Quando Neil Armstrong mise il primo piede sulla luna disse che quello era un piccolo passo per l’uomo ma un grande balzo per l’umanità. La scorsa settimana c’è stato un piccolo passo per le donne e un grande balzo per l’umanità. In Arabia Saudita le donne possono guidare. Si può dunque sperare che passo dopo passo cadano gli altri divieti: che possano andare a prendere un caffè, entrare in un cinema, recarsi in piscina. Quello che sembra banale nella nostra quotidianità, in Arabia è oltremodo impensabile.

Avere l’autista ed essere accompagnate non è solo un elemento di controllo sul dove si va o sul chi si frequenta; è anche un modo per ascoltare conversazioni, osservare movimenti, ma soprattutto serve a mantenere vivo lo stereotipo secondo cui la donna è impedita, incapace, non sufficientemente intelligente da poter fare alcune cose considerate esclusivamente maschili.
È solo da alcuni decenni che noi abbiamo fatto alcuni passi avanti, ma il percorso per la parità dei diritti è lontano dall’essere concluso. Questa notizia ci dona speranza. Quanto abbiamo ammirato Samantha Cristoforetti perché era la prima donna italiana ad andare nello spazio e quanto ci ha sorpreso, ci è sembrato incredibile!

Da notizie come queste possiamo ritrovare nuova linfa per le piccole e grandi battaglie a casa nostra, possiamo con competenza e professionalità mostrare sempre e comunque le nostre capacità a chi, pur non essendo arabo, ritiene le donne degli esseri in qualche modo inferiori e cerca di controllarle attraverso strategie di accerchiamento. Non è il 25 novembre e non è neanche l’8 marzo; ma come ogni giorno siamo donne, oltre ad essere madri, mogli, figlie, sorelle, amiche e anche oggi possiamo concederci di pensare a noi e al nostro percorso per una pari dignità.
Ora alle sorelle e amiche arabe auguro di andare verso altre mete, con la testa sulle spalle, senza mai sottovalutare quanto raggiunto e senza mai accontentarsi di quanto ancora possibile da ottenere. La possibilità di portare un bellissimo macchinone fiammante (nulla a confronto della mia prima auto, una 127 blu, rigorosamente di seconda mano) è solo un “punto” ma dobbiamo farlo diventare, parafrasando Rodari, solo un punto a capo per ricominciare.

Il raggiungimento di alcune possibilità non deve però far perdere la straordinarietà dell’essere donna a nessuna di noi, non deve trasformarci, e la fatica che impieghiamo per farci conoscere ed apprezzare non deve sfigurarci. Dobbiamo sempre tenere a mente che un mondo più giusto è un mondo più giusto per tutti, che il beneficio di poter raggiungere dei risultati deve andare sempre a favore dell’intera comunità, e se abbiamo bisogno di aiuto per far si che alcuni traguardi risultino possibili, chiediamolo. Non importa se ad aiutarci saranno altre donne o degli uomini, l’importante è poter arrivare ad un bene che è comune.

Se la macchina si spegne al semaforo possiamo farla ripartire alzando anche una mano per scusarci con chi sta dietro, se si buca una ruota possiamo chiamare il carro-attrezzi, se non sappiamo quanti litri di olio servono al nostro motore possiamo leggerlo sul libretto di manutenzione… possiamo fare tutto questo – e tanto altro – senza assolutamente sentirci in colpa e soprattutto possiamo sempre scegliere. Paradossalmente anche scegliere di non guidare. L’essere donna o uomo non ci fa essere necessariamente meccanici, idraulici, infermieri, badanti, astronauti, ricamatrici o sarti. Non ci sono competenze solo ed esclusivamente maschili o femminili, ci sono predisposizioni, passioni e studi. Con l’apprendimento possiamo imparare tutto: anche a rispettarci.

Cristina Terribili,
psicologa-psicoterapeuta