(Editoriale)

La percezione del tempo che scorre cambia inesorabilmente in questi mesi estivi. Ieri ho incontrato chi passa le vacanze in città perché è a corto di soldi, chi perché deve saldare qualche debito e chi perché ha bisogno di crearsi un gruzzoletto utile in autunno-inverno. Le ferie potrebbero così diventare solo una questione di soldi; anche se meritate, ci vai se ne hai.

Ma passare le vacanze in città nel trantran estivo, senza correre per andare al lavoro (e senza correre del tutto, almeno per qualche giorno), dilata i tempi, le meningi e anche i punti di vista sulla vita. Dona persino qualche spunto di felicità. Le città appaiono diverse, le giornate lunghe sono più luminose, i colori più intensi e la temperatura consiglia di restare in casa nelle ore più calde, con le tapparelle abbassate e i ventilatori che ronzano. Dopo pranzo il silenzio è quasi totale; siesta, computer, televisione, qualcuno persino legge un libro. Si vedono cose mai viste, eppure erano già li da anni, sempre allo stesso posto.

Colline, montagne e la Serra offrono frescura e ombra. Salendo ad Andrate, ad un amico vengono in mente i versi di Gozzano de “La signorina Felicita ovvero la Felicità”, apparsi nel 1911: Non vero (e bello) come in uno smalto / a zone quadre, apparve il Canavese: / Ivrea turrita, i colli di Montalto, / la Serra dritta, gli alberi, le chiese; / e il mio sogno di pace si protese / da quel rifugio luminoso ed alto.

Che dire dei laghi? In quello di Viverone, nella parte più naturalistica e anche meno frequentata ci sono molti stranieri, che lo preferiscono da tempo immemore. Saranno stranieri di terza generazione? Camminate, pagaiate, locali pubblici frequentati, ma senza il caos della Riviera.

Il ritmo calmo della vacanza canavesana pervade anche i turisti. E chi l’ha detto che bisogna per forza andare via, lontano, per fare le vacanze?