Nel quartiere Solari, una volta quartiere operaio di Milano, a pochi passi dalla Stazione Centrale e dai Navigli, due segni di pietra raccontano storie di libertà coraggiosa e coscienza leale.
Sul muro di un edificio in via Salaino, una targa in marmo ricorda Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera assassinato il 28 maggio 1980 da un commando terroristico della Brigata XXVIII marzo. Una vita dedicata alla ricerca della verità.

Tobagi era un cronista molto apprezzato, rigoroso, impegnato a raccontare i conflitti sociali senza pregiudizio. Negli anni bui del terrorismo raccontava la violenza con lealtà, cercando di comprenderne le radici per costruire dialogo. Per lui il giornalismo era un atto educativo: capire prima di giudicare, spiegare per unire. La sua morte non spegne la sua voce: quella frase nel marmo resta una lezione civile per chi sceglie la verità invece dell’odio.

Pochi metri più in là, nel Parco Don Luigi Giussani, un cippo sobrio e luminoso ricorda il sacerdote (1922–2005) che fondò Comunione e Liberazione. La città gli ha dedicato il giardino che un tempo era Parco Solari, per onorare un educatore che ha lasciato un segno profondo non solo nella storia di Milano.

Don Luigi insegnò che la fede non è fuga, ma presenza: un modo di guardare la realtà con speranza e intelligenza. Educare, per lui, significava risvegliare la libertà e far emergere il desiderio di verità come forza che trasforma. Come bene è stato detto, “Giussani cercava di comunicare una affermazione della vita in pienezza”.

Misteriosamente, Marco Barbone (l’assassino di Tobagi) compì il percorso del pentimento e della ricostruzione della sua vita, attraverso il rapporto con alcuni seguaci di Giussani.

La targa di via Salaino e il cippo nel parco formano un dialogo ideale tra ragione e fede, ricerca della verità e riconoscimento della verità incarnata. Entrambi hanno creduto nella libertà come responsabilità e nella parola come strumento di educazione. Uniti nel percorso difficile e doloroso del pentimento e del perdono.

In questo angolo di Milano, le due pietre raccontano la stessa città, la stessa urgenza di libertà e verità. Una memoria civile e spirituale che continua a educare lo sguardo, invitando a vivere con coscienza, a guardare gli altri con rispetto e attenzione. Ad amare.