(Cristina Terribili)

Di fronte ai fatti di cronaca di queste ultime settimane, il mondo dei giovani appare spaccato a metà, diviso da un solco profondo che ne condiziona scelte, stili di vita, risposte agli stress, obiettivi futuri. Se abbiamo il privilegio di poter osservare le due sponde di questo contesto giovanile, vediamo, da un lato, giovani che si organizzano per uccidere qualcuno, per dare sfogo ad una violenza sorda e oscena; dall’altro lato, giovani che si organizzano per migliorare la propria vita attraverso lo studio, l’impegno civile, il volontariato. Se ancora allarghiamo il nostro sguardo sulle due realtà, vediamo famiglie diverse, dietro a questi due modelli di ragazzi: c’è chi è pronto a difendere un figlio indifendibile e arriva a negare, attraverso l’espressione dei propri pensieri e con i comportamenti, la gravità di quello che accade o è accaduto; c’è chi è pronto ad aggredire, riproducendo esattamente quanto espresso dalla prole, come a ribadire che la mela non cade mai troppo distante dall’albero; e c’è chi è modello di impegno, di riflessione sul proprio e altrui operato, che insegna come di fronte alle difficoltà si possa andare avanti su un sentiero capace di mostrare paesaggi differenti.

Se spingiamo ancora più in là il nostro osservare, notiamo una società diversa alle spalle di queste due rappresentazioni. Perché anche lo stile e le caratteristiche della società, fatta di amici di famiglia, vicini di casa, compaesani, è diversa. A Manduria, la società civile, è di circa 50 persone. Gli altri, non vedono, non sentono, non parlano o parlano a sproposito. Sicuramente non sono presenti. È una questione di scelte. Dipende dalla posizione, dalla responsabilità che si sceglie per sé e per chi ci circonda. Di contro chi è accanto agli altri ragazzi, quelli di cui raramente si parla o di cui si conosce il nome, sono uomini e donne impegnati in una quotidianità fatta di etica, di sostegno e supporto verso quel cammino che non è difficile da intraprendere perché pensato come l’unico possibile, fatto di piccoli, piccolissimi miglioramenti che si susseguono.

Se nelle passate settimane, in seguito alle posizioni espresse dalla ormai famosa Greta, si diceva che era “condizionata” dalla madre, che il frutto del suo parlare dei suoi interessi erano quelli di chi la circondava e la spingeva verso una serie di considerazioni (evidentemente spaventose per chi lo sottolineava), anche gli otto ragazzi di Manduria hanno famiglie che li rappresentano e che incoraggiano i loro comportamenti. Ragazzi diversi, famiglie diverse. Ma noi ci ostiniamo a pensare che il male è banale, è la scelta di chi non ha argomenti, di chi, non avendo un progetto di vita, semina morte intorno a sé, una morte che può avere tanti risvolti, ma che può lasciare dietro di sé cadaveri veri.

Ci concentriamo invece su quei ragazzi che meritano una possibilità, che si impegnano in un cambiamento, che hanno uno sguardo ricco di orizzonti, che sono in grado di divertirsi rispettandosi, che vanno in discoteca ma non hanno bisogno di sostanze di nessun tipo, che fanno sport per amore della competizione ma dove vince il più bravo e si applaude l’avversario, degno sempre di tanta stima, giovani che credono in un lavoro di squadra, perché sanno di avere una squadra di adulti dietro alle loro spalle. Non importa se non si confrontano con loro, se non sempre sono in grado di esprimere il cielo che hanno nella mente, perché sono appunto ragazzi, perché vivono una vita che è piena, piena di treni, di viaggi, di incontri, ma dove chi veglia su di loro è sufficientemente sereno di incontrare un altro adulto con cui possa confrontarsi sulla vita del proprio figlio, in un patto di solidarietà e di amore.

Di questi ragazzi dovremmo tutti parlare di più. Sebbene timidi, dovremmo trovare con loro un modo di renderli testimoni di un futuro possibile, orgogliosi noi e loro di quanto fatto e di quanto si andrà a fare, sapendo che forse, chissà, un ragazzo perduto, magari che sta su quella riva del fiume lontana, possa decidere di tuffarsi e di separarsi da un contesto che non lo aiuta, fiducioso che ci sono, perché ci sono, in un altro posto, su un’altra riva, persone capaci di tendere una mano, e ragazzi che ti coinvolgono verso chiacchiere con altri contenuti che ti permettono di tornare indietro e di seminare qualcosa di nuovo, perché c’è sempre una speranza, anche nei terreni più malconci e all’apparenza meno fertili. Chi fa del bene lo sa.