandosi verso il lato d’ingresso, ecco il Salvatore, giovane e vigoroso, al centro del Giudizio Universale: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”.

La realtà di questa affermazione è lì, spiegata in modo immediato, disegno e colori su parete: è la seconda impressione, quella che spinge fino al pianto i più sensibili, nel luogo dove Padre e Figlio sono fulgidamente rappresentati e lo Spirito Santo si rende presente, non solo in occasione del Conclave.

Gv 3,16-18

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato;
ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».