(Mario Berardi)

Il Governo esorcizza un possibile voto negativo alle prossime consultazioni regionali affermando con il premier Conte che l’Esecutivo andrà avanti, mentre Di Maio avanza l’ipotesi di un rimpasto.

Lo stesso presidente del Consiglio ha avuto una caduta di stile nei confronti di Mario Draghi, suo possibile avversario, attribuendogli una ipotetica stanchezza dopo gli anni alla BCE. Gli industriali e finanzieri riuniti a Cernobbio hanno reagito “votando” in massa per Draghi. Ma anche questa uscita appare intempestiva, perché Salvini e la Meloni puntano a elezioni anticipate (anche per il timore di una diaspora di Forza Italia dopo la malattia di Berlusconi), mentre Zingaretti non vede alternative all’alleanza con il M5S se non la vittoria del destra-centro.

I pentastellati non nascondono i loro contrasti interni, al punto di registrare oltre venti dissidenti alla Camera sul voto di fiducia all’Esecutivo per il rinnovo dei vertici dei servizi segreti. Si dà per certa una scelta definitiva per la leadership dei 5 Stelle entro l’autunno con tre candidati: Di Maio, Di Battista e la sindaca di Torino Appendino (anche in tandem con il ministro degli Esteri).

Nel Pd è emersa una rilevante dissidenza sul “Sì” di Zingaretti al referendum sul taglio dei parlamentari. Lo stesso segretario ha compiuto una significativa svolta sulla discussa legge sull’omotransfobia: il costituzionalista onorevole Ceccanti, suo consigliere di fiducia, ha contestato la normativa perché non garantisce il diritto di opinione e ora un comitato parlamentare di 9 persone è impegnato a riscrivere la legge. Tesi analoga era stata espressa, con un emendamento, dal liberale Costa.

La turbolenza della politica (compresa l’incertezza della destra nei confronti dei “no mask”, nonostante la risalita dei contagi da Covid-19) non agevola il Paese in un momento in cui, secondo il ministro dell’Economia Gualtieri e la Banca d’Italia, appare iniziato un processo di crescita, da non disperdere.

Il Presidente della Repubblica ha giustamente esortato a non perdere tempo prezioso nell’utilizzo degli oltre 200 miliardi di fondi e prestiti dell’Unione europea, sottolineando la grande svolta di Bruxelles, passata da una rigida e miope austerità a una dimensione di solidarietà tra i 27 Paesi.

Gli ha fatto eco la Banca d’Italia segnalando che sono possibili 600mila nuove assunzioni a fronte di un tempestivo uso del Recovery Fund. Lo stesso Gualtieri ha condiviso questi appelli, indicando precise priorità: la scuola, il verde, le grandi infrastrutture, il digitale, la formazione; contemporaneamente il ministro ha fatto pressioni sui 5Stelle (e su Fratelli d’Italia e Lega) perché non ostacolino il ricorso ai 37 miliardi di euro per il Mes (sanità), anche per essere preparati a ogni emergenza nei confronti della pandemia.

Un segnale positivo è giunto anche dalla ripresa delle trattative tra Confindustria e sindacati sul rinnovo dei contratti di lavoro (13 milioni di dipendenti di vari comparti lo attendono da anni) e su una strategia condivisa per la ripartenza delle aziende, senza penalizzazioni per le fasce più deboli.

È allo studio una riforma della tassazione sul lavoro e lo stesso presidente di Confindustria, Bonomi, ha assunto toni concilianti, rilevando l’impegno di tutti per ricreare un clima di fiducia (nell’attesa crescono i depositi in banca, anziché gli investimenti produttivi).

In concreto la società civile, nel suo complesso, pensa prioritariamente alla ripresa economico-sociale e al tempestivo uso dei fondi europei, un’occasione irripetibile per il Paese, uno stanziamento ben superiore al famoso piano Marshall del dopoguerra, che pure consentì a De Gasperi di far risorgere l’Italia dalle macerie dell’alleanza Hitler-Mussolini.

Ora, in condizioni migliori, la politica ha l’obbligo di anteporre il bene comune ad ogni pur legittima diversità, con un chiarimento serio e non tattico all’interno della maggioranza, e con un rapporto costruttivo tra maggioranza e opposizione: come avvenne, subito dopo la guerra, tra De Gasperi e Togliatti per varare la Carta costituzionale che, ancora oggi, a settant’anni di distanza, è un pilastro essenziale per la convivenza civile.

Non è tempo per pericolosi giochi di palazzo, anche per rispetto a un’opinione pubblica che, salvo eccezioni, ha rispettato le dure misure anti-Covid.