Il Parlamento europeo ha deliberato che entro il 2035 non potranno più essere immatricolate nuove auto con motore endotermico: non solo quelle alimentate a diesel o benzina, ma anche le ibride. Dovranno essere prodotte solo auto a emissioni zero. E ce n’è anche per i camion; tutti quelli nuovi in vendita dal 2040 dovranno inquinare il 90% in meno di quelli del 2019. I mezzi pesanti nuovi dovranno abbattere le emissioni inquinanti rispetto a quelli attuali del 45% entro il 2030 e del 65% entro il 2035, prima di raggiungere l’obiettivo finale fissato al 2040. Da non dimenticare poi che dal 2030 tutti gli autobus urbani dovranno essere a emissioni zero.

Fine, dunque. Si chiuderà un’epoca iniziata a Lucca da Eugenio Barsanti (padre scolopio e ingegnere) e da Felice Matteucci, che nel 1853 dettagliarono il funzionamento e la costruzione in documenti e brevetti depositati in diversi Paesi europei quali Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania. Non è che funzionasse subito perfettamente: nei primi prototipi il ciclo era di bassa efficienza perché mancava la fase di compressione, ovvero, la fase di aspirazione terminava precocemente con la chiusura della valvola di aspirazione prima che il pistone raggiungesse metà corsa, al che scoccava la scintilla e la combustione spingeva il pistone per la restante corsa, approfittando poi della riduzione di pressione per farlo risalire. Soprattutto, fino all’invenzione della frizione questo fu un problema non da poco.

Lo sviluppo avvenne nei motori marini perché l’elica non risentiva dell’attrito terrestre, e anche nei motori che muovevano macchine utensili. Nel 1877 Felice Matteucci rivendicò per sé e per Barsanti la priorità dell’invenzione del motore a combustione interna, nel frattempo sviluppato da Nikolaus August Otto in modo palesemente simile al motore Barsanti-Matteucci. Oggi non sappiamo se la città di Lucca sia insorta contro il provvedimento di Bruxelles, ma di certo si chiuderà un’epoca durata appena 182 anni.

Molte le domande che ci assillano: senza Tir torneranno i treni merci? Le autostrade verranno convertite in piste Policar, quelle col binario in mezzo alla corsia per alimentare le macchinine elettriche? Al posto degli aeroplani torneranno i dirigibili con propulsione a pedale? In ogni caso, la rivoluzione elettrica è entrata nel vivo. Il motore ci sarà ma sarà elettrico. Ed è una cosa quasi tutta italiana anche questa: l’idea di utilizzare le azioni elettrodinamiche per produrre lavoro meccanico risale alla prima metà dell’Ottocento, intorno agli anni 1860-64, durante i quali il pisano Antonio Pacinotti costruì la “macchina elettromagnetica” con indotto ad anello e commutatore che poteva funzionare anche come generatore di corrente continua. Fu però il belga Gramme (1826-1901) a sfruttare industrialmente l’idea e a costruire negli anni 1870-71 numerose dinamo di dimensioni commerciali.

Tuttavia le macchine così costruite erano ancora caratterizzate da bassi rendimenti. Fu così di importanza decisiva l’invenzione del motore asincrono, dovuta a Galileo Ferraris (1885) nativo di Livorno in provincia di Vercelli, oggi Livorno Ferraris, il quale non si occupò però di sfruttare né di brevettare l’invenzione.

Assorbito dall’insegnamento, fu il professore di un giovane promettente ingegnere, tale Camillo Olivetti che si portò in America per qualche tempo. Proprio in quegli anni Nikola Tesla (1856-1943), ingegnere croato trasferitosi negli Stati Uniti, presentò alcuni brevetti, tra i quali quello relativo a un motore trifase a induzione già abbastanza perfezionato. George Westinghouse Jr. (1846–1914) presso la cui ditta Tesla lavorava, se ne interessò e costruì il motore sfruttando industrialmente il brevetto; nel 1892 fu realizzato il primo motore Westinghouse su scala commerciale.

Anche per le barche a motore a combustione si prevede una grande rivoluzione: ai croceristi verrà fornito un lungo remo che dovranno infilare nell’oblò della propria cabina e sarà vietata la canzone di Cochi e Renato “Come porti i capelli bella bionda” per via del ritornello che suona: “Là in mezzo al mar ci stan camin che fumano…”