Dimenticarci il Cielo è forse il più grande rischio che corriamo (ho detto spesso che corriamo dei grandi rischi, ed è vero, ma forse questo è il peggiore). San Paolo dice che il Cristianesimo non ha senso senza tensione verso l’aldilà, e che se l’aldilà non esiste i cristiani sono dei miserabili.

Certo i primi cristiani avevano più facilità di noi: loro avevano appena ricevuto l’annuncio di Cristo, e potevano aspettarsi la fine del mondo da un momento all’altro senza sentirsi ridicoli (specialmente le eresie, molti esasperarono fin troppo quest’attesa). Mentre noi, sebbene questa possa venire da un momento all’altro, siamo stati abituati dalla storia a pensare che il mondo potrebbe durare altri duemila anni prima che il Cristo arrivi. E la nostra morte, be’, noi la vediamo sempre lontana, e facciamo fatica a credere che siamo mortali: in fondo ci crediamo solo per inerzia, non ci crediamo sul serio (nel nostro subconscio ci crediamo immortali).
Così pensiamo solo all’aldiqua, e non ci pensiamo più sul serio, all’aldilà.

Ma così nulla ha senso! I riti, le rinunce, i sacrifici, le preghiere, la Messa e i suoi simboli. Nulla ha senso senza la tensione all’aldilà, senza pensare che come Cristo è risorto così noi risorgeremo, senza pensare ai beni che dobbiamo accumulare per l’aldilà, per un’altra terra e un altro cielo, che presto ci crollerà addosso a inglobarci in se, senza che ce ne accorgiamo.

Cristo tornerà: è una realtà che dobbiamo ripeterci, il cui nome dobbiamo fare risuonare, da cui non dobbiamo farci distrarre. Noi ora siamo come i servi che si dicono che il padrone non torna o come il padrone che si dice che i ladri non vengono e pensa alla sua casa al sicuro e dorme sonni sereni. Il monito di Gesù è tutto per noi, dobbiam vegliare, con fermo volere di essere pronti alla sua venuta, per accoglierlo come un amico o uno sposo.
Se lo pensiamo, allora ha senso digiunare, ha senso fare rinunce, ha senso pregare fino a tarda notte, andare a ogni Messa; ha senso confessarsi spesso, fare i sacramenti, tenersi stretti a Cristo, attenderlo vegliando, parlare di lui, fare veglie e adorazioni.

Ha senso, in poche parole, tutto il meraviglioso patrimonio di riti, tutta la pietà e tutte le opere religiose che nei secoli il popolo cristiano ha messo via per noi. Opere di pietà concepite da chi aveva nel cuore, fermo, il momento in cui tutti varcheremo la soglia di questo universo e di questo mondo fuggevole, e ci immergeremo in un’altra terra e in un altro cielo.

un giovane della diocesi

 

Lc 12, 35-40 (Forma breve)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi
e le lampade accese; siate simili a quelli
che aspettano il loro padrone
quando torna dalle nozze, in modo che,
quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno
troverà ancora svegli; in verità io vi dico,
si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo
nel mezzo della notte o prima dell’alba,
li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro,
non si lascerebbe scassinare la casa.
Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora
che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».