(Editoriale)

Non è la prima volta nella storia che un’epidemia colpisce un Paese e lo rinnova nelle sue abitudini, modificate per sopravvivere in quel periodo buio.

La nostra vita si sta adeguando a misure limitative e tante cose che facevamo prima le possiamo fare anche adesso, ma in modo diverso. Il coronavirus cambierà molte nostre abitudini in modo quasi indolore, tanta è la resilienza che dobbiamo metterci per non soccombere.

La parte del leone è della tecnologia; usarla di più e meglio oggi per approfittarne domani, quando il CoVid19 sarà scomparso.

Il rischio più grande di questa epidemia non è tanto quello di essere contagiati, ma di restare indietro ed esclusi dal nuovo contesto che nascerà dopo. Il destino del coronavirus è di farci cambiare il modo di vivere. Non saremo più come prima, non faremo più le cose come prima.

I docenti si stanno organizzando sulle piattaforme per riagganciare i propri studenti entrando ed uscendo dall’aula virtuale come un giorno di lezione qualsiasi. La spesa arriva a casa dopo aver fatto l’ordine sulle piattaforme internet, diventando così complici di un mutamento epocale nel commercio e nello scambio delle merci, ma anche della sparizione di chi non riuscirà a spostare la propria attività su quei canali.

Lo sviluppo dei servizi digitali pubblici e privati accelera già oggi, per farci arrivare prima evitando code e spostamenti anche quando non saremo più in emergenza, al fascicolo sanitario elettronico, alla prenotazione di visite ed esami, al pagamento del ticket sanitario, al ritiro dei referti al cambio del medico, al bollo auto, alla prenotazione presso gli sportelli di edilizia e tributi.

E che dire delle comunicazioni, dei social, che hanno persino tenuto insieme comunità che non potevano accedere alle celebrazioni in chiesa, delle aziende che fanno lavorare da casa i loro dipendenti, una porta spalancata per un nuovo modo di concepire e praticare il lavoro persino con meno costi e maggiori risultati.

Una rivoluzione sta nascendo dalla resilienza al coronavirus, e ne saremo gli attori principali, perché contagiati dalla rivoluzione e non dal virus.