(Fabrizio Dassano)

Negli ultimi giorni abbiamo assistito a elevate prove di eleganza e di stile da parte dei governatori di Lombardia e Veneto in merito al Covid19.

La scelta di Attilio Fontana di mostrarsi in diretta Facebook con la mascherina nell’annunciare l’autoisolamento dettato dal contagio di una sua stretta collaboratrice, non ha mancato di suscitare polemiche tra coloro che ritengono l’immagine veicolata come nefasta per il Paese. La mascherina del Presidente della Lombardia di per sé poteva essere vista come un sacrosanto invito alla cautela, ma l’immagine, gettata tra il popolo audio-video-dipendente, ha creato l’effetto contrario, soprattutto ponendo la città di Milano e la regione Lombardia al pari di Wuhan e dell’intera provincia cinese dello Hubei. Poiché queste immagini hanno fatto il giro del mondo è chiaro che la reazione sia stata non solo una ulteriore stretta su tutto ciò che è lombardo, ma anche italiano. Quindi ulteriori chiusure ai viaggiatori e agli scambi.

D’altro canto il Veneto, per bocca del Governatore Zaia, ha rimarcato le profonde differenze tra i cinesi e noi (“Qui da noi c’è un maggior livello di igiene, mentre in Cina… li abbiamo visti tutti i video con persone che mangiano topi vivi”, ha detto durante un’intervista televisiva ad Antenna Tre sul tema della diffusione del Coronavirus dalla Cina). Dopo le comprensibili reazioni, il Governatore si è poi scusato e giustificato: “Mi spiace d’essere stato da alcuni frainteso, e da altri volutamente strumentalizzato. La mia era una riflessione che non voleva offendere nessuno”, ha dichiarato all’Ansa.

Ma gli esperti di comunicazione del Lombardo-Veneto da che parte stanno? Fatto il buco, poi, la toppa è anche peggio: quanto è credibile fingersi ingenui e puri di fronte alla cattiveria e diversità dei cinesi e degli avversari politici?

Se dico che “mangiano i topi vivi”, cos’altro potevo intendere? Come posso dire che di una frase del genere che è stata strumentalizzata? Oppure è un modo di dire loro, come quello che recita: “L’è mejo averghe un morto in casa, che un venesian a la porta”.

Eppure io mi ricordo dei “magnagati” vicentini o dei topi che mangiavano i veneti durante la Grande Guerra. Fu lo stesso governatore Zaia due anni fa a commentare “l’an de la fame” tra il 1917 e il 1918, quando con l’invasione austro-tedesca dopo la rotta di Caporetto, le truppe occupanti violentarono le donne e depredarono ogni cosa, e la povera gente del Veneto per non morire di fame faceva essiccare i ratti catturati per uso alimentare.

Forse questi signori dalle parole sbagliate sono lì a ricordarci la differenza tra “statisti” e gli “arruffoni politicanti”? Se tanto mi dà tanto, se la chiacchiera sui “social” assurge al linguaggio politico elevato e responsabile che mira al bene della società, allora siamo molto lontani da quel concetto di politica che vorremmo avere come diritto in un regime democratico.

Non so quanto siano contenti i veri lavoratori veneti che fanno affari con la Cina, di fronte alle proteste dell’ambasciata cinese in Italia sulle affermazioni del loro presidente. Su questo giochetto allora mi aspetto come minimo che il nostro Governatore Cirio decreti subito il ritorno della coscrizione militare obbligatoria per i piemontesi e schieri le truppe al confine sul Ticino sulle posizioni del Congresso di Vienna e tenga a debita distanza l’orda Lombardo-Veneta, faccia saltare i ponti su quel fiume e prenda seri accordi con Vienna, affinché se li ripiglino!

Tuttavia, cerchiamo di essere positivi e seri in questi momenti! Ci sono due notizie che mi hanno colpito, relative ad altrettanti grandi uomini.

Il primo è il medico Ivo Cilesi, morto a 61 anni il 2 marzo all’ospedale Maggiore di Parma insieme ad altri due pazienti colpiti dal coronavirus. Nato a Genova, Cilesi viveva nella Bergamasca ed era un esperto in Doll Therapy per i pazienti in cura al centro Alzheimer del Ferb di Gazzaniga. Cilesi era anche pedagogista, musicoterapeuta, esperto di terapie non farmacologiche e presidente dell’Innovative Elder Research di San Paolo d’Argon.

L’altra bella figura è quella del capitano di Marina Gennaro Arma, comandante della nave da crociera anglo-statunitense ”Diamond Princess”, bloccata dal 5 febbraio scorso, in quarantena con oltre 3700 passeggeri al largo della baia di Yokohama a causa dell’emergenza coronavirus. Finalmente risolta la crisi, ha lasciato per ultimo la sua nave senza fare affermazioni o perdersi in inutili chiacchiere.